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ITALIA. LA PAROLA RUBATA..... E IL GOVERNO DI UN PARTITO E DI UN MAESTRO UNICO!!! L’ "ITALIA" E’ IL MIO "POPOLO DELLA LIBERTA’": "FORZA ITALIA"!!!

BLOB!!! CHE BEL COLPO ALLO STATO!!! IL POPOLO D’ITALIA IPNOTIZZATO, GIORGIO NAPOLITANO CHE GRIDA "FORZA ITALIA", E SILVIO BERLUSCONI CHE RIDE E RIDE A CREPAPELLE!!! A vergogna del nostro presente, a futura memoria - note e appunti di Federico La Sala

RISCHIESTA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI UN INTERVENTO-MESSAGGIO DI CHIARIFICAZIONE E PACIFICAZIONE AL PARLAMENTO E AL PAESE
giovedì 4 marzo 2010 di Maria Paola Falchinelli
NATO IL PARTITO "FORZA ITALIA", "IL PRESIDENTE DELL’ ITALIA" E’ DIVENTATO UNO SOLO - QUELLO FALSO E MENZOGNERO?!
ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE? GIA’ FATTO!!! Un appello al Presidente Napolitano
"PUBBLICITA’ PROGRESSO": L’ITALIA E LA FORZA DI UN MARCHIO REGISTRATO!!!
PER L’ITALIA E PER LA COSTITUZIONE. CARO PRESIDENTE NAPOLITANO, CREDO CHE SIA ORA DI FARE CHIAREZZA. PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI
ROMA, PARLAMENTO DELLA REPUBBLICA ITALIANA. CAMERA DEI DEPUTATI, 29 settembre 2010: Di Pietro VS (...)

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> BLOB!!! CHE BEL COLPO ALLO STATO!!! --- Governo tecnico senza parlamento, senza senato e con un Eccitatorio (di Marco Filoni - Piccolo dizionario delle parole vuote).

domenica 23 ottobre 2011

Governo tecnico senza parlamento, senza senato e con un Eccitatorio

      • “Lo Stato deve essere l’amministrazione di una grande azienda che si chiama patria appartenente a una grande associazione che si chiama nazione”. No, non è una dichiarazione recente di qualche politico aziendalista. L’ha scritto quasi cent’anni fa Filippo Tomaso Marinetti, che era un futurista e quindi un po’ burlone. Il testo che conteneva queste parole si intitolava, tutto un programma, così: Governo tecnico senza parlamento, senza senato e con un Eccitatorio.


Piccolo dizionario delle parole vuote

“Senso dello Stato”: chi ne parla non ce l’ha

di Marco Filoni (il Fatto, 22.10.2011)

L’ammazzaparole. Ecco il mestiere del lessicografo Henri Cinoc. Per decenni ha cancellato parole, eliminando quelle vecchie e desuete dal dizionario Larousse. Anche noi abbiamo i nostri Cinoc. Peccato però che non provengano dalla penna felice e visionaria di Georges Perec, che s’inventò il personaggio nel suo insuperabile La vita istruzioni per l’uso. No, i nostri sono persone reali in carne e ossa. Loro non cancellano le parole, è vero. Ma fanno qualcosa di più sottile: le svuotano di senso. Certo, una lingua subisce variabili storiche e sociali che la portano a trasformarsi. Eppure vi sono parole che sono concetti, con una storia e un valore da non modificare. Sono parole da difendere. Perché gli italici emuli di Cinoc - facile riconoscerli - nel loro sprezzante abuso del linguaggio producono danni. Del resto aveva ragione il linguista Leo Spitzer quando diceva che le parole sono spie dello stato psichico di chi se ne serve. Ecco perciò un piccolo dizionario delle parole da conservare affinché il blatericcio quotidiano non le saccheggi del loro vero significato.

CONCERTAZIONE . Era una pratica di governo delle relazioni industriali, in cui i sindacati partecipavano alle decisioni di politica economica. Oggi è un problema per le aziende. Un ostacolo da schivare, pena il trasferimento all’estero. Visto lo spirito dei tempi, proponiamo di sostituirla con crowdsourcing: un neologismo che significa un modello di sviluppo in cui si richiede la partecipazione, dal basso, dei soggetti interessati. Magari qualche idea buona viene fuori. Con questo metodo in Islanda ci hanno scritto nientemeno che la nuova Costituzione.

DIALOGO . Da Platone in poi, il dialogo propriamente detto è quello in cui le persone che vi partecipano non sono d’accordo, e intendono mettersi d’accordo. Una vera e propria arte, nella quale con l’ingegno e la retorica si cerca di convincere l’altro, di tirarlo dalla propria parte o confutarlo con argomenti validi. Oggi dialogano soltanto gli interessi, quasi sempre individuali e non della comunità. La politica viene meno alla condizione necessaria del dialogo, cioè l’ascolto. I politici danno voce a monologhi. Il loro è un dialogo muto.

