Dibattito.
Ruini: l’essere umano non è paragonabile ad animali e macchine
Intervento del cardinale Ruini su un libro del filosofo Agazzi: l’uomo è altro rispetto a natura e IA, perché è capace di speranza. La cultura attuale non riesce a coglierne la verità
di Camillo Ruini (Avvenire, martedì 26 settembre 2023
Evandro Agazzi è attualmente uno dei più importanti filosofi italiani e di certo il maggiore filosofo della scienza. A coronamento della sua molto lunga e feconda attività di studioso ha pubblicato alcuni libri, da ultimo La conoscenza dell’invisibile (2021) e Dimostrare l’esistenza dell’uomo (2023), che riassumono in forma unitaria le linee principali della sua riflessione filosofica. Cercherò qui di presentare e valutare brevemente il più recente di questi libri. Il suo titolo, “Dimostrare l’esistenza dell’uomo”, ha un sapore paradossale, perché la nostra esistenza è quanto di più evidente e immediato ci è dato conoscere. In realtà questo titolo allude al fatto che affidandosi unicamente alla scienza e alla tecnologia non si riesce a comprendere e indagare quella decisiva differenza per la quale possiamo affermare che «l’uomo non è né una macchina né un puro e semplice animale». Il libro è quindi un’antropologia filosofica. Il primo problema preso in esame è quello dei rapporti tra l’uomo e la natura: per quanto essi siano profondi non possono comportare la riduzione dell’uomo alla natura, come vorrebbe l’opinione oggi più diffusa. A parere di Agazzi vi si oppone quell’aspetto essenziale della nostra identità che è rappresentato dalla consapevolezza di essere liberi.
Il libro ritorna spesso sulla questione della libertà. Molto importante, in particolare, la distinzione tra libertà di scelta, detta anche libero arbitrio, e libertà d’azione. La prima è la libertà radicale senza la quale non potrebbero esistere né la moralità né la responsabilità. La seconda invece ammette molteplici limitazioni. Il pensiero moderno ha purtroppo identificato la libertà con la libertà d’azione e per questa via limita sempre più la nostra libertà, fino a ridurla a una pia illusione. Esito paradossale perché, proprio mentre riduce progressivamente l’uomo a un semplice essere naturale privo di libertà, la cultura moderna celebra la dignità dell’uomo e proclama un numero crescente di diritti umani. Ma, si chiede giustamente Agazzi, come si possono conciliare questa dignità e questi diritti con l’idea che l’uomo è un semplice animale, o addirittura una macchina? A mio parere questa contraddizione interna va assolutamente superata, se vogliamo aprire al futuro la nostra civiltà.
Un altro argomento molto interessante è quello della persona, più precisamente del rapporto tra uomo e persona. Agazzi ricorda anzitutto che il termine “persona” è divenuto un profondo concetto filosofico grazie all’opera dei Padri della Chiesa che lo hanno impiegato per precisare il significato dei due misteri fondamentali della fede cristiana, quello trinitario (tre Persone in una natura) e quello cristologico (una Persona in due nature). Lo spessore ontologico del concetto di persona si è poi trasferito sul concetto di uomo, fino alle varie dichiarazioni e rivendicazioni dei diritti umani che hanno caratterizzato gli ultimi due secoli. Nel nostro tempo si è giunti però a teorizzare una separazione tra l’uomo e la persona, nel senso di una differenza tra il concetto di uomo e il concetto di persona, in virtù della quale non ogni uomo, per il fat-to stesso di essere uomo, sarebbe una persona. Per conseguenza la dignità e i diritti riconosciuti alla persona non vengono automaticamente riconosciuti a tutti gli uomini. Agazzi confuta con un’analisi rigorosa la possibilità di separare l’uomo dalla persona e ne deduce alcune conclusioni in ambito bioetico: l’aborto e la soppressione di embrioni umani sono inevitabilmente soppressioni di persone.
Una questione attualmente molto dibattuta è quella della cosiddetta “intelligenza artificiale”. È diffusa l’idea che essa potrebbe emulare e poi superare l’intelligenza naturale dell’uomo. In realtà tra le due esiste una differenza radicale: una proprietà fondamentale dell’intelligenza naturale è infatti l’intenzionalità, che invece non può essere presente nell’intelligenza artificiale, come Agazzi ha compreso e affermato per primo, già molti anni fa. Cosa si intende per “intenzionalità”? Si tratta di un concetto già presente nella filosofia scolastica medioevale e poi ripreso dai filosofi tedeschi Franz Brentano ed Edmund Husserl, il cui significato è essere indirizzato verso un oggetto. Essendo priva di intenzionalità l’intelligenza artificiale non è e non potrà mai essere un’autentica intelligenza. Non ha senso, quindi, chiedersi se essa potrà superare l’intelligenza umana. Ciò non toglie che l’intelligenza artificiale, in concreto i computer la cui potenza di calcolo sta crescendo vertiginosamente, renda a noi possibile risolvere problemi che senza di essa non avremmo potuto in alcuno modo affrontare.
Agazzi dedica grande attenzione e spazio al mondo della cultura. In particolare le molte pagine in cui parla della musica sono una vera ricchezza di questo libro che, occupandosi dell’esistenza dell’uomo, è «inesorabilmente approdato al tema centrale di qualunque antropologia filosofica», cioè al problema del senso della nostra esistenza, che richiede qualche comprensione della morte perché «l’escatologia costituisce il cuore di ogni antropologia». Vengono pertanto analizzati con cura i concetti di morte, vita, esistenza, immortalità, come anche quello di felicità. Da ultimo Agazzi tratta dell’esperienza del sacro, della fede come fiducia in Colui che incontriamo in tale esperienza e della speranza come caratteristica specifica della natura umana: infatti soltanto l’uomo spera. Le ultime righe del libro chiariscono definitivamente il suo significato: «Dimostrare l’esistenza dell’uomo, ossia presentare argomenti di evidenza fenomenologica (come il fatto empirico della risurrezione di Gesù e l’esperienza del sacro) per convalidare l’immagine dell’uomo come viatore (come un essere in cammino) in cui alberga la speranza (ancorata nella fede in Cristo) che dopo il viaggio in questa vita ci sarà l’approdo in una esistenza al di là della morte e del tempo».
DOC. - L’Occidente ha perso la ragione. Giulio Meotti intervista Michel Onfray *
Attraverso la finestra dell’ufficio da cui scrivo, a Caen, vedo l’Abbazia degli uomini. Se vado sul balcone, vedo l’Abbazia delle donne. A poche centinaia di metri, in linea d’aria, si trovano i bastioni del castello in cui si erge ancora un magnifico edificio, la Sala dello Scacchiere. Queste costruzioni, emblematiche dell’arte anglo-normanna, hanno mille anni e furono costruite durante il regno di Guglielmo il Conquistatore: iniziate nel 1062 e nel 1066, furono consacrate nel 1130 e nel 1077. Guardiamo indietro al XIX secolo: l’architetto catalano Gaudí iniziò la costruzione della Sagrada Família a Barcellona nel 1882, l’anno in cui Nietzsche pubblicò ‘La gaia scienza’ che annunciava la morte di Dio. Consacrata da Benedetto XVI il 7 novembre 2010, la chiesa ha atteso centotrentasette anni per la concessione edilizia... Questo Papa, per ragioni molto oscure, si è dimesso, la fine delle opere strutturali è prevista per il 2026 e quella dei lavori per il 2032! Ciò che Guglielmo il Conquistatore costruì in undici anni nell’XI secolo, gli uomini del XIX, XX e XXI secolo non l’hanno ancora finito. Non è un simbolo?”.
Spirito libero e libertario, di sinistra ma antiprogressista, vocazione anarchica alla Proudhon, ateologo più famoso di Francia ascritto dai giornali della gauche fra i “neoreazionari” per il suo frondismo a favore della civiltà giudaico-cristiana, Michel Onfray torna con “Puissance et Décadence”, quasi un seguito di quella “Decadenza” (Ponte alle grazie) che gli ha riscosso un notevole successo di pubblico. “Uno dei segni della decadenza è la sua negazione da parte dei decadenti”, racconta Onfray in questa intervista al Foglio. “Coloro che si sforzano di proclamare che tutto va meglio lo fanno secondo criteri puramente quantitativi. Non viviamo più a lungo? L’aumento dell’età media non è una prova?”. Il ritrovamento di una scatola piena di quaderni di scuola degli anni Cinquanta ha stupito Onfray: “Tra ciò che si insegnava e si imparava allora e la polenta di correttezza politica inghiottita oggi dalle classi primarie dove la priorità non è l’apprendimento della grammatica o dell’ortografia ma quella del catechismo wokista che, ad esempio, invita i bambini a cambiare sesso secondo la loro ‘scelta’ o a smistare la spazzatura in nome del cambiamento climatico che esiste da milioni di anni sul pianeta, è possibile un confronto? La condizione delle donne non è migliorata? Sì, certo, ora possono comprare bambini da donne povere che, in questa o quella parte del pianeta, vendono ovociti e affittano il loro utero. Ora possono scegliere i bambini da catalogo e possono anche approfittare dei saldi per acquistare un neonato a un prezzo d’occasione, come durante il Black Friday presso la clinica ucraina Bio TexCom nel 2021”.
Ma c’è più tolleranza. “Ma la tolleranza non è forse diventata la religione di un’epoca senza religione al punto da non tollerare più nulla al di fuori di questa tolleranza? Il pensiero unico woke è inculcato dall’Educazione Nazionale, dalle università che presenta la loro militanza come scientifica, dalla ricerca cosiddetta ‘scientifica’ che sovvenziona soldatini ideologizzati, dall’industria della cultura di massa, dai media del servizio pubblico, dal mondo della pubblicità e del cinema, dal mondo degli schermi. Tuttavia, in nome della tolleranza, chi sfugge a questa ideologia dominante passa per un uomo di destra, quindi di estrema destra, quindi fascista, quindi per un nazista che fa il gioco della famiglia Le Pen!”. Onfray ne ha anche per il Vaticano. “La chiesa del Vaticano II rinuncia al sacro per trasformarsi in dispensatore di moralità moralizzante. Allo stesso modo in cui Diderot giudicò il crollo del cristianesimo notando che la produzione di ostie era crollata nel suo secolo, si può dedurre che il cristianesimo, che non è più in grado di completare una cattedrale in tre secoli, è in uno stato di morte cerebrale. Nelle sue lezioni di filosofia della storia, Hegel ha messo in luce la dinamica delle civiltà. Tutti conoscono i dipinti sublimi della grotta Chauvet, gli allineamenti preistorici dei megaliti, le piramidi egizie, l’agorà greca, il foro romano, le cattedrali europee. Tutto questo testimonia che le civiltà nascono, crescono, vivono, conoscono un momento di acme, poi iniziano una discesa che si rivela una caduta prima della scomparsa e della sostituzione con un altro momento tra una civiltà che si allontana e un’altra che arriva”. Cosa annuncia la nostra civiltà? Cosa dice di ciò che la seguirà? “Potrebbero esserci ancora degli sconvolgimenti per questo occidente minacciato da altre civiltà: in questa lotta dovremo fare i conti con la Cina confuciana, l’Africa animista, l’India indù o la Turchia musulmana, che stanno sviluppando strategie per la propria cancellazione dell’occidente giudaico-cristiano. Aggiungo che la demografia testimonia nel senso di questa abolizione dell’Europa giudaico-cristiana a favore di un territorio dove l’Islam sarà la religione dominante”. Onfray cita De Gaulle che disse a Malraux: “‘Nessuna civiltà ha posseduto un tale potere e nessuna è stata così estranea ai suoi valori. Perché conquistare la Luna, se è per suicidarsi?’. Malraux e De Gaulle videro che con il maggio ’68 il crollo della nostra civiltà stava precipitando. Entrambi cercarono di reagire”. Quale crisi culturale stiamo vivendo? L’opinione pubblica è consapevole della crisi antropologica? “No e una cosa del tutto normale, come la morte di una regina quasi centenaria, è semplicemente la fine di un mondo perché le civiltà sono mortali, nessuno dovrebbe ignorarlo poiché Paul Valéry ha formulato chiaramente la diagnosi. La nostra civiltà giudaico-cristiana ha duemila anni, si unirà alla civiltà greco-romana nel cimitero delle rovine delle civiltà morte accanto alle civiltà di Assur, Sumer, Babilonia, Egitto, ecc. Dobbiamo far posto a una nuova civiltà che sarà probabilmente quella del transumanesimo inventato sulla costa occidentale degli Stati Uniti”. Secondo Onfray siamo nella profezia ontologica di Michel Foucault ne “Le parole e le cose”: “‘Mettere fine all’uomo’. Questo nuovo Uomo Nuovo è una creatura sintetizzata nell’opera di Sade: senza Dio, senza anima, senza libero arbitrio, senza moralità, senza umanità, è un eroe delle ‘120 giornate di Sodoma’, una specie di macchina del desiderio post-cristiana che non teme né Dio né il diavolo, che non crede né al paradiso né all’inferno, né al bene né al male”. Non ci sono qua e là sacche di resistenza a questa postmodernità ? “Niente resiste alla morte... Quando un uomo muore, è stato reso possibile da una stirpe di cui porta in sé le eredità e lo rende possibile con i suoi discendenti. Il wokismo e la cancel culture che preparano il terreno alla continuazione mantengono dalla civiltà che essa distrugga un grande dispositivo: quello dell’ingranaggio della colpa, della confessione, della resipiscenza, della rigenerazione. E’ l’orizzonte dell’ambientalismo che permea la nostra fine di civiltà”.
Nel libro attacca la maternità surrogata. Che significarto ha? “Nichilismo: quando l’essere umano diventa una cosa trasformata in merce, è perché l’eugenetica governa. Acquistare figli, affittare uteri, commercializzare ovociti e spermatozoi, abortire fino al termine per motivi psicosociali come si è votato in Francia all’Assemblea Nazionale, è istituire una franca eugenetica che ricorda il peggio del XX secolo!”. Qual è l’obiettivo finale della teoria del genere? “Artificializzare la vita e distorcerla, cancellare la natura a beneficio della cultura, in modo che questo artificio possa essere manipolato intellettualmente e venduto commercialmente. Se non c’è più né uomo né donna, né maschile né femminile, ma solo progetti di essere uomo o donna, a seconda dell’ora del giorno e del momento della vita, allora che dire del pene e della vagina, dello sperma e delle uova: Sono solo costrutti culturali? Questo nichilismo della carne si smentisce poiché il cambio di sesso passa attraverso la terapia ormonale, abbinata alla chirurgia, il che dimostra che sono gli ormoni ad aprire la strada, cioè una sostanza naturale, anche quando viene sintetizzata in laboratorio”. Eppure, l’occidente è oggi difeso da molti. “L’occidente è un pianeta, l’Europa giudeo-cristiana e i suoi satelliti: le Americhe, l’Australia, la Nuova Zelanda e tutti coloro che vivono secondo il principio di questa defunta Europa costruita dal cristianesimo. Come un bambino sopravvive alla morte dei suoi genitori sublimandoli, questa Europa morta continua a vivere in California dove, pensando ai boss della Gafam, a Musk, il futuro del pianeta si gioca attraverso il transumanesimo”. Intanto prolifera una nemesi storica della civiltà europea: l’islam... Ma lei scrive che i conquistatori rilevano solo un’area che è già morta. “L’islam fa il lavoro di ripulire l’Europa decadente”, ci dice Onfray. “Spinge e fa cadere un muro già incrinato e pieno di fessure. I musulmani che portano avanti un progetto di sostituzione della civiltà, cioè i dottrinari dell’islamismo, sono meno forti nelle loro stesse forze che nella nostra debolezza. Gli islamisti si accontentano di essere d’accordo con la nostra cricca nichilista: la prendono in parola. ‘Non perdi occasione per dire che sei detestabile, in quanto colonialisti, fascisti, petainisti, vichysti, antisemiti, collaborazionisti? Hai perfettamente ragione, ecco perché ti odiamo’, dicono gli islamisti”.
