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L’apologia del berlusconismo - malattia senile del cattolicismo (laico e religioso)

UNA LEZIONE TEOLOGICO-POLITICA DI BAGET BOZZO SU OGNI PROGETTO DI "RIFONDAZIONE COMUNISTA" FUTURA CHE SI VUOLE COME PARTITO. Avanti o popolo alla riscossa. Il populismo trionferà: "Forza Italia"!!! - con una nota di Federico La Sala

domenica 27 luglio 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] Don Giuseppe Dossetti disse che, con la Costituzione del ‘48, il popolo italiano aveva abbandonato il suo potere costituente, Berlusconi mostrò che non era così e si pose come alternativa alla Costituzione del ‘48, entrando in conflitto con tutti i poteri di garanzia dal Quirinale, alla Corte Costituzionale, al Csm. Toccò così un difetto essenziale della Costituzione del ‘48: quello di fondare i poteri di garanzia e non quelli di governo.
Sovranità popolare contro Costituzione (...)

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> UNA LEZIONE TEOLOGICO-POLITICA DI BAGET BOZZO A OGNI PROGETTO DI "RIFONDAZIONE COMUNISTA" FUTURA. ---- Una tormentata campagna congressuale. Non si trova la quadra per compattare il partito. 5 Mozioni.

sabato 26 luglio 2008

l’Unità 26.07.2008

-  Non si trova la quadra per compattare il partito

-  In campo tre ipotesi: il governatore viene eletto con i voti della parte di Grassi
-  Secondo: gli viene affiancata una figura super partes con una segreteria collegiale
-  Terzo: Ferrero va al muro contro muro
-  Vendola-Ferrero, niente accordo: si rischia la conta
-  Spunta l’idea di un presidente di garanzia.
-  Ma alla fine l’ex ministro potrebbe candidarsi

di Simone Collini

LA GUERRA è di posizionamento, per almeno altre ventiquattr’ore. Gli interventi dal palco servono a lanciare esche, tendere una mano, mettere paletti. Poi notte dopo notte, nelle riunioni separate delle mozioni, qualcuno guadagna terreno, qualcuno arretra.

Ma soltanto domani sera, al termine della riunione del Comitato politico che elegge il segretario con voto segreto, si saprà che ne sarà di Rifondazione comunista, chi guiderà il partito e quale ne sarà la linea politica. La seconda giornata di congresso si è infatti chiusa consegnando la bella immagine dell’abbraccio tra Franco Giordano e Fausto Bertinotti, con i due con le lacrime agli occhi mentre l’applauso risuonava forte in sala, ma lasciando sul tappeto almeno tre ipotesi. La prima: Nichi Vendola viene eletto segretario grazie ai voti dei suoi delegati (la mozione di cui è primo firmatario ha preso il 47% ) più quelli degli esponenti che fanno riferimento a Claudio Grassi. La seconda: Vendola viene eletto segretario ma affiancato da un presidente scelto insieme alla mozione Ferrero-Grassi e con una segreteria "collegiale". La terza: Paolo Ferrero non ci sta a vedersi abbandonato e si gioca il tutto per tutto candidandosi a segretario e mettendo Grassi di fronte a un aut-aut di non facile gestione. Il fatto che in tutte e tre le ipotesi in campo figuri il nome di Grassi non è casuale. Il coordinatore dell’area Essere comunisti, una vita in minoranza con Bertinotti segretario e oggi firmatario insieme a Ferrero di una mozione che propone il rilancio del Prc come forza politica autonoma, sta infatti giocando in questo congresso il ruolo di ago della bilancia.

Già prima che si aprissero le assise a Chianciano, Vendola e Grassi avevano lavorato attorno a un’ipotesi di ricompattamento che ruotasse attorno alla presentazione alle europee del Prc col suo simbolo e all’accantonamento della «costituente della sinistra» proposta dal governatore pugliese. Linea rilanciata da Vendola giovedì nel suo intervento. Grassi ha afferrato la mano tesa, dicendosi contrario a «veti» sulla leadership e dicendosi invece «interessato alla linea politica», ma non tutti i suoi delegati si sono mostrati disponibili a sostenere il candidato segretario dell’altra mozione. Anche perché Ferrero è stato abile nel far passare un messaggio piuttosto chiaro: «Si rischia di trasformare il congresso, luogo di dibattito e di confronto, in primarie. Una cultura che non ci appartiene. E comunque Vendola non le ha vinte perché si è fermato al 47%». Come a dire, bisogna tradire su più piani per aiutare il governatore pugliese a superare il fatidico 50% che gli consentirebbe di governare il partito.

