Inviare un messaggio

In risposta a:
Antropologia e Costituzione. Quale missione per gli architetti?

ARCHITETTURA E DEMOCRAZIA. A margine del Congresso mondiale e della Biennale di Venezia, un intervento-appello di Franco La Cecla - a cura di Federico La Sala

mercoledì 2 luglio 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] Non si tratta di fare il processo agli architetti, si tratta però di farli finalmente parlare dello specifico del loro lavoro di cui devono rispondere ai cittadini. Oggi non esiste da nessuna parte un lavoro sulla fortuna di certe opere architettoniche. Gli architetti si sbarazzano dell’opera alla consegna, e non ne sono più responsabili, mentre è allora che l’opera entra nella sua funzione pubblica. Cosa sono le case, le università, gli edifici pubblici, i musei di Gregotti, Purini, (...)

In risposta a:

> ARCHITETTURA E DEMOCRAZIA. --- PONTE DI GENOVA. Renzo Piano: "Quel progetto il mio regalo a Genova ora lavorerò gratis"; «Il ponte l’ho immaginato come una nave, un simbolo per tutta l’Italia»

mercoledì 19 dicembre 2018

Intervista

Piano: "Quel progetto il mio regalo a Genova ora lavorerò gratis"

L’archistar parla del viadotto che realizzerà al posto del Morandi, crollato il 14 agosto. "Sarà un’opera bella, semplice ma non banale. E soprattutto, fatta per durare. Sarei stato contento anche se non avessi vinto io, perché grazie al confronto si è alzata l’asticella"

di Massimo Minella (la Repubblica, 19.12.2018)

GENOVA Ha atteso fino a oggi, soffrendo in silenzio «come tutti i genovesi» per la tragedia del crollo del ponte Morandi, e ora che il commissario ha reso pubblico il suo verdetto risponde: «Ne prendo atto e ubbidisco». La lunga giornata di Renzo Piano sta volgendo al termine. Alle 17 Marco Bucci, sindaco di Genova e commissario, ha annunciato che a ricostruire il Morandi sarà la cordata formata da Fincantieri, Salini Impregilo e Italferr che si ispira al disegno di Piano. E lui, nel suo ufficio sulla collina di Vesima che guarda al mare, lembo estremo del ponente genovese, attende che Bucci termini la conferenza e poi riflette sugli ultimi quattro mesi passati fra il dolore del crollo e la voglia di rimettere in piedi quel ponte. Per Piano il commissario ha ritagliato un ruolo nuovo, quello di "supervisore", perché c’è da tanto da ricostruire e cambiare, per cui non percepirà alcun compenso. «Lo faccio a titolo gratuito, sia chiaro» spiega.

Architetto, il verdetto premia la cordata che lavora sul suo disegno, un ponte che si allunga ricordando il profilo di una nave d’acciaio illuminato da 43 lanterne, a ricordare le vittime della tragedia. Come si sente?

«È stata una giornata faticosa, ma va bene così. Devo dire che è stata bella l’idea del confronto fra offerte. Alla fine è stata compiuta una scelta e adesso viene la parte difficile per tutti noi. Il nostro è un mestiere pericoloso, se sbagli non sbagli per te stesso, ma per la comunità. Bisogna essere ben sicuri di quello che si fa».

Partiamo dall’inizio, dal crollo.

«Una tragedia inimmaginabile a cui ho risposto cercando di fare la mia parte, mettendomi subito a disposizione. La mia è stata una reazione istintiva. Le istituzioni mi hanno chiamato e io ho detto di sì, a titolo gratuito. E continuo a fare così. Il sindaco mi ha chiesto di fare il supervisore e ho accettato».

Sono emerse subito con forza due proposte su cui alla fine il commissario ha scelto. Percorso corretto?

«Il confronto è la scelta giusta e premia una squadra eccellente, che sa costruire e che mostrerà la sua capacità».

C’è chi ha definito troppo anticipata la sua presenza in Regione con il plastico del nuovo ponte. Il commissario doveva ancora essere nominato. Che risponde?

«Ma cosa potevo fare? Ho portato il mio contributo in Regione al sindaco e al governatore. Poi, lo so, quell’episodio del modello che cade, con l’amministratore delegato di Autostrade Castellucci... Perché ancora parlare di quello? Purtroppo fa parte di quello che io chiamo mitologia. E non è l’unico caso, sa?».

No, e quali sono le altre mitologie?

