Caro Di Rienzo,
mi ripeto, a costo di sembrare ossessivo: uno è la vicenda dell’essere umano Contrada, anziano e malato; altro è la sua storia con la giustizia, chiusa in via definitiva con condanna per concorso esterno in associazione mafiosa. Lo stesso vale per tutti, a prescindere dai nomi, dalle ideologie et coetera. Se per Contrada ci sarà un’assoluzione, che non spetta a me, a lei, ai politici o ai giornalisti decidere, la sua figura verrà riabilitata. Per il momento, lo dice la Costituzione, Contrada è colpevole, e non può valere, nei suoi confronti come nei confronti di chiunque altro, la presunzione di innocenza prevista dall’ordinamento giuridico italiano. Questo non significa affatto che lo si voglia alla forca. E, per fedeltà ai princìpi costituzionali da entrambi richiamati, deve tutalarsi la persona, chiunque, nella sua insopprimibile dignità. Ugualmente, non possiamo reiterare il sillogismo per cui un ammalato è assolto in virtù della sua condizione e non di fatti che lo scagionano.
Cordiali saluti.
Emiliano Morrone