Caro Domenico,
il mezzo e il fine non sono mai la stessa cosa. Evito teoresi e passo al sodo. La discussione non può cadere sul linguaggio di Saverio. Anche perché ogni volta che abbiamo denunciato malaffare e gravi responsabilità politiche e amministrative, con numeri, dati, fatti, nomi e prosa lineare, nessuno ha mosso un dito e nulla è cambiato. Nessuno ha pagato per i danni causati. Nessuno. Mentre Saverio e io siamo finiti in tribunale, come altri amici, e nella nostra terra abbiamo subìto la denigrazione generale, grazie a un’informazione che obbedisce supinamente al Palazzo.
La verità - se vogliamo uscire dal politicamente corretto, dal buonismo verbale e dal concetto astratto di democrazia, che presuppone sempre parità di mezzi e modi - è che da noi, a Sud, la dialettica politica è ancora e sempre più tragicamente dominio illegale, sopraffazione, violenza e coercizione da parte di aggregazioni che "chiamansi partiti". Equivalenti alla mafia, avrebbe concluso Leonardo Sciascia.
Mio padre, malato e anziano, è stato aggredito l’estate scorsa: un bruto (di partito) gli ha messo le mani addosso. Evidente il tentativo di usare ogni sistema per raggiungere un obiettivo: l’annullamento della mia voce, che è uguale a quella di chi condivide questo spazio web di libero scambio.
Mi sembra che stiamo commettendo l’errore di sottovalutare l’assoluta pericolosità di certi soggetti e coalizioni, auspicando, tra Noi e Loro, un confronto normale sulle idee che non potrà mai esserci.
Da noi, a Sud, chi comanda spesso viola la legge, ostacolando "la libertà e l’eguaglianza dei cittadini" e impedendo "il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese" (art. 3 della Costituzione repubblicana).
Ci sarebbe tutto un discorso da fare sulla formazione del consenso. Per significare che la scelta di legislatori e governanti non è affatto democratica, dalla legge sull’elezione dei parlamentari alla raccolta di voti via ’Ndrangheta Spa.
Non perdiamoci, quindi, nei ragionamenti sulle forme. Sulla carta, quel che hai scritto, caro Domenico, è vero. Non è però applicabile a una realtà come quella calabrese, che non ha isole felici, preservate dall’azione di "Cosa nuova". Bisogna, anzi, insistere sulla distinzione fondamentale fra Noi e Loro.
Noi siamo quelli che, per la nostra coscienza e formazione, non farebbero male a nessuno. Loro sono quelli che, per la loro sete di potere e malvagità, calpesterebbero - o, se preferisci, ucciderebbero - tutti e tutto.
Ti abbraccio.
emiliano