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EU-ANGELO E COSTITUZIONE . "CHARISSIMI, NOLITE OMNI SPIRITUI CREDERE... DEUS CHARITAS EST" (1 Gv., 4. 1-8). «Et nos credidimus Charitati...»

DIO PATRIA E FAMIGLIA. La Casa dei nostri Padri e delle nostre Madri Costituenti e la casa dei "ragazzi di Salò" del catto-berlusconismo di oggi. Una nota di Ezio Mauro e di Gian Antonio Stella - a cura di Federico La Sala

mercoledì 10 settembre 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] Stanno perfettamente insieme, nel rozzo bisogno di riaggiustare l’identità della destra dopo 14 anni, l’esaltazione dell’eroismo cieco e patriottico (dunque ingenuo e storicamente "innocente") di Salò con la riduzione del fascismo ad esperimento di modernizzazione autoritaria, travolto solo da un "esito" incongruo e tragico dovuto all’errore dell’innesto nibelungico col nazismo, le leggi razziali e la guerra. Si chiarisce l’aspetto tattico della svolta di Fiuggi, per la fretta (...)

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> DIO PATRIA E FAMIGLIA. --- L’ex presidente della Camera: Fini è più avanti del resto del partito. Uno strappo solitario. Il gelo dei colonnelli. Ingrao: "Svolta più netta del ‘95 ma la pancia di An è ancora indietro"

domenica 14 settembre 2008

Uno strappo solitario

Il gelo dei colonnelli. Alemanno aspetta ore prima di rilasciare un gelido comunicato: «Tutto il gruppo dirigente di An ha elaborato le tesi di Fiuggi»

di Bruno Gravagnuolo (l’Unità, 14.09.2008)

Stavolta lo strappo di Fini col fascismo c’è stato. Impossibile negarlo. Con tutto il fascismo, e non solo con le pagine legate alla Rsi. Netti infatti sono apparsi ieri i giudizi pronunciati dal Presidente della Camera davanti, ai giovani di An. Primo: «La destra deve riconoscersi nell’antifascismo». Secondo, di qui viene una Costituzione fondata su «libertà eguaglianza e giustizia sociale», da assumere in pieno come «valori antifascisti». Terzo, a parte la buona fede di chi scelse la Rsi, «i resistenti stavano dalla parte giusta, i repubblichini dalla parte sbagliata». Già, e Fini usa proprio il termine dispregiativo «repubblichini», per indicare gli adepti di Salò, lo stesso termine contestato da quanti a destra hanno sempre rivendicato alla Rsi la dignità di un’idea statale e di patria.

Certo ne ha fatta di strada quel Fini che a fine anni ‘80 parlava di «fascismo del 2000». Nei primi anni ‘90 di Mussolini come «del più grande statista del 900». E ne ha fatta anche rispetto alla svolta Fiuggi, del 1995. Quando l’antifascismo veniva da lui definito «momento necessario di passaggio, negativo e non valore in positivo». Come pure c’è uno «stacco netto rispetto alla distinzione finiana in Israele tra «male assoluto» nazifascista, e pagine fasciste anteriori, non tutte negative. No, stavolta c’è stato molto di più in Fini. Un vero capovolgimento di Fiuggi: l’antifascismo come valore fondante e positivo. Condito da un’altra, decisiva notazione storiografica, sull’intero fascismo stavolta. E cioè, ha detto Fini, non si possono isolare nel regime alcuni «fotogrammi», ma va dato un giudizio di insieme. E quel giudizio nel Presidente della Camera è globalmente negativo. Per la dittatura, la violenza, la guerra e l’alleanza con nazismo.

Di più. Accennando alla «memoria condivisa», Fini ha citato Ciampi e la sua pedagogia civile. Che privilegia la memoria costituzionale antifascista (non la marmellata delle memorie). All’insegna di una patria democratica, e non del «nazionalismo», che per Fini è male. Dunque occorre dare atto a Fini di onestà e di coerenza. In una col tentativo di ritagliarsi un ruolo decente di leader della destra democratica europea. Anche sotto lo stimolo di una polemica «antirevisionista» contro le ambiguità post-fasciste, che qualche frutto lo ha dato. Senonché qui nascono i problemi. Dentro An e guardando al futuro Pdl di Berlusconi. Tanto per cominciare già ieri Fini è stato contestato da uno di quei giovani ai quali parlava. Gli stessi ragazzi che portarono fiori sulle tombe dei saloini a Nettuno. «Sei stato chiaro ma non coerente!», ha gridato uno di loro. Mentre altri dissentivano e abbandonavano la sala. Poi, ai lati di An, sono arrivate le proteste furiose di Storace, di Fiore di Fn e di Donna Assunta: «Fomenta le divisioni tra italiani, dà la stura all’antifascismo, ha gettato la maschera, se ne vada se crede...».

