Inviare un messaggio

In risposta a:
EV-ANGELO, BUONA-NOTIZIA E COSTITUZIONE ITALIANA. "CHARISSIMI, NOLITE OMNI SPIRITUI CREDERE... DEUS CHARITAS EST". «Et nos credidimus Charitati...»(1 Gv., 4. 1-16) !!!!

SINODO DEI VESCOVI. L’ANNO DELLA PAROLA DI DIO: AMORE ("CHARITAS") O MAMMONA ("CARITAS")?! Fatto sta che la prima enciclica di Papa Benedetto XVI (Deus caritas est, 2006) è per Mammona. Una nota di Federico La Sala

EBRAICO: "EMET" (Verità), "MET" (Morte). GRECO: "CHARIS". GRECO-LATINO: "CHARITAS" (Amore), LATINO: "CARITAS" ("Mammona").
domenica 27 luglio 2008 di Maria Paola Falchinelli
PER RATZINGER, PER IL PAPA E I CARDINALI, UNA LEZIONE DI GIANNI RODARI. L’Acca in fuga
EPISTOLA ENCYCLICA - MIRAE CARITATIS SANCTISSIMI DOMINI NOSTRI LEONIS PAPAE XIII. DE SANCTISSIMA EUCHARISTIA
MIRAE CARITATIS. LETTERA ENCICLICA
DI SUA SANTITÀ
LEONE PP. XIII. LA SANTA EUCARESTIA

Caro BENEDETTO XVI ...
Corra, corra ai ripari (... invece di pensare ai soldi)! Faccia come insegna CONFUCIO: provveda a RETTIFICARE I NOMI. L’Eu-angélo dell’AMORE (...)

In risposta a:

> SINODO DEI VESCOVI. AMORE ("CHARITAS") O MAMMONA ("CARITAS")?! --- Cari padri sinodali, sostenete il divorzio quando l’amore non c’è più (di don Aldo Antonelli)

giovedì 8 ottobre 2015


Cari padri sinodali, sostenete il divorzio quando l’amore non c’è più

di don Aldo Antonelli (L’Huffingtonpost,08/10/2015)

Ho appena finito di leggere il Vangelo che la liturgia propone alla nostra meditazione per domenica prossima e che di certo, noi e voi, proclameremo nelle celebrazioni con i nostri fedeli. Si tratta del Vangelo di Marco, capitolo 10, versetti 17-30, là dove si narra di quel giovane dalla condotta irreprensibile che corre dal Maestro e gli chiede cosa deve fare per avere una vita che non sia ostaggio della morte. Noi sappiamo come è andata a finire: all’invito di Gesù a lasciare tutto e a seguirlo, il giovane "si fece scuro in volto - narra il vangelo - e se ne andò rattristato; possedeva infatti molte ricchezze"!

Ecco: in un breve esame di coscienza mi è venuto di pensare a me prete, a voi Vescovi e Cardinali, alla Chiesa in generale, e mi si è posto un interrogativo: "Non è che anche noi, come quel giovane, ci si ritrova solitari e tristi, prigionieri delle nostre ricchezze e sordi e ciechi al richiamo dei poveri e dei nullatenenti?". Il discorso si è fatto poi ancor più intrigante quando mi è venuto di accostare e sostituire il termine "ricchezze" con l’altro con il quale fa rima: "certezze". Mi sono ritrovato come sull’orlo di un precipizio nel quale sprofondavano tutte quelle "verità" che invece di aprire percorsi per il cammino, sbarravano strade, chiudevano orizzonti, strozzavano speranze.

Mi è risuonato, poi, nel silenzio della notte scorsa, il grido affranto di uno vostro grande e indimenticabile confratello, il vescovo Tonino Bello: "Salvami, Signore, dall’arroganza di chi non ammette dubbi". E così, come in un profluvio di nuova primavera, mi si è aperto lo scrigno prezioso dei ricordi sulla necessità, sulla positività e sulla bontà del dubbio. Sul piano della Fede San Gregorio Magno confessava: "A noi giovò più l’incredulità di Tommaso che la Fede degli Apostoli".

Sul versante magisteriale Paolo VI ebbe a dire: "Il dubbio è una strada che porta alla Fede". Sul piano teologico Hugo Asmann scrive: "In un mondo pieno di dogmatismi e di buone novelle ingannatrici, è bene accarezzare incertezze. Un’attitudine, uno spirito e una spiritualità ricca di incertezze feconde. Non intesa come disorientamento o sradicamento ma come preservazione di quell’orizzonte utopistico che si vorrebbe annientare; nell’apertura all’alternativa, alla speranza, alla sorpresa, all’imprevedibile, all’irruzione della grazia nella storia".

Sul piano culturale, infine, Norberto Bobbio afferma: "Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze"; affiancato da Jorge Luis Borges: "Duda es uno de los nombres de la inteligencia".

Il dubbio, insomma, non è opera del demonio, ma dono di un presente che interroga e pone urgenze e impone cambiamenti di rotta e sfida a ripensamenti e a nuove comprensioni. È quello che fa, per esempio, il francescano basco José Arregui, teologo di fama internazionale. Di fronte ai divorzi e ai nuovi matrimoni, si chiede se si può davvero pensare che si possa essere colpevoli "per il mero fatto di avere divorziato e di essersi risposati". E ancora, rispetto alla presunta indissolubilità del matrimonio, come si possa restare aggrappati "a questo artificio canonico in base a cui, anche nel caso in cui l’amore si dissolva, il matrimonio rimane indissolubile", a meno che non sia stato dichiarato nullo dal tribunale ecclesiastico.

Ponendo, infine, la domanda scottante: com’è possibile "che sia un sigillo canonico a fare il sacramento e che questo, una volta validamente contratto, persista anche in assenza dell’amore?". Cari confratelli nella fede, voi, uomini di fede e di cultura, non vogliate rattristare lo spirito che è in voi. Vi prego: uscite fuori da quelle certezze verniciate di fede che vi tengono prigionieri e da fratelli vi trasformano in maestri abusivi.

Scendete dal piedistallo delle vostre presunzioni. Fatevi compagni di strada di quanti, oggi, di qualsiasi razza o sesso o età o credenza, si interrogano e cercano e lottano per una vita più umana. Aprite gli orecchi al grido delle vittime della storia: vittime di un’economia assassina, di una politica autocrate, delle guerre di potere, dei razzismi e dei sessismi, di amori traditi e non più recuperabili. Soprattutto, parola di vangelo, non siate come i dottori della Legge contro cui Gesù imprecò senza pietà perché caricavano gli uomini di "pesi insopportabili che loro stessi non osavano smuovere neppure con un dito" (Luca, 11,46).

Possibile che non vi rendiate conto del carico di violenza di cui vi fate portatori nell’imporre a tutti i costi una vita in due là dove l’amore non c’è più, anzi c’è astio, odio, intolleranza, sopraffazione? Possibile non avvertire la dose di sadismo insita nel costringere coloro che hanno formato una nuova famiglia a interrompere i loro rapporti (quindi rovinare la nuova famiglia) per ristabilire la vecchia unione?

Di fronte ad una divisione per tradimento e/o violenza perché infierire su chi ne è vittima negandogli perfino la "Comunione"? L’assurdità, disumana ed antievangelica, è talmente evidente che il sottoscritto, ormai da tempo, ammette alla Comunione quanti, divorziati e non, conviventi e non, vi si accostano. Sono un pastore e non un censore!


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: