And ne forhtedon na.
La signora Fulvia, di cui non sappiamo il cognome e l’indirizzo di posta elettronica, ci ha scritto un messaggio, a proposito dell’articolo di Benny Calasanzio, dello scorso 31 luglio, intitolato Affinità elettive. Trascorsi dell’avvocato Giuseppe Lipera, difensore di Contrada e in rapporto professionale con la giornalista Marina Salvadore
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Pubblichiamo e replichiamo.
Lettera della signora Fulvia
Anche per Enzo Tortora, difeso dal medesimo Avvocato, si dovrebbe parlare (...)

Caro Direttore, riesco a procurarmi un pc ed internet anche in questo posto sperduto. Non per insultare chi difende Bruno Contrada, no, questo non ci appartiene. Io cito fatti, sentenze, testimonianze. E loro, invece, citano pentiti, come se Contrada fosse stato condannato solo per quelle testimonianze, che rappresentano meno della metà, come importanza, dell’impianto accusatorio. Caro Direttore, io ho stima e rispetto del tuo lavoro, e in quest’ultimo articolo hai dato dimostrazione che il giornalismo si basa sui fatti, non sui sentimenti, non sulla compassione. I fatti sono l’essenza di un mestiere che io intendo come lo intendeva Pippo Fava, giornalista ucciso dalla mafia, che il gruppo dei fan di Lipera certamente sconoscerà, visto che il loro avvocato difendeva l’assassino di Pippo Fava. Fava aveva un concetto etico del giornalismo, come missione, come professione delicata. Speriamo di essere degni del maestro, nel frattempo posso dire soltanto che la verità, anche grazie al nostro lavoro, sta entrando in tante case italiane, e alle voci inenerite che parlano di malattie e depressioni, noi contrapponiamo la forza devastante dei fatti, puri e semplici. Caro direttore, mai per un attimo deve traballare in te la convizione che è questo il modo di vivere e soprattutto di fare il tuo lavoro, e non di farsi assoldare dall’impunito di turno che fa la difesa d’ufficio oggi di Contrada, domani di Mario Scaramella. Le vacanze mi rendono buono, mi fermo qui.