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"Quando venni dagli uomini, li trovai assisi su di un’alterigia antica" (Nietzsche, Così parlò Zarathustra).

NIETZSCHE, L’UOMO FOLLE. Non abbiamo capito il Crocifisso e pretendiamo di aver capito Dioniso. (Forse è meglio rileggere il "poema celeste" sia di Dante sia di Iqbal). Una nota di Pietro Citati sulle "Lettere da Torino" - a c. di Federico La Sala

sabato 12 luglio 2008 di Maria Paola Falchinelli
Nelle "Lettere da Torino" il suo ultimo tragico autunno
L’abisso di Nietzsche
La stagione della follia
Proclamava di essere il pagliaccio della nuova eternità, si sedeva al pianoforte e cantava a gola spiegata in preda ad una irrefrenabile euforia
Il suo amico Franz Overbeck era corso da Basilea per rintracciarlo e riportarlo a casa
Sembrava un istrione impazzito e inviava proclami firmati Dioniso oppure Crocifisso
di Pietro Citati (la Repubblica, 12.7.08)
Il 21 settembre 1888 Friedrich (...)

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> NIETZSCHE, L’UOMO FOLLE. Non abbiamo capito il Crocifisso e pretendiamo di aver capito Dioniso. ----- HEIDEGGERE A ’SIRACUSA’. Pubblicato il corso accademico del 1934 che segna il distacco del filosofo dal nazismo (di Armando Torno).

domenica 14 dicembre 2008

FILOSOFIA E TOTALITARISMO, CATTOLICESIMO. PER LA CRITICA DEL PLATONISMO PER IL POPOLO. In omaggio ai maestri del sospetto: Marx, Nietzsche e Freud....

UN PLATONE REDIVIVO PER IL FUHRER, IL PASTORE, E IL SUO POPOLO: HEIDEGGER A ’SIRACUSA’ ... Pubblicato, ’Logica e linguaggio’, il corso accademico del 1934 che segna il distacco del filosofo dal nazismo. Una recensione di Armando Torno


Pubblicato il corso accademico del 1934 in cui il filosofo eliminò i riferimenti alla politica

Heidegger, l’uscita di sicurezza

Le lezioni su logica e linguaggio che segnano il distacco dal nazismo

di Armando Torno (Corriere della Sera, 14.12.2008)

Il 21 aprile 1933 Martin Heidegger diventa rettore all’Università di Friburgo. Wilhelm von Möllendorf, noto socialdemocratico, appena eletto a quella responsabilità accademica, è costretto dal partito nazista a dimettersi.

La votazione che conferirà l’alta dignità al filosofo, ormai noto in tutto il mondo (Essere e tempo è del 1927), avrà una sola astensione: dei 93 professori, 13 furono esclusi perché ebrei; dei restanti parteciparono in 56. Heidegger sarà tesserato. Il fatto avviene il 3 maggio, ma con una retrodatazione di due giorni. In suo favore c’è una clausola: sarà esonerato dal partecipare alle attività di militanza del partito nazista.

Inizia così quell’impegno che durerà tutto il 1933 e una parte del 1934. Terrà, tra l’altro, il 30 giugno la conferenza L’università nel nuovo Reich, subito seguita da un incontro con Karl Jaspers. Il vecchio amico scriverà nella sua Autobiografia filosofica: «Non gli dissi che era sulla strada sbagliata. Non avevo più nessuna fiducia in lui, dopo questa trasformazione. Sentii me stesso minacciato di fronte a quella potenza, di cui ora Heidegger faceva parte».

Durante l’estate il neorettore entra in contatto con Carl Schmitt, allora giurista di riferimento del Terzo Reich; in ottobre si rivolge agli studenti esaltando il Führer, mentre l’atteggiamento verso le disposizioni razziali non è monolitico: aiuta il suo assistente Werner Brock, redige però un parere su un docente di Gottinga scrivendo che «ebbe relazioni assai vivaci con l’ebreo Fränkel». Infine, tra le molte cose di quell’anno, l’11 novembre a Lipsia, in occasione del «Proclama della Scienza tedesca per Adolf Hitler», Heidegger pone il suo pensiero al servizio del Führer.

Poi accade qualcosa. Tra i colleghi di Friburgo si fa largo un’opposizione prima strisciante e poi evidente; Ernst Krieck, che vorrebbe diventare l’ideologo di punta del nazismo, lo attacca con un articolo. Il suo rettorato dura dieci mesi; quindi, tra il maggio e il giugno del 1934, Heidegger si allontana dalla politica militante e il corso annunciato per il semestre estivo, Lo Stato e la scienza, decide di non tenerlo, anche se erano già stati fissati giorni e orari: martedì e giovedì, 17-18. Nel primo incontro, di fronte a un’aula gremita nella quale spiccavano le hitleriane camicie brune, egli dichiarò di aver mutato idea e che quelle lezioni le avrebbe dedicate a un nuovo argomento: Logica come problema dell’essenza del linguaggio.

