l’Unità 8.7.08
Piazza Navona. Un’altra Italia
di Furio Colombo *
Non appena avvertito della «iniziativa girotondina», che sarebbe l’incontro di oggi in Piazza Navona per dirci insieme quel che pensiamo delle leggi di Berlusconi per se stesso, delle imputazioni dei suoi processi, delle sgarberie appena camuffate nei confronti del capo dello Stato e della proposta indecente di prendere le impronte digitali ai bambini rom, il prof. Ernesto Galli della Loggia si è precipitato a offrire una diagnosi crudele, ma ahimé, secondo lui clinicamente impeccabile, del male della sinistra.
Infatti solo se sei in preda a un male puoi cadere nel miserevole stato del “girotondo” e abbandonarti a manifestazioni sguaiate e senza senso. Lo ha fatto con un editoriale-cartella clinica sul Corriere della Sera del 7 luglio. L’illustre terapeuta individua i seguenti incurabili sintomi che lui freudianamente chiama “miti”: il primo «è quello delle due Italie. La sinistra si sente sempre chiamata a impersonare l’Italia dei buoni». Il secondo mito «è quello della “unità”. La sua principale raffigurazione nella fatidica manifestazione unitaria, anche se è sparutissima minoranza». Il terzo mito che domina immaginario e pratica della sinistra «è il moralismo. È l’eticismo condotto ai limiti dell’arroganza di tipo razzista. La convinzione che si è puri solo se si è duri».
Il breve trattato passerà per una buona e interessante diagnosi solo fra quei lettori ed elettori che sono prigionieri della implacabile claustrofobia del talk show e dei telegiornali, secondo cui il mondo a sinistra comincia con i frequentatori più assidui, quelli che non mancano mai; e finisce, a destra, con Gasparri che ha guadagnato nuova fama e nuovi spunti per il bravo attore Marcorè con la frase di autorevole ammonimento a Veltroni: «Taccia e faccia opposizione». Il mondo però è un po’ più largo e la storia è un po’ più profonda e questo guasta il giochino dei tre miti di Ernesto Galli Della Loggia.
Basta voltarsi indietro di pochi decenni e dare uno sguardo a un paesaggio appena un po’ più ampio della “Storia dell’Occidente contemporaneo”, per notare due personaggi della sinistra del mondo che, oltre ad avere dato una mano alla civiltà in cui viviamo, ci servono anche per interpretare i tre miti di Galli della Loggia in modo un po’ meno modesto. Sto parlando di Martin Luther King e di Robert Kennedy. Proviamo a misurare la loro azione e il loro stile di leader politici con le “prove” che il politologo del Corriere della Sera propone.
1 - Il mito delle due Americhe è nato con loro, sia durante le marce e le lotte per i diritti civili di Martin Luther King che durante la campagna elettorale di Robert Kennedy contro la guerra del Vietnam. È nata allora la celebre espressione «the other America», per dire che ci sono i razzisti ma ci sono anche i giusti, ci sono gli incappucciati ma ci sono anche i coraggiosi. L’altra America rischia insieme la vita affinché l’America razzista - che è armata - e quella che ha scelto la guerra e ha il potere, diventino, da stragrande maggioranza, la parte che cede, che accetta la de-segregazione, che tratta la pace.
2 - Il mito dell’unità è sempre stato l’ossessione di King e di Kennedy. Cominci con cinquanta volontari, arrivi in cinquecento, la volta dopo sono cinquantamila, bianchi e neri. Ragazzi appena richiamati alle armi ed eroi di guerra con le medaglie, e a un certo punto sono cinquecentomila. Certo che erano «sparutissima e dileggiata minoranza» all’inizio. E la loro pretesa («we shall overcome», noi ce la faremo, «we will not be moved», nessuno ci sposterà di qui)) era idealismo campato in aria. Ma la pretesa era proprio quella che Galli Della Loggia descrive come sintomo del male detto “sinistra”: «Un giorno, insieme (il mito dell’unità, ndr) ce la faremo». Ce l’hanno fatta.
3 - Credo di poter dire che Martin Luther King, buon cristiano e persona poco teatrale e poco esibizionista, si sentisse - lui e la sua gente - un po’ al di sopra degli assassini del Ku Klux Klan che gli hanno messo una carica di dinamite nella chiesetta di Montgomery (Alabama) facendo strage di bambini neri all’ora del catechismo. Ma forse ai lettori di Galli Della Loggia farà piacere sapere che quando un certo David Duke, già membro incappucciato del KKK dell’Alabama, molti hanni dopo, si è candidato al Senato con il Partito repubblicano, quel partito (che sarebbe la destra americana) non lo ha voluto. Anche da morto Martin Luther King ha visto prevalere il suo moralismo, ovvero la persuasione che tu ti opponi a certe persone non perché sono antipatiche o inferiori. Ma perché dicono cose che non si possono condividere e fanno cose che non si possono accettare. Come imporre le impronte digitali ai bambini Rom, metà dei quali sono cittadini italiani. E tutti sono protetti dalla nostra Costituzione. Ecco perché, Galli Della Loggia, abbracciamo i miti che lei vede come sintomi di malattia.
Due Italie. Perché la nostra comincia con la Resistenza, la Costituzione, Calamandrei e non con Borghezio, Gentilini, Calderoli, Bossi e Berlusconi. L’unità, perché vogliamo con noi tutti coloro che non hanno niente a che fare con l’imbarazzante mercato Berlusconi-Saccà. E sappiamo che, anche se adesso sono o sembrano pochi, saranno per forza di più. In molti italiani il senso della dignità continua a prevalere sul modello dell’arricchimento istantaneo (basta piegarsi e non porre un limite a quanto ci si piega).
Il moralismo (uso la parola sprezzante dell’editorialista del Corriere, ma la parola giusta è moralità) continuerà ad essere la ragione per non smettere. Non smetteremo fino a quando finalmente saremo in tanti, tutti coloro che si vergognano della copertina del settimanale italiano Panorama, adesso in edicola, che pubblica le foto di un bambino Rom con il titolo «Nati per rubare», ovvero una pubblica incitazione al delitto di persecuzione. È contro quel delitto che dedico la mia partecipazione all’evento di oggi in Piazza Navona. I Rom, tanti Rom italiani, con i loro bambini, ci saranno. E noi gli diremo: «Noi siamo l’altra Italia, morale, un po’ al di sopra del razzismo».
furiocolombo@unita.it