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EV-ANGELO, BUONA-NOTIZIA E COSTITUZIONE ITALIANA. "CHARISSIMI, NOLITE OMNI SPIRITUI CREDERE... DEUS CHARITAS EST". «Et nos credidimus Charitati...»(1 Gv., 4. 1-16) !!!!

SINODO DEI VESCOVI. L’ANNO DELLA PAROLA DI DIO: AMORE ("CHARITAS") O MAMMONA ("CARITAS")?! Fatto sta che la prima enciclica di Papa Benedetto XVI (Deus caritas est, 2006) è per Mammona. Una nota di Federico La Sala

EBRAICO: "EMET" (Verità), "MET" (Morte). GRECO: "CHARIS". GRECO-LATINO: "CHARITAS" (Amore), LATINO: "CARITAS" ("Mammona").
domenica 27 luglio 2008 di Maria Paola Falchinelli
PER RATZINGER, PER IL PAPA E I CARDINALI, UNA LEZIONE DI GIANNI RODARI. L’Acca in fuga
EPISTOLA ENCYCLICA - MIRAE CARITATIS SANCTISSIMI DOMINI NOSTRI LEONIS PAPAE XIII. DE SANCTISSIMA EUCHARISTIA
MIRAE CARITATIS. LETTERA ENCICLICA
DI SUA SANTITÀ
LEONE PP. XIII. LA SANTA EUCARESTIA

Caro BENEDETTO XVI ...
Corra, corra ai ripari (... invece di pensare ai soldi)! Faccia come insegna CONFUCIO: provveda a RETTIFICARE I NOMI. L’Eu-angélo dell’AMORE (...)

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> SINODO DEI VESCOVI --- “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”. A Roma dal 7 al 28 ottobre 2012

venerdì 22 giugno 2012


-  Nuova evangelizzazione, un Sinodo e una grande riflessione sulla Chiesa

-  di Frédéric Mounier

-  in “La Croix” del 20 giugno 2012 (traduzione: www.finesettimana.org)

Né irenismo, né catastrofismo: la prossima assemblea del Sinodo dei vescovi a proposito della nuova evangelizzazione, che si terrà a Roma dal 7 al 28 ottobre prossimo, potrebbe svolgersi in un’atmosfera quasi conciliare. A giudicare dalle 80 pagine, suddivise in 169 paragrafi dell’Instrumentum laboris pubblicato ieri, sintesi delle numerose risposte ai Lineamenta, pubblicati il 2 febbraio 2011, venute dal mondo intero e da tutti i protagonisti della Chiesa (hanno risposto il 70% degli episcopati, i superiori dei religiosi e delle religiose, laici, movimenti e servizi), l’esercizio sinodale potrebbe consistere in un ritorno all’essenziale della fede e della Chiesa.

Tenuto conto della diversità delle situazioni culturali, politiche o ecclesiali vissute dalla Chiesa nel mondo, i redattori romani del testo hanno cercato di ricavarne una visione realistica, ma fiduciosa, delle difficoltà incontrate sul campo, non solo per la cosiddetta “nuova” evangelizzazione, ma per l’evangelizzazione tout court. Insomma, dispiegano senza tabù il tema del Sinodo: “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”. E lo fanno sulla linea, riaffermata, del Vaticano II, di cui si celebrerà simultaneamente il cinquantenario, dei magisteri dei papi successivi, senza dimenticare il Catechismo della Chiesa cattolica, di cui si festeggiano anche i 20 anni.

A priori, questo Sinodo dovrebbe superare le frontiere delle vecchie e stanche cristianità del Nord. Perché le giovani Chiese del Sud sono anch’esse confrontate ai mali evocati dal testo: regressione della fede, burocratizzazione dei soggetti, importanti difficoltà nel trasmettere la fede. “Siamo stati sorpresi nel constatare che la nuova evangelizzazione interessa evidentemente tutte le Chiese, e non solo quelle del Nord”, ha sottolineato Mons. Nikola Eterovic, segretario generale del Sinodo.

