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ITALIA 1948-2008. 60° ANNIVERSARIO DELLA COSTITUZIONE ....

IL NUOVO ANNO SCOLASTICO, I COSTRUTTORI DELLA DEMOCRAZIA, E IL COLTELLO PUNTATO ALLA GOLA DEI RAGAZZI E DELLE RAGAZZE DI TUTTA L’ITALIA. Caro Presidente Napolitano, La prego, faccia chiarezza e ci liberi dalla trappola e dall’inganno!!! IO VOGLIO INIZIARE L’ANNO CON IL "QUADERNO DELLA COSTITUZIONE" E CON IL LIBERO E FIERO GRIDO DI FORZA ITALIA, DI VIVA L’ITALIA - di Federico La Sala

martedì 16 settembre 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] Cari ragazzi,
la Costituzione che entra a far parte della vostra personale biblioteca è un documento prezioso, perché contiene i principi sui quali si fonda la nostra Repubblica democratica; un documento del quale è importante che voi ragazzi conosciate appieno l’origine e la storia, affinché possiate compiutamente apprezzare il valore delle conquiste politiche e sociali che esso ha consentito e garantito in sessant’anni di vita costituzionale. [...]
[...] LA COSTITUZIONE, LE REGOLE (...)

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> IL NUOVO ANNO SCOLASTICO, I COSTRUTTORI DELLA DEMOCRAZIA, E IL COLTELLO PUNTATO ALLA GOLA DEI RAGAZZI E DELLE RAGAZZE DI TUTTA L’ITALIA. --- Un governo che fa economia sui maestri è irresponsabile. Fa quadrare oggi conti che pagheremo tutti noi domani. L’unica risorsa di cui disponiamo è il futuro. Risparmiare sulla pelle dei bambini è criminale (Concita De Gregorio)..

domenica 7 settembre 2008

Sulla pelle degli studenti

di Concita De Gregorio (l’Unità, 07.09.2008)

Sono un insegnante precario meridionale della scuola statale della provincia di Pordenone apprezzato dai miei alunni e dai loro genitori che ogni anno si battono per la mia riconferma. Dall’anno prossimo sicuramente a causa della riforma del maestro unico non lavorerò più.

Sergio Catalano

Comincia così una lunga lettera che racconta come dal tempo del «maestro unico» i saperi si siano allargati e specializzati, le classi cresciute di numero, la presenza di bambini stranieri aumentata, le risorse per il sostegno ai disabili diminuite ma come intatto resti invece il bisogno di chi ha sei anni o ne ha dieci di essere «seguito dalla presenza costante e attenta di uno sguardo adulto». Inoltre, dice il maestro Sergio, «i bambini di oggi non sono più quelli di vent’anni fa». Non lo sono più, non c’è dubbio, e a nulla servirà imporre loro di alzarsi in piedi quando entra l’insegnante, di mettersi il grembiule col fiocco, di imparare il Padre Nostro per obbligo come propone l’assessore veneto, di andare tutti il 4 novembre alla parata come suggerisce La Russa. È il mondo fuori che è cambiato, il mondo che i bambini delle elementari si portano in aula sugli schermi dei videofonini forniti da genitori ansiosi e assenti, di solito ansiosi in quanto assenti, e che gli insegnanti fino all’altro giorno non potevano sequestrare all’ingresso in classe perché sarebbe stato, appunto, un attentato alla proprietà privata. Intendiamoci. Cambiare la scuola ad ogni cambio di ministro è un’antica tradizione che ha prodotto guasti in ogni epoca e sotto ogni bandiera. L’assemblearismo e le «conquiste di libertà» non sempre hanno garantito progresso.

La decisione di non esporre i quadri coi risultati degli esami «per la tutela della privacy» è semplicemente grottesca, dice per esempio in una lettera il professor Mario Mirri da Pisa. Ha ragione. I miei figli hanno fatto le elementari andando uno in prima a cinque anni con la sperimentazione Berlinguer, uno a sette perché è nato a febbraio e la Moratti stabiliva al 30 gennaio il limite di ingresso, uno col tempo pieno, uno coi moduli, uno con la settimana corta l’altro con la giornata breve. Posso dire con certezza che cambia solo il grado di nevrosi dell’organizzazione domestica. Di nevrosi e di bisogno: una donna su cinque, ci dicono le cifre di ieri, quando fa un figlio smette di lavorare.

A parte le implicazioni culturali e sociali (enormi) il danno è economico, vorrei dire a Tremonti: il lavoro femminile, per usare il linguaggio berlusconiano, «muove l’economia». Dal punto di vista della didattica però - dal punto di vista dei bambini - quello che conta non sono i voti né i grembiuli. Sono gli insegnanti, le persone. Va bene il grembiule, ha il vantaggio di non scempiare una maglietta al giorno col pennarello indelebile. Vanno bene i voti, i giudizi, il debito o il credito, l’esame a settembre: è lo stesso. Va bene persino farli alzare quando entra il maestro, se la palestra a scuola non c’è almeno si sgranchiscono le gambe. Dev’essere chiaro questo, però: il taglio di 87 mila insegnanti non ha nessuna motivazione culturale. È il taglio di 87 mila stipendi, tutto qui. È un risparmio giocato sull’unica cosa che in Italia funziona ancora meglio che nel resto del mondo: la competenza la passione e il talento delle persone che lavorano nella scuola elementare. Un governo che fa economia sui maestri è irresponsabile. Fa quadrare oggi conti che pagheremo tutti noi domani. L’unica risorsa di cui disponiamo è il futuro. Risparmiare sulla pelle dei bambini è criminale.


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