Ma il vero punto è un altro. Sono le reazioni sbigottite e compresse di due dei colonnelli contro i quali è diretto lo strappo di Fini. Vale a dire Alemanno e La Russa, protagonisti di esternazioni che avevano oltremodo irritato Fini in questi giorni. Il primo - che aveva rivalutato un fascismo «buono» contro Salò - se l’è cavata nel pomeriggio con una dichiarazione che ribadisce il «percorso di Fiuggi». Condiviso ed «elaborato da tutto il gruppo dirigente di An compreso il sottoscritto (Alemanno, n.d.r)». Quasi a voler chiudere in anticipo illazioni e sospetti di dissenso, in realtà per troncare e sopire scontri col leader. La Russa invece, dopo aver dato segni di stupore ed essersi rifiutato di commentare a caldo, ha precisato con disagio che il suo ultimo discorso dell’8 settembre davanti a Napolitano, era solo un intervento sulla «memoria condivisa». E che perciò non c’è alcun problema con Fini. Dunque una questione aperta c’è in An, a parte l’adesione «convinta» di altri colonnelli come Gasparri e Bocchino. E non mancherà di palesarsi, sia rispetto alla fusione annunciata con Fi, sia rispetto agli equilibri interni, di An. Sia infine rispetto a una platea di militanti ed elettori che già facevano fatica a condividere la timida svolta di Fiuggi. Sicché non è infondato dire, come ha fatto Veltroni a Cortona, che le parole di Fini sono un «grande passo avanti», ma «rientrano in un’evoluzione personale», se raffrontate alla posizioni di Alemanno e La Russa.

Salvate il soldato Fini in An? Vedremo. Al momento però i giochi sono abbastanza incerti, sul destino dell’identità post-fascista in attesa di finire nel Pdl. E, quanto a quest’aspetto, resta aperto un altro tema. Anzi due: il rapporto Fini/Berlusconi. Se il primo, con la sua «revisione», entra alla grande nel Ppe e può aspirare concorrere da Premier, il secondo, proteso al Quirinale, si candida ormai di fatto a vero leader post-fascista. Vanno in tal senso gli umori «anti-antifascisti» del Cavaliere. La sua ostilità alla Costituzione da lui definita «sovietica», il disamore per la Resistenza, la descrizione del fascismo come innocua dittatura. E da ultimo, anche l’esaltazione del genio italico coloniale e dello squadrista Italo Balbo. Regalata guarda caso da Berlusconi proprio ai giovani di An. Fini antifascista moderato e Berlusconi post-fascista e presidenzialista? Sarebbe l’ennesima giravolta dell’Italia di destra vecchia e nuova. Giravolta trasformista. E pericolosa.


Un brutto segnale

L’ex presidente della Camera: Fini è più avanti del resto del partito

Ingrao: "Svolta più netta del ‘95 ma la pancia di An è ancora indietro"

Le uscite di Alemanno e La Russa sono un brutto segnale, la conferma che certe radici con il fascismo non sono state ancora recise

di Concetto Lo Vecchio (la Repubblica, 14.9.08)

ROMA - È sabato pomeriggio e Pietro Ingrao, il Grande vecchio della sinistra italiana (93 anni), legge e rilegge le dichiarazioni di Fini sui dispacci delle agenzie.

Presidente Ingrao, ha letto le dichiarazioni sul fascismo di Fini? Sono una svolta più netta di Fiuggi?

«Mi pare proprio di sì, ma soprattutto quel che colpisce è la presa di distanza da Alemanno e La Russa».

Come se Fini fosse più avanti rispetto al resto del partito.

«Questo è probabile. Con quest’uscita mi sembra che abbia voluto dare un monito, e dire alla sua parte che non è più tempo di traccheggiamenti».

La platea ha accolto con freddezza le sue parole.

«E questo è grave, perché per quanto lodevole, per quanto positiva, la critica di Fini è pur sempre parziale, nel senso che non iscrive il fascismo italiano dentro la tragedia del nazifascismo. Ci faccia caso, non cita mai Hitler, che di Mussolini fu un alleato stretto se non un duro comandante».

Da Fiuggi sono passati tredici anni eppure è come se in An non tutti avessero fatto sino in fondo i conti con il fascismo.

«È un brutto segnale, il segno che certe radici non sono state ancora recise, e che sono più radicate di quel che si pensi, considerate le uscite di Alemanno e La Russa degli ultimi giorni».

Fini dice anche che non tutti gli antifascisti erano democratici.

«Può darsi sia così, può darsi... Non dico che tutti della mia parte fossero santi ed eroi, ma l’antifascismo italiano è pieno di storie, vicende e figure di un’emozione e di un fulgore straordinari. Pensi alla tragica grandezza di Primo Levi, che finisce per uccidersi oppresso da quel che ha vissuto nei lager».

"Non si può equiparare chi stava da una parte e combatteva per una causa giusta di uguglianza e libertà e chi, fatta salva la buonafede, stava dalla parte sbagliata", ha detto il presidente della Camera. Sono parole che Fini avrebbe pronunciato anche da leader di An?

