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PER LA COSTITUZIONE. UN APPELLO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA E AL PARLAMENTO ....

RICHIESTA DI DIMISSIONI PER IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO. Fondando il Partito "Forza Italia", il cittadino Silvio Berlusconi si è appropriato indebitamente della Parola della Repubblica: ITALIA - a cura di pfls

mercoledì 2 luglio 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] «Dicono che faccio leggi nel mio interesse. Ma io in politica sono sceso per difendere gli interessi degli italiani. Il mio interesse semmai sarebbe quello di lasciare il Paese e godermi i soldi meritatamente guadagnati» [...]

«non accetto che un potere dello Stato voglia cambiare chi sta al governo»
«Vogliono darmi 6 anni e farmi dimettere»
Lo sfogo di Berlusconi con i suoi: come potrei continuare a governare con una (...)

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> RICHIESTA DI DIMISSIONI PER IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO. Fondando il Partito "Forza Italia", il cittadino Silvio Berlusconi si è appropriato indebitamente della Parola della Repubblica: ITALIA ---- Servirebbe una mobilitazione non ridotta a testimonianza di pochi, una politica capace di ammettere i propri errori, un’informazione non asservita, una cultura capace di una comunicazione non elitaria. O, almeno, un segnale, un gesto di coraggio che dall’alto di un Colle dica «siamo una repubblica democratica, non una tirannia né un’oligarchia». O è pretendere troppo? (di gabriele Polo, Il danno e la beffa).

giovedì 26 giugno 2008

Il danno e la beffa

di Gabriele Polo (il manifesto, 25.06.2008)

Bisogna dare atto a Silvio Berlusconi di aver compiuto un capolavoro. Malefico, ma un capolavoro. Va anche detto che non ha trovato molti contrasti, da un’opposizione parlamentare edulcorata a un presidente della Repubblica timorosissimo. Ma resta la sostanza del primo via libera parlamentare a un decreto sicurezza che mette insieme il danno e la beffa: il danno di misure repressive e a-costituzionali (ronde militari, espulsioni a pioggia, immigrazione concepita come pericolo sociale) con la beffa dell’impunibilità personale del premier spacciata come operazione di pubblica sicurezza.

Il capolavoro di Berlusconi consiste nell’aver creato (con la complicità di tv e giornali, e non solo quelli di proprietà) una doppia emergenza - pubblica e privata - su cui far passare un apparato di norme per cui i presidenti dei tribunali dovrebbero smontare dai loro tavoli quella vecchia scritta che recita «la legge è uguale per tutti». Di più. Il premier è riuscito a catalizzare su di sé (e sui provvedimenti che lo riguardano) tutte le attenzioni mediatiche e politiche del decreto sicurezza, facendo passare in secondo piano le misure altrettanto gravi che riguardano il resto degli umani. In questo modo l’opposizione parlamentare è rimasta ancora una volta vittima di un antiberlusconismo superficiale, tutto legato al Berlusconi-persona e del tutto scollegato al Berlusconi-soggetto politico.

Il guaio è che sembra essere passata la logica di scambio che il premier ha proposto all’opinione pubblica: «Io vi garantisco la sicurezza di strada e voi mi concedete l’immunità personale». Un po’ come accadeva per l’antico istituto della dittatura romana: pieni poteri al dux di fronte al nemico che bussa alle porte. Non importa che il nemico sia una creazione ideologica, né che le misure securitarie proposte servano a nulla, quel che conta è l’opinione comune che si viene a creare e i benefici effetti che il «dittatore» ne trarrà. Siano essi quelli dei processi cancellati votati dal senato (soluzione tirannico-personale) o quelli di un novello lodo Schifani per l’immunità temporanea offerta alle alte cariche dello stato (soluzione oligarchico-castale).

Rimediare a un simile disastro non sarà facile. Servirebbe una mobilitazione non ridotta a testimonianza di pochi, una politica capace di ammettere i propri errori, un’informazione non asservita, una cultura capace di una comunicazione non elitaria. O, almeno, un segnale, un gesto di coraggio che dall’alto di un Colle dica «siamo una repubblica democratica, non una tirannia né un’oligarchia». O è pretendere troppo?


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