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ANTROPOLOGIA E FILOSOFIA. IN PRINCIPIO ERA IL LOGOS - NON IL "LOGO"! La questione della "Parola" e della "Lingua" ...

RILEGGERE SAUSSURE. UN "TRATTATO TEOLOGICO-POLITICO" RIDOTTO A UN BANALE "CORSO DI LINGUISTICA GENERALE"!!! Un omaggio e un appello a Tullio De Mauro. Un’indicazione di Federico La Sala

DUE PERSONE CHE DISCORRONO... Il punto fermissimo della ricerca saussuriana.
venerdì 18 luglio 2008 di Maria Paola Falchinelli
Saussure: il dialogo, in principio.
DUE PERSONE CHE DISCORRONO...
Il punto fermissimo della ricerca saussuriana *
di Federico La Sala *
I suoni che sono nella voce (tà en tê fonê) sono simboli (súmbola) delle affezioni che sono nell’anima (en tê psychê pathemáton), e i segni scritti (tà grafómena) lo sono dei suoni che sono nella voce. E come neppure le lettere dell’alfabeto sono identiche per tutti, neppure le voci sono identiche. Tuttavia ciò di cui queste cose sono segni (semeîa), come (...)

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> RILEGGERE SAUSSURE -- Attualità del «Cours de linguistique générale»: l’approccio storico torna ad essere ricompreso nella scienza linguistica (di Lorenzo Tomasin).

lunedì 3 ottobre 2016


Ferdinand de Saussure (1857-1913)

«Langue» e «parole» di nuovo in dialogo

A cent’anni dal «Cours de linguistique générale», l’approccio storico torna ad essere ricompreso nella scienza linguistica

di Lorenzo Tomasin (Il Sole-24 Ore, Domenica, 02.10.2016)

I capolavori della scienza, come quelli letterari, si prestano spesso a interpretazioni così divaricate da muovere in direzioni impreviste le idee dei loro autori. Se ciò è vero in genere, è tanto più vero per la pietra angolare della linguistica moderna, quel Cours de linguistique générale che a partire dagli appunti delle lezioni ginevrine di Ferdinand de Saussure, nel 1916 fu pubblicato postumo dai suoi allievi Bally e Sechehaye.

È ben noto che dal Cours saussuriano si suole far partire lo strutturalismo, e che lo strutturalismo si suole contrapporre al cosiddetto paradigma storico della linguistica ottocentesca. Quello della glottologia, per intendersi, e della storia comparata delle lingue genealogicamente raggruppate (indoeuropee, romanze...).

Dalla risoluta distinzione saussuriana fra studio diacronico e studio sincronico della lingua vista come sistema statico nella comunità di parlanti ancorati al loro presente discende l’affrancamento novecentesco dall’ipoteca o dal primato della linguistica storica. Quest’ultima sarebbe stata per l’addietro incapace di distinguere lo studio del divenire linguistico da quello, per Saussure prioritario, della lingua come sistema sincronico, che va letto prescindendo dai suoi stati anteriori, perduti e assenti alla coscienza del parlante. Portando alla estreme conseguenze questo aspetto della riflessione di Saussure, si è arrivati a discorrere addirittura di una detronizzazione della storia nella scienza linguistica.

I limiti della contrapposizione netta tra sincronia e diacronia sono stati tra i primi e più facili bersagli della riflessione sul Cours, fino a quando - negli anni ’50 - Eugenio Coseriu ha mostrato come la lingua sia da intendere essa stessa come cambiamento continuo, dimodoché il concetto di stato di lingua come entità isolabile dal moto incessante del cambio si rivela un’astrazione chimerica. La lingua è nella storia, e la storia è attiva nei parlanti non meno della grammatica, cioè dei rapporti che reggono il sistema.

Ancora, il profondo storicismo dell’impianto del Cours è stato reclamato con intelligenza da Tullio De Mauro (responsabile della sua non facile edizione critica): il carattere radicalmente arbitrario e insieme sociale di tutte le lingue fa tutt’uno con il loro carattere radicalmente storico.

Inoltre, la frattura che separerebbe Saussure dai glottologi ottocenteschi si è attenuata riconducendo l’uno e gli altri alla filiera che Michele Loporcaro ha chiamato dell’immanentismo linguistico. In questione è la fiducia, comune a positivisti e strutturalisti tramite Saussure, giù giù fino alla linguistica generativa, nella possibilità d’individuare meccanismi di razionalità immanenti alla lingua - anzi della langue, in termini appunto saussuriani - e perciò separati, o almeno autonomi, dalla società e dalla cultura dei parlanti. «La linguistica ha come unico e vero oggetto la lingua considerata in sé stessa e per sé stessa», è la frase con cui gli allievi fecero terminare il Cours.

Col che Saussure, in compagnia con lo strutturalismo, ma anche con la linguistica storico-comparativa da cui egli peraltro proveniva per curriculum di studi, si contrapporrebbe piuttosto a una visione della lingua espressa nel Novecento dalla sociolinguistica. Questa lettura, affascinante e persuasiva, mette in evidenza la matrice idealistica (anzi proprio platonica) della visione saussuriana (langue/parole) non meno che dell’innatismo dei generativisti.

Ma ancora una volta è forse una lettura parziale. La natura sociale e perciò storica della lingua è esplicitamente richiamata da Saussure stesso come necessario bilanciamento alla nozione di arbitrarietà che regge i rapporti tra significante e significato, cioè del segno linguistico. Nel famoso esempio saussuriano, il concetto di «albero» e l’immagine acustica (cioè la sequenza di suoni) del termine albero si legano in modo del tutto arbitrario, assolvendo alla funzione che in altre lingue svolgono i significanti Baum o tree. E ciò avviene solo per il consenso sociale dei parlanti.

Ma il tacito consenso sociale altro non è in effetti se non quella storia che il Cours avrebbe detronizzato, dichiarando che la sincronia è per il parlante l’unica vera realtà. L’altro famoso esempio saussuriano della parola sœur, che per nessuna ragione logica o naturale è collegabile al concetto di ’sorella’ più di quanto lo sia Schwester, è riformulabile in questi termini: la sola ragione per cui sœur significa ’sorella’ è in effetti che in latino soror (da cui sœur deriva direttamente, cioè per tradizione ininterrotta da parlante a parlante) significava appunto ’sorella’. Il che tra l’altro sottrae all’arbitrarietà la somiglianza non fortuita, tra sœur e sorella, o tra Schwester e sister, che anche il parlante più ingenuo ha ben chiara.

Il problema non è semplicemente spostato più a monte, ma ricondotto a quella inscindibilità tra verità sincronica e verità diacronica - come le chiamava Saussure, sforzandosi di tenerle separate - che rende la sua distinzione tanto fragile quanto, per paradosso, ancora stimolante. Uno dei fronti su cui, cento anni dopo, si ripropone l’attualità del Cours è forse oggi quello tra le ragioni ineliminabili della storia e la tipica tentazione novecentesca di spiegare il presente col presente, facendo a meno della storia.


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