«Gliene dico una, che io non ho mai fatto ponti. Ne ho fatto uno ben più lungo del Morandi, 25 anni fa in Giappone. E poi a Sarajevo, Chicago, Los Angeles, per il progetto che sto portando avanti adesso per l’Academy. Io metto i ponti dappertutto, autostradali, urbani, pedonali. Io nei miei progetti parto dalle piazze e dai ponti. Il ponte è l’elemento che unisce. Guardi il nuovo Morandi, lega le due sponde di Genova».

Ma ora rispetto alla prima stesura cambierà il disegno del ponte?

«Ci stanno lavorando, certo, si tratta di un lavoro continuo che coinvolge squadre di ingegneri. Ormai si lavora sui millimetri valutando ogni minimo dettaglio».

Ma che ponte sarà?

«Bello come la bellezza di Genova, semplice ma non banale. E d’acciaio, per durare tanto».

Il gruppo sconfitto aveva dato la sua disponibilità a collaborare con la cordata vincente...

«Cimolai è un grande costruttore e Calatrava un grande architetto. Il sindaco mi ha parlato della loro volontà di dare un contributo. È un’ottima cosa, devono succedere tante cose. Non c’è solo il ponte da ricostruire. Bisogna intervenire sul quartiere e poi c’è il parco urbano».

Lei si occuperà anche di questo?

«No, lì ci saranno dei concorsi. Io ho avuto questo ruolo di supervisore e lo eserciterò peraltro in linea con il mio ruolo di senatore a vita che vuole concentrarsi sul rammendo urbano».

Il ponente genovese sembra averne un grande bisogno, vero?

«È necessario un lavoro di valorizzazione di tutta la vallata, che è straordinaria. Io la conosco bene, mio padre era di Certosa e mi ci portava spesso. E poi dietro c’è Coronata, dove si fa un ottimo vino. Quella vallata non è un luogo abbandonato, ma è vivo, ventoso d’inverno e fresco d’estate. Ecco, la mia idea è quella di favorire un progetto di rigenerazione, per favorire anche le attività industriali. Ci sono 1.500 aziende e altre ne possono arrivare. Non c’è solo il porto, a Genova».

La ricostruzione può avvenire in dodici mesi, una volta che le aree saranno state liberate. I tempi saranno rispettati?

«C’è una cordata di aziende di grande livello e un sindaco-commissario che è un vulcano. Lavoreranno senza soste con rapidità. Penso di sì. E sarà un grande momento di solidarietà quello del lavoro nei cantieri».

Di solidarietà?

«Certo, i cantieri sono sempre un momento di solidarietà e far parte di un progetto come questo la farà aumentare. Il lavoro crescerà con l’orgoglio di far parte di questo progetto e non ci sarà nulla di più bello. Chi ha saputo rendere benissimo questo è Maurizio Maggiani, nel suo "Il romanzo della Nazione", quando si sofferma sulla costruzione della corazzata "Dandolo" all’arsenale della Spezia. Ecco, lo stesso può valere per questo ponte che tornerà a unire due città».

Architetto Piano, sono stati quattro mesi difficili e complessi, quelli passati. Come li ha vissuti lei?

«Come ogni genovese di fronte a questa terribile storia, soffrendo ma poi elaborando il lutto. Solo la nostra lingua italiana riesce a rendere così bene il concetto. Si parte da una sofferenza che poi lentamente diventa sostanza. E senza retorica si ricostruisce. Una cosa molto genovese».

Ma come avrebbe reagito se non fosse stato scelto il suo progetto?

«Sarei stato contento lo stesso, perché grazie al confronto che si è creato l’asticella si è alzata ancora di più. Ora il commissario ha deciso e io ne prendo atto e ubbidisco».


Renzo Piano: «Il ponte l’ho immaginato come una nave, un simbolo per tutta l’Italia»

L’archistar: «Mille anni? No, ne durerà duemila. Dovrà ricucire una città divisa e conservare perenne memoria delle vittime. Un omaggio alla città che amo».

di Giangiacomo Schiavi (Corriere della Sera, 19.12.2018)

Nei suoi appunti, sui fogli da disegno, ha scritto: il ponte. E basta. Non c’è un nome. «Si chiamerà il ponte di Genova», dice Renzo Piano. «Semplice ma non banale. Forte, molto forte, lontano dalla retorica. Bello, di una bellezza genovese: restìa, parsimoniosa, taciturna».

Questa volta destinato a durare...

«Non mille, ma duemila anni. I ponti non possono crollare».

Si parte da una sua idea e lei farà da supervisore, ha detto il sindaco Bucci.