ETICA . Si tratta del giudizio della condotta dell’uomo, i criteri in base ai quali si valutano i comportamenti e le scelte. È associata all’azione, nel senso che l’etica deve indicare i valori che orientano le scelte di chi agisce. Non a caso, per secoli e secoli, l’etica veniva posta di fianco alla politica. Da non confondere però con la morale, perché sono due cose distinte : banalizzando, la morale è individuale (perciò si parla di morali, al plurale); l’etica è il sistema, quindi morale concreta, storica e pubblica. L’etica dovrebbe dar forma a uno stile di vita. Ecco, basterà questa constatazione (e la lettura dei titoli dei giornali) per capire quanto oggi sia totalmente assente dal dibattito pubblico. Ormai si parla di etica associandola non più alle virtù, bensì ai vizi. Aveva ragione Bertold Brecht quando diceva che prima viene lo stomaco e solo dopo la morale. Ma un avvertimento, prezioso, lo ritroviamo nell’esortazione di Bertrand Russel: “Senza moralità civile le comunità periscono; senza moralità privata la loro sopravvivenza è priva di valore”.

INNOVAZIONE . Significa progresso e genera un cambiamento positivo verso il meglio. Cioè l’applicazione degli elevati livelli di conoscenze (tecnologiche, scientifiche, sociali) che garantiscono un miglioramento della qualità della vita dell’uomo. Va da sé, è strettamente legata alla ricerca. Che da noi non se la passa troppo bene. Anzi. Le uniche innovazioni a cui assistiamo sono sempre piuttosto macchinose. Ma se un’innovazione è troppo difficile da introdurre significa che non è necessaria. E poi in Italia non seguiamo la “Legge di Terman” sull’innovazione, variabile applicata della Legge di Murphy: “Se vuoi formare una squadra che vinca nel salto in lungo, trova una persona che salti nove metri, non nove che ne saltano uno”.

ISTITUZIONE . È una cosa seria. E andrebbe riservata alle persone serie. L’istituzione è una sorta di casa dell’uomo nella quale tutti e ciascuno possano riconoscersi e dalla quale possano essere riconosciuti. Istituti umani, quindi politici e sociali. L’istituzione è l’ombra allungata dell’uomo, come la descrisse R.W. Emerson. Oggi l’istituzione, ahinoi, ha assunto la forma farsesca del “Lei non sa chi sono io!”. Peccato. Perché l’istituzione è fatta dalle persone. E pensare che una volta, quando Chirac era presidente francese, al suo passaggio un uomo gli gridò dalla strada connard (stronzo). Lui gli andò incontro con la mano tesa dicendogli: Chirac, c’est moi!

LIBERTÀ . Montesquieu la definì come il diritto di fare tutto quello che le leggi permettono. Nell’Ottocento il filosofo inglese John Stuart Mill lo corresse, dicendo che la libertà consisteva nel fare ciò che si desidera. Pare che qui da noi questa seconda definizione abbia preso il sopravvento. Nonostante la difficoltà di definirla, comunque, si può sostenere che la libertà non è mai fine a se stessa, ed è possibile soltanto in un paese dove il diritto ha più forza delle passioni.

RIFORME . Il riformismo nasce come alternativa alla rivoluzione. Nasce a sinistra, muore a destra. Oggi tutti sono riformisti. Chi per vezzo, chi per virtù. Molti lo sono in stile ottocentesco, il cui motto era “Riformate , affinché possiate conservare”! Il problema non è la riforma in sé: si parte sempre dall’esistente, che può esser sempre migliorato. Il problema è il contenuto e chi fa le riforme. Cavour sosteneva che riformare rafforza l’autorità. Ma se a riformare è un buon governo. Altrimenti aveva ragione Tocqueville, per il quale - l’esperienza insegna - il momento più pericoloso per un cattivo governo è quello in cui comincia a riformarsi.

RIVOLUZIONE LIBERALE Molti la invocano. Quasi fosse una sorta di epifania alla risoluzione di tutti i mali. Nasce come progetto di applicazione delle teorie liberali, da Von Hayek ai sostenitori del laissez-faire. Nella realtà non è mai avvenuta. Gli stessi teorici pongono parecchi distinguo: una tale rivoluzione praticata senza vincoli potrebbe condurre la società a gravi difficoltà. Aveva ragione George Sorel quando affermava che la rivoluzione liberale è un’utopia. Ma alle utopie si può anche credere. Bisogna però far qualcosa affinché si realizzino. Un esempio? I giornali che invocano la rivoluzione liberale perché non rinunciano ai contributi pubblici e si mettono così in regime di libera concorrenza?

SENSO DELLO STATO . Qui siamo messi davvero male. Poche, rarissime eccezioni, sotto i nostri occhi. In generale dovrebbe essere la considerazione per l’incarico che si riveste, colmandolo di virtù affinché venga preso come esempio. Invece oggi è un’attitudine che si può riassumere con una citazione: “Lo Stato deve essere l’amministrazione di una grande azienda che si chiama patria appartenente a una grande associazione che si chiama nazione”. No, non è una dichiarazione recente di qualche politico aziendalista. L’ha scritto quasi cent’anni fa Filippo Tomaso Marinetti, che era un futurista e quindi un po’ burlone. Il testo che conteneva queste parole si intitolava, tutto un programma, così: Governo tecnico senza parlamento, senza senato e con un Eccitatorio


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