Artemisia Gentileschi e il suo tempo
Dal 30/11 a Palazzo Braschi i capolavori della grande pittrice
di Nicoletta Castagni *
ROMA - I capolavori più celebrati di Artemisia Gentileschi, grande pittrice caravaggesca e antesignana per eccellenza dell’affermazione del talento femminile, sono in mostra dal 30 novembre al 7 maggio negli spazi di Palazzo Braschi-Museo di Roma. Accanto alle sue opere sono affiancate quelle dei più importanti maestri del suo tempo, da Guido Cagnacci a Simon Vouet a Giovanni Baglione, per illustrare la ricchezza e il fervore creativo nei primi decenni del XVII secolo a Roma. Intitolata ’Artemisia Gentileschi e il suo tempo’, l’esposizione, promossa e prodotta da Roma Capitale-Assessorato alla Crescita culturale-Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e da Arthemisia Group, è stata organizzata con Zetema Progetto Cultura sviluppando un’idea di Nicola Spinosa, esso stesso curatore per la sezione napoletana, mentre il periodo fiorentino è stato affrontato da Francesca Baldassari e quello romano da Judith Mann.
Dunque un’impresa corale che ha portato a una selezione capace di coprire l’intero arco temporale della vicenda artistica e umana di Artemisia Gentileschi in un serrato confronto con i suoi illustri contemporanei e alla luce delle scoperte critiche più recenti, che ancora una volta ribadiscono il suo ruolo di protagonista, non solo a Roma, ma anche a Firenze, Napoli, nonché nelle intense parentesi veneziana (su cui c’è ancora molto da indagare) e londinese.
Ecco dunque che, attraverso un totale di circa cento opere, si viene a delineare un vero e proprio viaggio nell’arte italiana ed europea della prima metà del XVII secolo, appunto seguendo le tracce di questa pittrice di prim’ordine, intellettuale effervescente che non si limitava alla sublime tecnica pittorica, ma che seppe, quella tecnica, declinarla secondo le esigenze dei diversi committenti e trasformarla dopo aver assorbito il meglio dai suoi contemporanei, così come dai classici, scultori e pittori.
La parabola umana e professionale di Artemisia Gentileschi (1593-1653), del resto continua ad appassionare anche per ciò che simboleggia, vale a dire per la sua figura di donna impegnata a perseguire la propria indipendenza e la propria affermazione artistica contro le molteplici difficoltà e pregiudizi incontrati nella sua vita travagliata.
Dotata di un carattere e una volontà unici, che le consentirono di affrontare il complesso rapporto con il padre Orazio, il più grande tra i caravaggeschi, e il dramma dello stupro, grazie al suo talento, ancora giovanissima e appena giunta a Firenze (da Roma dove aveva lavorato sin da piccola nella bottega paterna), riuscì, la prima del suo genere, a entrare all’Accademia delle Arti e del Disegno. Aprendole le porte al sapere e alla ricerca, Artemisia fu capace di imparare, già grande, a leggere e scrivere, a suonare il liuto, a frequentare il mondo culturale in senso lato. Il percorso espositivo, che documenta una vita e un’epoca eccezionali, si snoda attraverso un centinaio di opere, provenienti da ogni parte del mondo, sia da collezioni private sia da musei.
Oltre ai magnifici capolavori della Gentileschi, come la ’Giuditta che taglia la testa a Oloferne’ del Museo di Capodimonte, ’Ester e Assuero’ del Metropolitan Museum di New York, l’’Autoritratto come suonatrice di liuto’ del Wadsworth Atheneum di Hartford Connecticut, si possono ammirare la ’Giuditta’ di Cristofano Allori della Galleria Palatina di Palazzo Pitti o la ’Lucrezia’ di Simon Vouet (da Praga).
Dopo i dipinti della prima formazione nella bottega di Orazio, seguono quelli degli anni fiorentini, segnati dai lavori dei pittori conosciuti alla corte di Cosimo de Medici come Cristofano Allori e Francesco Furini, Giovanni Martinelli. Alcuni recano echi, e non solo, della sua amicizia e frequentazione con Galileo, e del mondo, allora nascente, del teatro d’opera. Scandite all’interno di un itinerario cronologico, le successive opere di Artemisia sono messe in relazione con quelle dei pittori attivi in quegli anni d’oro a Roma: Guido Cagnacci, Simon Vouet, Giovanni Baglione, fonte d’ispirazione rispetto ai quali la pittrice aggiorna, di volta in volta, il suo stile proteiforme e mutevole.
La mostra si conclude con i dipinti eseguiti nel periodo napoletano, quando ormai Artemisia può contare su una sua bottega, lavori in cui, grazie ai confronti, sarà possibile capire il suo rapporto professionale coi colleghi partenopei: da Jusepe de Ribera e Francesco Guarino a Massimo Stanzione, Onofrio Palumbo e Bernardo Cavallino. Tra questi capolavori primeggia la splendida ’Annunciazione’ del 1630, paradigmatica di tali fiorenti scambi e contaminazioni.