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Memoria. "Meditate che questo è stato" (Primo Levi)

AUSCHWITZ, QUEL GIORNO - di Luigina D’Emilio - selezione a cura del prof. Federico La Sala

Primo Levi, La tregua: "La prima pattuglia russa giunse in vista del campo verso il mezzogiorno del 27 gennaio 1945. Fummo Charles ed io i primi a scorgerla (...)"
sabato 28 gennaio 2006 di Emiliano Morrone
[...] Erano quattro giovani soldati a cavallo, che procedevano guardinghi, coi mitragliatori imbracciati, lungo la strada che limitava il campo. Quando giunsero ai reticolati, sostarono a guardare, scambiandosi parole brevi e timide, e volgendo sguardi legati da uno strano imbarazzo sui cadaveri scomposti, sulle baracche sconquassate, e su noi pochi vivi (...).
Non salutavano, non sorridevano, apparivano oppressi, oltre che da pieta’, da un confuso ritegno, che sigillava le loro bocche, e (...)

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> AUSCHWITZ, QUEL GIORNO - 70 anni fa l’esecuzione dell’ufficiale polacco Witold Pilecki, rivelò orrori Auschwitz (di Marco Patricelli)..

lunedì 28 maggio 2018

70 anni fa l’esecuzione di Pilecki, rivelò orrori Auschwitz

Dopo la lotta antinazista fu perseguitato dal regime stalinista

di Marco Patricelli, storico *

(ANSA) - TRIESTE - Un colpo di pistola alla nuca, in una buia cella sotterranea della prigione di Varsavia. Il 25 maggio 1948 veniva ucciso così da un boia in uniforme, che veniva per questo ricompensato con la tariffa standard di 1000 zloty, il capitano di cavalleria Witold Pilecki. Un uomo che non aveva esitato a sacrificare tutto, persino la sua vita, per la libertà. E non è un modo di dire.

L’ufficiale polacco nel 1940 era andato di sua volontà ad Auschwitz per una missione segreta: scoprire cosa accadesse davvero nel lager nazista, informare gli Alleati, organizzare una rete di resistenza, scatenare una rivolta al momento più opportuno. Pilecki, uno dei fondatori del movimento clandestino polacco dopo l’invasione tedesca e sovietica del 1939, si era fatto arrestare come fosse per caso durante una retata dei tedeschi nelle vie di Varsavia, il 19 settembre 1940. Aveva assunto la falsa identità di Tomasz Serafinski ed era stato deportato ad Auschwitz, dove subito il sistema criminale nazista si era manifestato nella sua incredibile ferocia. Quello che fino ad allora era riuscito a filtrare all’esterno era nulla rispetto a ciò che avveniva quotidianamente sotto i suoi occhi.

A novembre Pilecki-Serafinski era riuscito a far uscire il suo primo rapporto su Auschwitz che, attraverso un contorto itinerario che dalla Polonia occupata arrivava nella Svezia neutrale, era finalmente giunto nel marzo 1941 a Londra dove si trovava il governo polacco in esilio. Tutto quello che era scritto in quel rapporto, subito classificato, era assolutamente vero, ma venne ritenuto esagerato. Tutto quello che Pilecki raccontava invece era storia: una galleria degli orrori che non aveva precedenti.

Il suo era il primo rapporto in assoluto su Auschwitz.

Pilecki riuscirà a informare altre volte gli Alleati sulle punizioni collettive, le deportazioni, le stragi di massa al Muro della morte o nelle camere a gas, la Shoah, ma non otterrà mai ciò che chiedeva: un attacco aereo che innescasse la rivolta dei detenuti, aiutati dall’esterno dall’esercito clandestino polacco. Per questo aveva lavorato creando una ramificata rete di resistenza che arriverà a contare migliaia di aderenti infiltrati in tutti i settori nevralgici del lager.

Quando il dipartimento politico delle SS scoprirà l’esistenza di questa organizzazione, Pilecki sarà costretto a evadere. Dopo 947 giorni di prigionia inumana, nei quali più volte è scampato alla morte, alle selezioni, alle malattie, ai capricci dei sadici, Pilecki scapperà rocambolescamente assieme a due compagni, che poi con lui combatteranno nella disperata rivolta di Varsavia di agosto 1944. Dopo la resa, per Pilecki si apriranno le porte di un campo di concentramento per ufficiali, ma ancora una volta l’uso di un falso nome gli permetterà di non essere identificato come il prigioniero di Auschwitz 4859.

Alla fine della guerra Pilecki sarà in Italia, dove si trova l’esercito polacco del generale Anders. Scrive nel 1945 a Porto San Giorgio il suo rapporto definitivo su Auschwitz, che oggi è uno spaccato di verità. La Polonia, intanto, è stata occupata dall’Armata Rossa, Stalin ha insediato un governo comunista, il processo di sovietizzazione è spietato e sanguinoso con fucilazioni, imprigionamenti, deportazioni. Occorre creare una rete di resistenza che permetta alla Polonia di sperare in un futuro di libertà e di democrazia. Pilecki, che ha combattuto oltre ogni immaginazione il nazismo, si offre volontario per combattere il comunismo. In Polonia c’è la moglie Maria, che non vede da anni, ci sono i figli Andrzej e Zofia. Ricrea il sistema di resistenza di Auschwitz ma i servizi segreti comunisti sono sulle sue tracce. Viene arrestato, orrendamente torturato, tenta il suicidio in carcere ma non si piega. Allora lo processano, in un classico processo-farsa di stampo sovietico: il pubblico ministero non è neppure laureato in legge, la corte non è regolare, l’accusa non ha bisogno di testimoni e la difesa non può citarli perché o sono morti o sono in carcere. Tutto quello che Pilecki ha fatto ad Auschwitz è cancellato e i meriti assegnati a Jozef Cyrankiewicz, premier della Polonia sovietizzata (nel 1970 persino presidente della Repubblica). Il quarantasettenne Witold Pilecki viene condannato tre volte a morte.

La sera del 25 maggio 1948, settanta anni fa, il "criminale traditore al servizio di una potenza straniera", il "nemico del popolo" è giustiziato e sepolto nella notte in un luogo segreto del cimitero di Varsavia. Su di lui cala una cappa di silenzio durato decenni. Il suo corpo non è mai stato ritrovato. (ANSA).

* ANSA, 25.05.2018


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