Questo Sinodo non dovrebbe accontentarsi di cantare le lodi dei nuovi movimenti, a proposito dei quali i redattori ritengono utile approfondire i legami con la Chiesa. Andando oltre queste apparenze, la Chiesa prende atto del crollo delle vocazioni e quindi della necessaria “analisi dell’evoluzione dell’identità del prete”. Nel Sinodo, la Chiesa si interrogherà sul posto centrale delle parrocchie e della loro indispensabile evoluzione, forse come “comunità di comunità”, “sentinelle capaci di ascoltare le persone e i loro bisogni”. Rifletterà anche, durante queste settimane sinodali, sulla “credibilità e sull’udibilità del messaggio evangelico”, in una “autocritica che il cristianesimo è invitato a fare su di sé”.

Soprattutto i partecipanti al Sinodo sono invitati a riflettere a partire dalle “modificazioni profonde della percezione che l’uomo ha di se stesso e del mondo”, sapendo che la nuova evangelizzazione non potrebbe ridursi “ad una strategia di comunicazione o all’individuazione di determinati destinatari”, o a una “messa in luce delle pratiche pastorali”. Perché la Chiesa “non è un’azienda”, ma “un corpo”. Sono prese in considerazione le evoluzioni culturali, migratorie, politiche e anche religiose, del mondo. Prendendo atto di una “rinascita religiosa”, i redattori mettono in guardia da un rinnovamento “ingenuo ed emotivo”, dal tono “aggressivo e proselitistico”.

In fondo, gli organizzatori del Sinodo invitano ad un ritorno al nucleo centrale della fede: “L’incontro con Gesù Cristo, insieme intimo, personale, pubblico e comunitario.”

Tre punti salienti si colgono nel testo: l’identità del prete, il ruolo dei catechisti e l’iniziazione cristiana. Perché “tutti i testi denunciano l’insufficienza numerica del clero che, di conseguenza, non riesce ad assumere in maniera serena ed efficace la gestione della trasformazione del modo di essere della Chiesa”, gli autori affermano infatti “la necessità di immaginare un’organizzazione locale della Chiesa in cui nell’animazione delle comunità siano sempre più integrate delle figure di laici accanto a quelle dei preti.”

Per quanto riguarda i catechisti, “si richiede che assumendo la riflessione già intrapresa, l’assemblea sinodale si interroghi sulla possibilità di configurare per il catechista un ministero stabile ed istituito all’interno della Chiesa.”

Infine, il testo riafferma, seguendo i Lineamenta, che “è dal modo in cui la Chiesa saprà gestire la revisione in corso delle sue pratiche battesimali che dipenderanno il futuro volto del cristianesimo nel mondo, soprattutto in Occidente, e la capacità della fede cristiana di parlare alla cultura attuale.” Ed insiste, dal battesimo dei neonati fino ai catecumeni, passando per il “primo annuncio”, su una felice “differenziazione delle pratiche”.

Nel complesso, si tratta di reagire alla “apostasia silenziosa” di molti, che nasce da tante concause: “l’indebolimento della fede”, una “burocratizzazione eccessiva delle strutture ecclesiastiche”, “celebrazioni liturgiche formali e riti ripetuti quasi per abitudine, privi di esperienza spirituale profonda”, senza dimenticare “la contro-testimonianza di certi membri della Chiesa: infedeltà alla vocazione, minima sensibilità per i problemi dell’uomo d’oggi”.

A priori, come per le precedenti assemblee sinodali, il papa dovrebbe essere presente durante i dibattiti. Ma questa attenzione sottolineata non dovrebbe dispensare la Chiesa dal necessario lavoro di proseguimento e di valutazione. Quest’ultimo, in particolare secondo diversi superiori generali di ordini e congregazioni religiose, abituati ai Sinodi, non è infatti sempre all’altezza delle attese.

Comunque, da quando Giovanni Paolo II, il 3 marzo 1983, a Port-au-Prince (Haiti), ha usato per la prima volta il termine “nuova evangelizzazione”, il cantiere non ha mai smesso di svilupparsi. Fino alla creazione da parte di Benedetto XVI di un nuovo dicastero dedicato a questo tema, il 28 giugno 2010, e all’apertura dell’Anno della fede, prevista dal papa l’11 ottobre, proprio all’inizio del Sinodo


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