Bene: ora quel corso, con il titolo Logica e linguaggio, vede la luce nella prima traduzione italiana, a cura di Ugo Ugazio (Christian Marinotti Edizioni, pp. 256, e 23). I riferimenti espliciti alla politica vengono abbandonati; Heidegger propone un percorso intensissimo che comincia con una serie di precisazioni su struttura, origine, significato e «necessario turbamento» della logica.

Il filosofo sembra quasi che voglia ripensare le sue idee, senza mai perdere di vista gli adorati greci; sovente offre prospettive di grande effetto e di notevole attualità, come quando si chiede che cosa sia la logica. Tra le risposte che scrive: «Non è mai una sterile polverosa disciplina scolastica»; o ancora: «Logica è per noi invece il nome dato ad un compito, al compito di preparare la prossima generazione perché sia di nuovo una generazione costruita sul sapere, tale cioè che sappia e voglia sapere, tale che sia davvero in condizione di sapere. Per questo compito non occorre la scienza».

Ma quanto abbiamo citato è un cenno di un discorso infinito. Il curatore dell’edizione tedesca, Günter Seubold, nella nota posta in calce al testo, ricorda lo straordinario interesse di queste lezioni giacché presentano in modo comprensibile una problematica attuale: le cattedre di logica sono tenute dai matematici che trattano dei loro problemi, cioè di cose scientifiche, e da filosofi di professione che in genere si limitano a corsi introduttivi per lo studio di base.

Per Heidegger la logica «è tutt’altro che indisciplinata chiacchiera proposta come visione del mondo, ma è sobrio lavoro congiunto allo stimolo genuino e al bisogno essenziale». Non a caso due capitoli di queste lezioni sono dedicati alle domande sull’essenza dell’uomo e sull’essenza della storia. Qua e là si leggono dei periodi su cui val la pena riflettere: «Sebbene un popolo faccia la sua storia, questa storia non è certo il prodotto del popolo; per parte sua, il popolo è fatto dalla storia»; e ancora: «Il linguaggio è mezzo capace di formare e conservare il mondo ». La logica diventa il bisturi che Heidegger utilizza in queste lezioni per entrare nel corpo del sapere e per eliminare i mali incontrati.

Il lettore segue il lavoro del filosofo attraverso dense riflessioni sul tempo oltre che sul linguaggio (quest’ultimo, scrive Ugazio nella sua preziosa nota all’edizione italiana, «è esso stesso il mondo in cui avviene la comunicazione»). Le pagine si chiudono trattando «la poesia come linguaggio originario».

L’editore Marinotti, che nel 2007 aveva pubblicato di Heidegger l’Avviamento alla filosofia, ha reso un notevole servizio ai chiarimenti in corso. Li ricorda lo stesso Günter Seubold, dopo aver sottolineato il ruolo di pietra miliare di queste lezioni del 1934, che segnano il passaggio dalla fase ontologica fondamentale a quella della storia dell’essere: «Sono importanti per una sufficiente comprensione della situazione di Heidegger all’Università subito dopo l’abbandono della carica di rettore. Molto di quello che è stato scritto troppo in fretta sull’impegno nazionalsocialista di Heidegger dovrà essere rivisto e sottoposto ad una nuova interpretazione in base a queste lezioni». Insomma, esse aiutano a capire cosa cambiava in lui e in quali scenari si collocherà il suo pensiero. Dopo un anno di nazismo militante.

-  In libreria

-  Gli interrogativi teologici e le polemiche di Farias

-  In Italia ci sono circa 300 titoli «di e su» Heidegger. Ricordiamo tra gli ultimi, edito da Marinotti, Jean Beaufret, In cammino con Heidegger (pp. 204, e 18). Giancarla Sola ha scritto per il melangolo Heidegger e la pedagogia (pp. 198, e 16).

-  Le implicazioni teologiche: curato da A. Molinaro, Heidegger e San Paolo, (Urbaniana University Press, pp. 160, e 14) e di Duilio Albarello La libertà e l’evento. Percorsi di teologia filosofica dopo Heidegger (Glossa, pp. 328, e 28).

Sossio Giametta dedica un ampio saggio ad Heidegger nel volume I pazzi di Dio (La città del sole, pp. 664, e 36), mentre di Bernhard Casper c’è l’importante Rosenzweig e Heidegger. Essere ed evento (Morcelliana, pp. 176, e 12,50). Victor Farias ne L’eredità di Heidegger (Medusa, pp. 230, 14,80) radicalizza la vecchia tesi: fra il nazismo e il filosofo ci fu molto di più di occasionali convergenze (Ar.To.).


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