Grassi e Ferrero hanno discusso a quattr’occhi della situazione, e il primo ha assicurato al secondo che non intende spaccare la mozione: «Non voglio andarmene. Lavoro per ricucire, perché dobbiamo prendere atto che noi siamo al 40%, loro al 47%, o troviamo un’intesa o sfasciamo il partito». Come, concretamente? Grassi si è presentato alla riunione della mozione, chiusa a notte fonda, con questa proposta: «Noi non possiamo porre veti sul segretario a loro che sono stati i più votati, ma possiamo pretendere una gestione collegiale del partito. Una segreteria non è fatta solo dal leader, ma anche da altri componenti. E possiamo anche proporre la figura di un presidente di mediazione». Chiaramente, se questa proposta passa, il cerino rimane nelle mani di Vendola. Che sa che in un’ipotesi del genere il segretario sarebbe a forte rischio accerchiamento. Con evidenti condizionamenti sulla linea politica. Che per il governatore pugliese deve essere quella che ha illustrato nel suo intervento: niente costituente della sinistra ma lavorare per costruire «una grande sinistra di popolo». Cambia la «formula» ma il «concetto» rimane quello: no a un Prc rinchiuso in uno «spigolo identitario» e apertura all’esterno. E questa, come ha detto il governatore pugliese ai suoi delegati in un’altra riunione notturna, è «la nostra linea del Piave».

Ecco allora la terza ipotesi in campo. Vendola respinge la proposta di essere eletto segretario affiancato da un presidente (formula peraltro che si è visto come ha funzionato ai tempi della diarchia Cossutta presidente, Bertinotti segretario) e tutta la partita viene giocata sui consensi che riesce a incassare tra i 250 membri del Comitato politico nazionale. Sapendo che Ferrero, come ultima carta per tentare di evitare che i delegati grassiani votino compattamente Vendola, domani può giocarsi quella della sua candidatura a segretario.


l’Unità, 26.07.2008

Le 5 mozioni

Mozione 1

Rilanciare Rifondazione comunista come forza politica autonoma, radicare il partito nella società, anche trascurando il rapporto con le altre forze politiche. A cominciare dal Pd, che bisogna combattere e rispetto al quale il Prc deve essere alternativo. Questi sono i tratti salienti della mozione numero 1, quella definita Ferrero-Grassi. Il documento sostiene che «la sconfitta della Sa nasce dentro l’esperienza di governo». Viene giudicato un errore aver fatto entrare il Prc in un governo in cui l’equilibrio delle forze era così sfavorevole al partito.

Mozione 2

«Costruire una nuova soggettività della sinistra, nella politica e nella società», così bisogna rilanciare Rifondazione comunista. È scritto nella mozione 2, che ha come primo firmatario Nichi Vendola e che è stata sottoscritta anche da Bertinotti, Giordano, Migliore. La sconfitta elettorale, in questo documento, ha tra le cause principali «il fallimento della sfida lanciata con la partecipazione al governo Prodi, la frattura consumata con le classi subalterne, il mutamento profondo del senso comune e dei suoi valori di riferimento».

Mozione 3

Rifondare un partito comunista per rilanciare la sinistra, l’opposizione e il conflitto sociale. Primo firmatario, Claudio Bettarello. Altri firmatari: Fosco Giannini, Leonardo Masella, Gianluigi Pegolo. Cosiddetta mozione «dei 100 circoli», comprende l’area de L’Ernesto. Il gruppo, composto in maggioranza da ex grassiani usciti dall’area «Essere comunisti» per la loro forte opposizione al governo Prodi, spinge per una unità tra i comunisti, a partire dal Pdci, con cui viene auspicata una corsa sotto lo stesso simbolo già dalle europee 2009. Web info: www.appelloprc.org

Mozione 4

Una svolta operaia per una nuova Rifondazione comunista. Primo firmatario: Claudio Bellotti. Altri firmatari: Alessandro Giardiello, Simona Bolelli, Mario Iavazzi, Jacopo Renda. In continuità con la scelta di misurarsi già nei precedenti congressi, rappresenta l’area che si ritrova attorno al mensile Falce e Martello. Sono gli ultimi trotzkisti rimasti nel Prc: le altre componenti trotzkiste sono uscite dal partito e confluite da una parte in Sinistra critica con Turigliatto e dall’altra nel partito comunista dei lavoratori di Marco Ferrando. Web info: www.marxismo.net

Mozione 5

«Disarmiamoci». Questo è il motto della mozione numero 5, alla quale hanno dato vita esponenti dell’ex maggioranza bertinottiana delusi da come si è sviluppato il dibattito negli ultimi mesi. Primi firmatari Walter De Cesaris e Franco Russo. Nel documento si chiede un congresso di «discontinuità» rispetto alla «parabola discendente degli ultimi anni»: «Sono prevalsi il primato ’governamentale’ e la tentazione di risolvere, in termini di tatticismi e di alleanze tra ceti politici, la sfida della costruzione di una nuova sinistra e di una nuova visione della società».


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