«Ci ho lavorato dal 15 agosto, dopo la chiamata del sindaco. Sono onorato di questo. Oggi si è formata una bella squadra, una squadra molto forte. Ed è stato un bene che il commissario abbia fatto un confronto sui diversi progetti».

Altri architetti come Calatrava si sono messi a disposizione, nel caso ce ne fosse bisogno.

«È un bel segnale. La chiamata generale ha alzato l’asticella».

Il ponte manterrà le caratteristiche previste dalla sua idea iniziale?

«Dovrà ricucire una città divisa, elaborare un lutto, suscitare orgoglio. L’ho immaginato come una nave, un qualcosa di simbolico che però non deve perdere il tema della memoria. Questa tragedia ha creato un vuoto enorme».

Ci saranno i fasci di luce per illuminare la memoria delle 43 vittime...

«Per non dimenticare. Elaborare un lutto vuol dire farlo proprio, fino a diventare una parte di te stesso. Bisogna scavare nel profondo di ognuno di noi, riuscire a creare un nuovo sentimento: non dimenticare ma trovare la spinta per rinascere».

Lei ha parlato ancora una volta di rammendo.

«A Genova non ci sono spazi. È stretta tra il mare e le montagne, diceva lo storico Braudel. Il crollo ha risvegliato il fantasma della città separata, quella operaia e la Superba. Due mondi che devono tornare uniti. La ricucitura passa attraverso il ponte, una delle icone dell’architettura insieme alla piazza. Un ponte è sempre un momento che unisce».

Per un architetto genovese questo progetto è anche un omaggio alla sua città.

«Un omaggio alla città che amo e a un luogo che sento intimamente mio. Mio padre è nato lì, alla Certosa. Da bambino, quando ancora non c’era il ponte Morandi, mi portava in quel quartiere operoso e nel mio immaginario quei nomi, Certosa e Valpolcevera, suonavano come luoghi delle meraviglie».

      • Spirito civico Qualche maligno lo ha messo in discussione, ma io confermo che lavorerò a titolo gratuito

Il suo contributo resta a titolo gratuito?

«Confermo quello che avevo detto fin da subito e qualche maligno ha messo in discussione. A titolo gratuito. Ci sono cose che si fanno anche per spirito civico».

È stato anche detto che i ponti non li fanno gli architetti.

«E infatti ci sono i tecnici, gli ingegneri. Mi è capitato di fare ponti in Giappone nell’arcipelago di Amakusa, a Sarajevo, a Chicago. Forse qualcuno ha pensato che fossi a caccia di incarichi... Ma alla mia età non vado in cerca di notorietà».

Tre mesi fa aveva detto: bisogna fare rapidamente ma senza fretta. Basteranno dodici mesi?

«I tempi saranno più o meno questi. Ma io credo che questo cantiere dovrà essere soprattutto un laboratorio, anche per l’Italia. Un cantiere è sempre un momento straordinario, di grande energia».

Genova ha bisogno di ritrovarsi, dicono il sindaco Bucci e il governatore Toti, di una rapida ripartenza.

«Genova non si è mai persa e non si è mai data. Ha un orgoglio immenso. In questo ponte si deve riconoscere. Serve un momento positivo per contrastare l’immagine distruttiva del crollo, il dramma di tante famiglie, lo smarrimento e la paura».

Basterà la partenza di questo cantiere?

«Ogni ricostruzione è un atto di fiducia. Ma ricostruire è anche un gesto di pace. Un momento in cui le diversità si mettono via, si devono mettere via. Oggi è il momento di una forte solidarietà. Io ho vissuto a Berlino un cantiere con cinquemila operai, un altro analogo l’ho vissuto a Tokyo. Ogni volta si è creato un clima straordinario, perché stai costruendo insieme ad altri qualcosa di importante, qualcosa che unisce persone e mondi».

La semplicità del progetto ha fatto storcere il naso a qualcuno.

«Semplicità non vuol dire banalità. Questa è un’opera che nasce dall’entusiasmo, dalla voglia di rinascita. E io l’ho immaginata pensando a Genova, solida, concreta, poco appariscente, forte dentro...»

Genova che somiglia a quella del poeta Caproni (Genova illividita/ Inverno nelle dita/ Genova mercantile/ Industriale, civile/ Genova che mi struggi/Intestini, Caruggi/ Genova sempre nuova/ vita che si ritrova...)

«...Genova che oggi rappresenta l’Italia, e può diventare un laboratorio per l’intero Paese, capace di rimettere in moto quel percorso di manutenzione di cui abbiamo tanto bisogno. Il nuovo ponte è un simbolo, un segno di unità e un messaggio di positività».


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: