Si aggrava il bilancio dell’agguato a Castelvolturno: muore uno dei ricoverati
Perquisizioni e interrogatori. Per gli inquirenti è stata un’azione punitiva
Strage nel Casertano, un altro morto
"Non volevano pagare tangenti ai Casalesi"
CASERTA - Volevano spacciare nella terra dei Casalesi senza pagare la tangente al clan. Per gli investigatori non ci sono altre spiegazioni alla strage di extracomunitari ieri sera nel Casertano. Una feroce "punizione" contro chi non voleva rispettare le regole imposte dalle cosche.
Il bilancio di morte si è aggravato: sette le vittime in due agguati. Sei le vittime della mattanza di Castelvolturno: tre ghanesi, un liberiano e un immigrato del Togo morti sul posto; un altro liberiano morto stamane in ospedale. Resta in gravi condizioni un altro straniero. E poi c’è il titolare della sala giochi di Baia Verde, massacrato con venti colpi di mitraglietta 20 minuti prima dell’esecuzione degli immigrati. "Due episodi collegati", ripetono le forze dell’ordine.
All’alba, agenti del commissariato di Castelvolturno e della Squadra Mobile di Caserta hanno perquisito le case di parecchi spacciatori d’origine africana e interrogato alcuni pregiudicati affiliati al clan dei Casalesi, "padroni" nella zona dove spacciavano gli extracomunitari uccisi la scorsa notte. Nessun fermo finora, ma le indagini puntano dritto verso il clan egemone nel Casertano.
I killer hanno sparato cento colpi: una pioggia di piombo contro il nuovo clan degli immigrati. I sicari indossavano i giubbetti dei carabinieri. Sono piombati dentro la sartoria retta dagli extracomunitari intorno alle nove e mezza di sera e hanno sparato con kalashnikov e pistole calibro 9. Non hanno lasciato scampo neppure a un giovane di colore che era a bordo di un’auto ferma lì vicino: i carabinieri lo hanno trovato ancora seduto al volante, la cintura di sicurezza ancora allacciata.
"Noi con la camorra non c’entriamo niente, lavoriamo dalla mattina alla sera", si disperano gli amici delle vittime. Davanti al negozio Ob Ob exotic Fashions, teatro dell’agguato, c’è anche lo zio di una delle vittime. Steven, ghanese, fa il giardiniere: "Mio nipote Giulios non ha mai fatto nulla di male", dice mostrando le mani indurite dalla fatica per dimostrare che "noi non siamo camorristi". Gli fa eco Cristopher, 28 anni. Lui conosceva Alaji, 28 anni, anche lui ucciso. "Era alla macchina da cucire quando è stato ammazzato", racconta Cristopher. "La camorra? Forse cercavano qualcun altro ma non i nostri amici".
Poco prima, i sicari erano passati dalla sala giochi in via Giorgio Vasari a Baia Verde. Avevano il volto coperto, erano armati di pistole. Hanno esploso 20 colpi contro il titolare del locale, Antonio Celiento, 53 anni, ritenuto affiliato al clan degli Schiavone. Era solo; l’hanno centrato all’addome e alla testa. E’ morto poco dopo in ospedale senza più riprendere coscienza.
* la Repubblica, 19 settembre 2008