“La riforma si fa solo con noi”
Bersani attacca la Lega e avvisa il Terzo polo: attenti che ci ritroviamo Berlusconi al Quirinale
di Car. Ber. (La Stampa, 05.02. 2011)
Al padiglione nove della nuova Fiera di Roma Pierluigi Bersani arriva bello carico dopo lo stop giunto all’ora di pranzo dal Colle al decreto del governo sul federalismo. Un buon viatico per cominciare nel migliore dei modi quest’assemblea programmatica con cui il Pd intende lanciare la sua «proposta al paese». Tanto più che dalla minoranza di Veltroni il segretario non si aspetta troppi sgambetti in una fase così scivolosa dal richiedere il massimo di unità sotto l’ombrello della «ditta». E dunque ha buon gioco Bersani a lanciare la domanda retorica su «cosa succederebbe in Italia se sul Colle non ci fosse una persona consapevole della sua funzione istituzionale come lo è Napolitano». Così come ha buon gioco nel lanciare l’appello «Fermatevi! Non si può forzare la mano su un tema così delicato». Attaccando subito la Lega che sulla Padania ha fatto pubblicare le foto di tutti i parlamentari del Pd e del Terzo Polo che hanno votato contro il federalismo, sotto il titolo minaccioso ed eloquente «Ecco chi ci ha tradito».
«Se la Lega - reagisce il segretario - pensa di intimorirci, ci metta pure la mia di foto, perché noi abbiamo respirato autonomia fin da piccoli e le lezioni non le accettiamo, tanto meno da chi da 10 anni puntella palazzo Grazioli». Con una chiosa che vuole essere un avvertimento, «il federalismo non lo farete mai con Berlusconi, perché a lui non interessa il federalismo, ma i vostri voti, e li userà per il processo breve o per difendere la cricca di Roma. E dunque il federalismo non si fa senza di noi e senza le nostre proposte». In realtà a stemperare la baldanza del leader ci pensa un altro dei leader della minoranza Pd, Beppe Fioroni, convinto invece che «l’atto dovuto di Napolitano» non si trasformerà in uno stop alla riforma, che sarà varata lo stesso nei passaggi in aula con i voti della maggioranza. Con quelli che il costituzionalista Stefano Ceccanti vicino a Veltroni definisce «otto spot per la Lega alla Camera e al Senato per i quattro decreti sul federalismo da qui al prossimo autunno».
Ma al di là della controversa riforma, il leader del Pd alza i toni quando mette il dito nella piaga del caso Ruby, sfoderando una serie di battute che infiammano la platea dei mille delegati. Fino alla standing ovation quando annuncia «noi maschi saremo con le donne in piazza perché conosciamo le nostre mogli, le nostre compagne, le nostre amiche, le nostre figlie. Le rispettiamo come persone e non accettiamo che siano merce da vendere. Non è accettabile dare questo messaggio alle giovani generazioni, qui non c’entra la magistratura: non è accettabile!».
Un passaggio obbligato per lanciare il messaggio che il Pd è pronto a chiedere le elezioni, perché «se ci fosse un passo indietro di Berlusconi, tutti dovrebbero garantire responsabilità, perché oltre Arcore si potrebbe vedere finalmente vedere l’Italia. Se invece prevarranno arroganti tattiche di arroccamento, allora, data l’emergenza, noi chiederemo di restituire agli elettori la parola». E in quel caso per battere l’asse Pdl-Lega, l’unica strada è quella che la Bindi chiama «una grande alleanza civica e democratica».
Quindi, avverte Bersani, i terzopolisti «siano responsabili», perché altrimenti il rischio è che Berlusconi poi vada al Quirinale (la domanda «Cosa ne pensano i radicali?», provoca Pannella che risponde: «Prima di rivolgersi a noi, Bersani si faccia uno spinello»). «Voglio una risposta da queste forze politiche e non la devono dare a me, la devono dare al Paese. Si assumano le loro responsabilità e noi tireremo le somme», spiega Bersani annunciando che dopo questa assemblea il Pd presenterà il suo programma e chiederà un confronto «a tutte le forze di opposizione».
Ma sulla stesura di questo programma pesano alcune iniziative non di poco conto: come quella dei laici che fanno capo a Ignazio Marino che hanno presentato un documento sul riconoscimento delle unioni di fatto firmato anche da Massimo D’Alema. Il quale definisce questo testo «un contributo alla ricerca di una posizione condivisa», ricordando che il tema era già all’ordine del giorno del governo Prodi e che la Bindi ha annunciato che il Pd avvierà un gruppo di lavoro su laicità e diritti. E se invece sul caso Mirafiori Veltroni già ha detto la sua al Lingotto, stavolta toccherà invece all’ex leader Cgil Cofferati che oggi dovrebbe intervenire dal palco per esporre con forza le ragioni del «no». Al punto che dietro le quinte si vocifera che il «cinese» sarebbe pronto a dar vita ad una corrente della sinistra del Pd più incline a dialogare con Vendola.