Ma se, mentre scrivi, la battaglia è persa, perché combatterla? “Quello che accadrà è già scritto in due libri: ‘1984’ di Orwell e ‘Il mondo nuovo’ di Huxley. Non possiamo dire di non essere stati avvisati”. E Putin? “E’ uno choc religioso, se non teologico, intraeuropeo, una sorta di guerra di civiltà dello spazio geografico europeo che si oppone a tre modi di essere cristiani: cattolici, protestanti, ortodossi. L’Europa oggi è di ispirazione protestante, come gli Stati Uniti. Il cattolicesimo protesta visibilmente con Papa Francesco, un gesuita che lavora per il cosmopolitismo, l’immigrazione e il multiculturalismo”. Perché restare in Normandia ? “Mille anni di radicamento... discendo da un vichingo arrivato dal nord, probabilmente la Danimarca, mille anni fa. E’ una regione semplice e umile che non lascerò”. Ricorre all’immagine del Titanic. “La barca si muove a un ritmo che non può prevenire la collisione con l’iceberg. Le percussioni sono inevitabili. Il capitano non può fare nulla per ostacolare il destino della sua nave: spegnere i motori, fare retromarcia, girare il più possibile a sinistra o a dritta, niente aiuterebbe, il Titanic sta per speronare la montagna di ghiaccio alla deriva nel mare. E’ inevitabile. La nostra civiltà si sta dirigendo verso il suo destino che è il naufragio. Ci sono diversi modi per reagire: panico, urla, pianti, lacrime, percosse, la natura umana che prende il sopravvento, l’uomo che mostra, sotto una vernice fragile, di essere davvero un lupo per il suo prossimo. Ciò che sembrava civiltà e cortesia, moralità e cortesia non dura più di cinque minuti di fronte alla catastrofe. Vediamo nascere dal vortice di panico dei falsi profeti che vociferano che bisogna calmarsi: loro hanno la soluzione, loro sono la soluzione. Sono uomini provvidenziali: devi ascoltarli e tutto andrà bene. Ci sono le barche, andiamo con ordine, e finché obbediamo salveranno tutti, salveranno il mondo. Una voce lucida fa notare che le barche a remi non basteranno... L’uomo provvidenziale grida che non si devono ascoltare gli uccelli del malaugurio, che le Cassandre siano gettati in mare come un priorità. Se per caso ci fosse una sola possibilità per salvarsi dal naufragio, sarebbe da scappare. Tuttavia, non ce n’è. Una civiltà non muore per colpa di chi se ne impossessa, ma perché i conquistatori entrano in una zona già morta, intellettualmente corrotta, spiritualmente marcia, culturalmente brulicante di vermi, moralmente decomposta. Nessuno conquista mai altro che rovine. La pulsione di morte ha ucciso la pulsione di vita. Baciamo il cobra sulla bocca”.
E ancora: “La scuola che indottrina fin dalla tenera età, ricerca che non trova altro da fare che adornarsi delle piume della scienza per svolgere l’opera di custode della vera fede. Dobbiamo guardarci dagli inganni. La logica del cavallo di Troia permette agli attori della decadenza di avanzare con la scusa dei buoni sentimenti. L’ecologia urbana, che ignora tutto ciò che riguarda la natura e i suoi legami con il cosmo, si rivela l’ala armata dell’ibridazione, compresa la sessualità, ibridazione e cosmopolitismo, che dissolvono nel loro acido ciò che restava della comunità a vantaggio di una giustapposizione di individualità narcisistiche, egoiste, ignoranti ma, ciò che conta, consumistiche, con la morte”. Il prossimo transatlantico sarà quello del transumanesimo? “Siamo nel mezzo: il Titanic sta affondando, la prossima nave è all’orizzonte. Resta, intanto, l’azione girondina che è la costruzione della resistenza alle metastasi del nichilismo. Cominciare a far sì che la decadenza non ci attraversi sarebbe già molto. La Boétie ci ha insegnato che la nostra servitù è volontaria”.
* Fonte: "informazione corretta (ripresa parziale senza immagini).