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"Meditate che questo è stato" (Primo Levi)

SHOAH - STERMINIO DEL POPOLO EBRAICO. 27 GENNAIO: GIORNO DELLA MEMORIA - LEGGE 20 luglio 2000, n. 211, DELLA REPUBBLICA ITALIANA - a cura del prof. Federico La Sala

domenica 10 dicembre 2006 di Emiliano Morrone
Istituzione del "Giorno della Memoria" in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti.
In data 20 luglio 2000 è stata promulgata dal Presidente della Repubblica, dopo l’approvazione della Camera dei Deputati e del Senato, la seguente legge:
Art. 1.
La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (...)

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martedì 12 dicembre 2006

Il pretesto della Shoah

di Arrigo Levi (La Stampa, 12/12/2006)

La Conferenza di Teheran sull’Olocausto - o meglio, contro l’Olocausto, da definirsi una invenzione malvagia degli Ebrei, a danno del mondo islamico e dei Palestinesi in particolar modo - ha suscitato tra noi una reazione di violento rigetto, per diverse ragioni. La più ovvia è la inaccettabilità della tesi «negazionista» da parte di quei Paesi, oggi membri dell’Unione Europea, che hanno visto scomparire la quasi totalità dell’ebraismo europeo.

Un insieme di comunità che erano parte integrante e viva della storia europea, prima e dopo l’Emancipazione. Gli Ebrei, prima della Shoah, in Europa c’erano: in Polonia, in Germania, in Francia, in tutti i territori dominati dai nazisti, dopo la Shoah, non ce n’erano quasi più. Erano milioni, ne sono rimasti decine di migliaia; in alcuni Paesi, quasi nessun ebreo è rimasto in vita. L’Europa ha perso una delle nazioni che avevano contribuito a creare la sua civiltà. Non occorrono studi, ricerche, nemmeno testimonianze, per essere consapevoli di quello che è stata la Shoah.

La Conferenza di Teheran, vista con gli occhi degli Europei (non solo degli Ebrei), è una immensa insensatezza, e questa è la prima ragione della condanna di tutti i governi dell’Occidente. Ma vi è un’altra ragione. Il fatto è che negare la Shoah appare come la premessa del rifiuto non già di riconoscere lo Stato d’Israele, ma di ammetterne l’esistenza: la Shoah è un’invenzione; dunque, è giusto cancellare lo Stato d’Israele dalla faccia della Terra. Così è stato detto.

Il mondo arabo islamico aveva detto no all’esistenza d’Israele per molti decenni. Finché un giorno i due maggiori Stati confinanti, l’Egitto e la Giordania, dopo aver fatto la guerra (anche più d’una), decisero di fare la pace con lo Stato ebraico; e Arafat, capo dei Palestinesi, si convinse che era utile anche al suo popolo riconoscere Israele, come premessa necessaria della nascita di uno Stato palestinese.

Fare la pace fra i due popoli insediati sulla stessa terra si è poi rivelato un compito tremendamente difficile, ancora incompiuto. Ma questa è un’impresa che non è stata e non può essere abbandonata. Tutti i sondaggi d’opinione dimostrano, da anni, che la grande maggioranza dei Palestinesi, come la grande maggioranza degli Israeliani, è favorevole alla coesistenza dei due Stati. Perfino il capo di Hamas, Khaled Meshal, offre ora a Israele una tregua di dieci anni: è difficile non interpretare questo come il primo passo verso un negoziato. Le pressioni su Israele da parte di tutti i governi occidentali (compresa l’America, che ha assolutamente bisogno di ritrovare credibilità presso il mondo arabo-islamico), affinché il governo israeliano dia il via libera ai negoziati, non appena sia giunta, da parte palestinese, una chiara apertura - che ancora non c’è, ma potrebbe essere vicina - sono e saranno molto forti. Il processo di pace potrebbe allora ripartire.

Ma non ci sarà nessun negoziato se Israele sarà sotto la minaccia di una sorta di nuova Shoah da parte di una potenza islamica, o di una coalizione di forze politiche arabo-islamiche, che, presto o tardi, sarà probabilmente anche in possesso di armi nucleari, o dei mezzi per costruirle.

Senza pace fra Israeliani e Palestinesi, il nostro orizzonte politico continuerà ad essere sovrastato dalla minaccia di un grande conflitto, a noi vicino, e in cui finiremmo per essere coinvolti. L’Italia, l’Europa, vogliono la pace col mondo arabo; hanno rapporti di pace col mondo arabo e islamico, e si impegnano seriamente per la pace, mettendo persino a rischio la vita di migliaia di loro soldati per consolidare la pace su uno dei fronti del conflitto, quello israelo-libanese. Se uno Stato della regione rifiuta l’esistenza della Shoah come premessa del rifiuto dell’esistenza d’Israele, minaccia anche la nostra pace.

Questa è la ragione di fondo per cui l’Europa ha paura del convegno di Teheran; respinge non solo l’assurda negazione di un evento tremendo che ha dominato la nostra storia, ma il fatto che esso sembra anticipare una nuova Shoah: quanti popoli ne sarebbero vittime?


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