Il caso.
Filosofi senza fondi per la ricerca. Fanno discutere gli ultimi finanziamenti
Diffusa la classifica dei progetti Prin sostenuti dal Miur con 11 milioni. Nell’area che comprende quasi tutta la filosofia bocciato ogni progetto legato alla disciplina
di Andrea Lavazza (Avvenire, sabato 27 novembre 2021)
La filosofia ha ritrovato qualche visibilità pubblica nel dibattito (acceso) sulla legittimità di alcune misure di prevenzione della pandemia e cerca di ritagliarsi quel ruolo civile e politico che le compete, tra tante voci scomposte, incoerenti e senza capacità di analisi. Ma in filosofia la proiezione pubblica del pensiero viene dallo studio, dall’approfondimento e dal confronto che si fanno nell’università. Senza quel retroterra, la disciplina langue e i suoi esponenti saranno di basso profilo.
Per questo ha suscitato sorpresa e rimostranze in molti ambienti accademici la recentissima pubblicazione delle graduatorie per l’assegnazione dei fondi Prin. Si tratta dei finanziamenti che il Miur mette a bando per i migliori progetti di ricerca universitari, divisi per macroaree. Nella cosiddetta SH5, che raggruppa la maggior parte delle materie filosofiche insieme alla letteratura, gli studi classici e comparatistici, la storia delle arti, dell’architettura e della musica, tra i 24 progetti premiati con oltre 11 milioni di euro complessivi non ve n’è nemmeno uno promosso da filosofi. A memoria di tutti i docenti interpellati non era mai successo. Non si parla ovviamente di ordinare i settori disciplinari per importanza, a essere valutati erano le singole proposte di attività di ricerca, secondo oggetto e modalità di svolgimento. Ma colpisce che la filosofia, con il 10% dei 253 progetti presentati, non abbia raccolto nulla.
Sottovalutati i temi dell’etica
Qualche maligno attribuisce il risultato negativo a qualche isolato e presenzialista “avversario del Green pass” e all’avversione che può avere suscitato verso la disciplina, ma la comunità filosofia ha reagito con tempestività e con contributi di valore, mostrando al contrario di quanto bisogno vi sia di buone elaborazioni concettuali anche di fronte a un’emergenza sanitaria.
“C’è da chiedersi se la politica culturale italiana voglia ancora promuovere le humanities e la riflessione etica in particolare, proprio in un momento in cui di etica si parla tanto e di buona etica c’è grande necessità”, riflette Adriano Fabris, docente ordinario a Pisa, presidente della Società italiana di filosofia morale e visiting professor in molte università internazionali. “Sembra siano in gioco trasparenza e competenza. Trasparenza perché non è ben chiaro quali criteri utilizzi il Comitato dei Garanti che al ministero dell’Università e della Ricerca nomina i revisori, italiani e internazionali (questi giustamente anonimi). Competenza, perché molti giudizi paiono opachi, non adeguatamente motivati, a differenza di ciò che accade nella valutazione qualitativa della ricerca (Vqr), e mostrano anche notevole approssimazione e scarsa conoscenza della discussione internazionale”.
Sulla stessa linea Pasquale Porro, dell’università di Torino, tra i massimi medievisti, già alla Sorbona, vincitore di numerosi progetti e direttore di riviste e collane internazionali: “Credo con convinzione nella cultura dei bandi competitivi, e ritengo (come nel caso dell’ERC) che faccia parte di questa cultura accettare i risultati delle valutazioni, qualunque essi siano. L’importante però è che la competizione sia davvero tale, e non squilibrata: è un’evidente anomalia statistica che nessuno dei progetti filosofici afferenti al settore SH5 sia stato ammesso al finanziamento, mentre siano stati premiati soprattutto i progetti relativi a un altro ambito disciplinare appartenente allo stesso settore”.
Troppe asimmetrie di giudizio
Aggiunge Mario De Caro, professore a Roma Tre, già a Harvard e MIT e vicepresidente della Consulta nazionale di filosofia: "Al di là delle questioni di merito su parecchie valutazioni francamente inadeguate, nei processi valutativi qualche stortura è inevitabile, e ormai ciò che è fatto è fatto. Per il futuro, però, sarebbe bene che il Ministero normalizzasse i risultati delle valutazioni delle diverse aree: se in una determinata area ci sono tanti progetti che ottengono il massimo dei punteggi e in un’altra non ve n’è nessuno, siamo di fronte un evidente problema di asimmetria dei criteri di giudizio. Un problema, questo, che per la VQR è stato risolto, appunto, con la normalizzazione. Sarebbe molto auspicabile che si facesse altrettanto per il prossimo Prin".
Andrea Staiti, già Professore al Boston College, rientrato in Italia con il programma "Levi Montalcini" per il ritorno dei cervelli e professore associato di filosofia morale all’Università di Parma, esemplifica così con il suo progetto: “Il voto, tra i tre ricevuti, assegnato da un collega internazionale è stato quello più alto, rispetto a quelli dei colleghi italiani. Inoltre, viene dato ‘appena sufficiente’, senza addurre motivazioni ulteriori, alla voce Sfide che la ricerca affronta sotto il profilo dell’incidenza sull’innovazione tecnologica, sulle applicazioni industriali, sulla crescita economica ovvero sulla soluzione di problemi sociali, sulla protezione dell’eredità culturale o dell’ambiente anche con approcci interdisciplinari. Questa però è una valutazione della filosofia come disciplina, non del progetto particolare. Viene anche sostenuto che il tentativo di produrre una teoria filosofica della responsabilità ‘non è molto originale’. Varrebbe la pena sollevare una domanda su cosa il valutatore intenda con ‘originalità’ in filosofia (è necessariamente non originale occuparsi del libero arbitrio o dell’idea di giustizia?) e notare che il valutatore internazionale ha espresso parere opposto”.
La ricerca filosofica esclusa dai fondi del Pnrr?
Commenta Beatrice Centi, docente a Parma, già alla Normale di Pisa, e attuale presidente della Consulta nazionale di filosofia: "Valutare dal punto di vista applicativo i progetti di ricerca filosofici appare spesso molto problematico ed è questa una voce che può rendere inefficaci valutazioni anche molto positive di altri aspetti dei progetti".
“Il punto più critico - conclude Fabris - è che di fatto si svaluta la filosofia nelle sue declinazioni - teoretica, morale, politica - a favore di una discipline tecnico-applicative che sono importantissime ma non possono occupare tutto lo spazio della ricerca. Tra i ‘bocciati’ ci sono infatti figure autorevoli a livello internazionale. Soprattutto, preoccupa adesso che cosa accadrà con i fondi del Pnrr. Si parla di 7 miliardi per l’università e di 760 milioni per il prossimo programma di Prin a partire dal 2022. Dobbiamo forse prendere atto che la filosofia non è degna di ricevere sostegno per la ricerca? Se è così, ci venga detto apertamente”.