Il vero bersaglio
di MARINA BERLUSCONI (La Stampa, 6/10/2008)
Gentile Direttore,
nell’editoriale di ieri sulla Stampa, «Wall Street, Main Street», Barbara Spinelli avanza critiche severe nei miei confronti in relazione a una recente intervista. Per evitare equivoci, premetto innanzitutto l’ovvio: le critiche non solo sono legittime, ma vanno sempre tenute in considerazione, a maggior ragione se provengono da firme tanto illustri. Il problema è che Barbara Spinelli mi attribuisce cose che non ho mai detto e che soprattutto non ho mai pensato.
Sostenere, come ho fatto nell’intervista, che i governi hanno il diritto-dovere di decidere, tanto più di fronte a una crisi finanziaria di dimensioni epocali, non mi pare affermazione né particolarmente «singolare» né da «militante politica», quale non sono. Ma soprattutto non significa affatto, come invece mi contesta Barbara Spinelli, pensare che l’emergenza autorizzi decisioni che mettano da parte le regole democratiche. Grazie ai valori ai quali sono stata educata, non ho mai dubitato sul fatto che non ci sia alcuna incompatibilità - ci mancherebbe - tra responsabilità decisionali di un esecutivo legittimamente in carica e rispetto delle regole che governano una democrazia, e che imboccare scorciatoie invocando cause di forza maggiore sia una strada estremamente pericolosa, anzi, del tutto inaccettabile. Altro che «questione marginale»!
Nell’intervista, molto più semplicemente, affermavo che, a maggior ragione in un momento in cui i governi sono chiamati ad affrontare nodi delicatissimi e legittimamente dibattuti, con conseguenze rilevanti non solo sul sistema economico, per l’Italia sarebbe ancora più utile un’opposizione che eserciti il suo diritto di critica e il suo dovere di proposte alternative, senza ritornare a vecchie parole d’ordine che sembravano finalmente superate, senza gridare al rischio di regime come ha fatto negli ultimi 15 anni (ulteriore conferma, peraltro, che di regime non c’è traccia). Mi pare, del resto, che anche a sinistra non tutti abbiano apprezzato questi allarmi.
Leggendo l’editoriale, piuttosto, sorge lecito il dubbio che sia proprio l’autrice a considerare come elementi in contrapposizione e non conciliabili la dialettica democratica da una parte e la responsabilità di decidere dall’altra. Quasi che il confronto fosse davvero tale solo se si escludono a priori scelte che non siano unanimi: un equivoco paralizzante responsabile di guasti notevoli anche nella storia recentissima del nostro Paese.
Non mi stupisce il fatto che Barbara Spinelli, come peraltro dal suo scritto si rileva esplicitamente, critichi me per colpire un bersaglio ben più importante. Ma almeno non lo faccia attribuendomi posizioni che non sono mai state le mie. E non arrivi addirittura a evocare una sorta di parallelo con l’ascesa del nazismo. Questa sì, mi sia permesso, un’operazione - per usare le parole dell’editorialista - «parecchio infelice».