«Non saprei cosa risponderle, ma non sono stupito di queste parole mi pare che già negli anni passati Fini avesse espresso una volontà di riflessione autocritica. E tuttavia mi colpisce il silenzio che permane tuttora sul grande movimento di popolo che in Italia è stata la Resistenza. E forse sull’epopea che è stata la Resistenza italiana, c’è una debolezza anche nella scuola italiana».

È un caso che le uscite di Alemanno e La Russa siano giunte adesso, che la sinistra è stata pesantemente sconfitta?

"Purtroppo non è una stagione felice per la sinistra, c’è stata una riscossa conservatrice, le abbiamo buscate, diciamolo chiaramente. E anche il governo Prodi non è valso a fermare l’arretramento. Ancora adesso non si è sviluppata a sinistra né una riflessione critica adeguata e nemmeno una ripresa del collegamento con le masse. Questa è la questione centrale da affrontare. E c’è l’urgenza di ripartire presto».


Tranfaglia: che sollievo, da Gianfranco importante passo avanti

Lo storico «Le frasi del presidente della Camera chiudono il percorso avviato nel ’96 dall’infausto discorso di Violante su Salò»

di Al. T. (Corriere della Sera, 14.9.08)

C’è una netta contraddizione tra le parole di Fini e quelle dei suoi colonnelli. Resto preoccupato perché con la rivalutazione di Balbo e di altri esponenti fascisti, Forza Italia, che è un partito populista, si sta spostando sempre più a destra. E non solo quanto a nostalgia, ma per le politiche che sta attuando Biografia Lo storico Nicola Tranfaglia ha scritto la biografia di Giorgio Almirante, pubblicata a puntate dall’Unità: il cammino del leader del Msi dall’antisemitismo a Salò, fino al passaggio di testimone a Fini

ROMA - Le origini fasciste della destra le conosce bene. Non solo perché è uno storico di fama, ma anche perché è stato proprio lui, Nicola Tranfaglia, a scrivere la biografia di Giorgio Almirante, pubblicata a puntate a giugno dall’Unità. Una storia nella quale ripercorre il cammino del leader del Msi, dall’antisemitismo alla Repubblica di Salò, fino al passaggio di testimone a Gianfranco Fini. Ora Tranfaglia è soddisfatto dalle parole del presidente della Camera. Ma se da una parte tira un sospiro di sollievo, dall’altra si dice ancora preoccupato.

Sollievo perché?

«Perché le dichiarazioni di Fini possono essere interpretate come un decisivo passo avanti sulla strada dell’acquisizione dell’antifascismo come criterio fondamentale per stabilire la democrazia».

Di recente qualche «colonnello» di An si era espresso diversamente.

«E infatti le sue parole mi sembrano in aperta polemica sia con La Russa sia con Alemanno ».

Preoccupato perché?

«Con la rivalutazione di Balbo e di altri esponenti fascisti, Forza Italia, che è un partito populista, si sta spostando sempre più a destra. E non solo quanto a nostalgia, ma anche per le politiche che sta attuando».

Cominciamo da Fini: il suo giudizio sul fascismo è nettamente negativo.

«Già nel 2003, allo Yad Vashem, disse cose in oggettivo contrasto con quelle che aveva detto fino ad allora. Parlare di male assoluto riferendolo solo alle leggi razziali non tiene conto della natura dispotica del regime, che fece uccidere Gramsci e Matteotti e picchiò fino alla morte Amendola. Ora Fini fa un passo avanti importante».

E Salò? La Russa ha rivalutato chi «combattè in difesa della patria».

«Si trattò di un regime satellite del Terzo Reich che combattè fino alla fine per difendere gli ideali nazisti di Hitler. Bene ha fatto Fini a prendere le distanze».

Ma il fatto che Fini debba intervenire ancora una volta, per sconfessare i suoi, qualcosa significherà.

«In effetti c’è una contraddizione netta tra lui e gli altri dirigenti. Mi sembra che siamo nel caso di un leader che si trova molto più avanti rispetto alle convinzioni della base e ai funzionari».

La Destra di Storace potrebbe avvantaggiarsene?

«Non credo. Sono residui di una destra ormai tramontata che non trova spazio nel Paese. La reazione di Storace è un giusto sigillo alle dichiarazioni di Fini: è l’ennesima speranza di riscossa di un estremismo che però è condannato dalla storia».

Quella di Fini invece è una destra ormai moderata.

«Sì. Mi sembra che ora sia Forza Italia ad aver scavalcato a destra Alleanza nazionale».

C’è ancora qualche resistenza o reticenza da abbattere per Fini?

«Non credo. Mi sembra decisivo riconoscere che l’antifascismo è indispensabile. È il passo fondamentale per uscire dal limbo: finalmente il fascismo non è più la base della destra in Italia. Mi lasci dire un’ultima cosa su Fini».

Prego.

«Le sue dichiarazioni in qualche modo concludono, perché vanno in direzione opposta, il percorso avviato da Luciano Violante nel ’96, con l’apertura ai "ragazzi di Salò". Un discorso infausto. E’ significativo che ci sia questo rovesciamento di ruoli e che, dopo dieci anni, arrivi la smentita di Fini alle parole di Violante».


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