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In anteprima, da "DEMONI E SANGUE", prossimo libro su ’ndrangheta e oppressione di Francesco Saverio Alessio

’Ndrangheta in Calabria, nel paese degli allocchi: il nasone, la bestia e il coglione

Tre animali e un artista al bivio del comune
mercoledì 10 giugno 2009 di Francesco Saverio Alessio
Un estratto dal nuovo libro in lavorazione (DEMONI E SANGUE) dove l’autore descrive un episodio in cui viene minacciato e insultato in modo tipicamente mafioso, cioè non dimostrabile per mancanza di testimoni, e quindi non denunciabile alle forze dell’ordine. L’autore per una lunga serie di minacce di questo tipo e per altri mille motivi di attacco alla privacy e alla serenità ha deciso di abbandonare definitivamente la sua terra ed il suo paese d’origine per lavorare e vivere in un luogo più sicuro, più bello e soprattutto più civile.

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giovedì 16 ottobre 2008
‘NDRANGHETA - CAMORRA - POLITICA E MASSONERIA: c’è chi rischia di essere ucciso per le parole. Da Roberto Saviano ad Aldo Pecora, da Emiliano Morrone a Francesco Saverio Alessio. Opponiamoci alla paura ed alle mafie. Grazie infinite ad Antonio da Colonia, Franco Spina, Biasi, Salvatore di S. Giovanni in Fiore, Luigi - Otranto, Giusy, Roberto Dessii da Cagliari, Luca Rossi da Milano, Giorgio Paris da Frosinone, Massimo, Maria Cristina, Fulvio, Desy e Valentina dei ragazzi di Messina, Anna Rita, Nicola Senni da Martinengo, Joseph da Livorno, Domenico Barberio, Jaflos Alfredo Federico, Blek, Emiliano Morrone, per aver tenuto vivo il dibattito per qualche giorno sulle mie parole, su quello che nell’articolo denunciano riguardo alla ‘NDRANGHETA, all’Onorata Società Florense. Nell’articolo è descritto solo uno dei numerosi episodi di intimidazione vissuti. La mia situazione attuale è di grande rischio, egualmente quella di Emiliano Morrone. I media non si interessano certo di noi. C’è qualcosa sul web, sulla rete dei movimenti anti mafia, ma la stampa locale e nazionale, le tv, le radio hanno ben altro da pensare. Una situazione a rischio di uccisione la vivono anche altri che combattono le mafie e penso soprattutto a quella di Aldo Pecora e di Roberto Saviano. Esprimo tutta la mia solidarietà a Saviano che continua a vivere sotto scorta, una vita difficile e dolorosa, solo per aver descritto la camorra; per quello che ha scritto vive una vita blindata, triste. Alcune sue recenti dichiarazioni sono veramente sconfortanti. Quella più sconfortante in assoluto è questa: "Non so se rifarei tutto quello che ho fatto. Sono sicuro di aver compiuto una cosa importante, ma non c’è mattina in cui mi chiedo perché l’ho fatto e non mi so rispondere, non so se ne valeva davvero la pena" a Fahrenheit su Radio3. Mi spiace molto sentirgli dire queste cose. Sono dichiarazioni molto esplicative di una tristezza e di un malessere profondo. Poi mi chiedo se ho il tempo di dispiacermi per altri che comunque almeno sono protetti, ed il cui rischio è riconosciuto dall’opinione pubblica, mentre devo continuamente guardarmi le spalle e da solo, mentre vivo quotidianamente con il pensiero di finire morto ammazzato. Aldo Pecora, come me ed Emiliano Morrone, non ha nessuna protezione, nonostante come noi subisca continuamente pressioni, intimidazioni e minacce. Mi sento solo se penso allo Stato. Se penso che rischio la pelle per difendere i principi fondamentali della Costituzione Repubblicana. Non ci saranno mai scorte per noi, non appelli del capo dello Stato, non giornalisti di gran firma che ti pubblicano in prima pagina. Perché? Roberto Saviano in fondo ha scritto solo di camorra, non c’è quasi un rigo nel suo libro che riguardi gli intrecci fra questa e la politica esecutiva, tra queste e la massoneria. La società sparente è esattamente il contrario di Gomorra da questo punto di vista: non c’è quasi un rigo sulla ‘ndrangheta militare e ci sono duecento pagine sui politici e sulle porcherie che questi fanno in combutta con la criminalità organizzata e con la massoneria. Ci sono i nomi ed i cognomi di chi produce ancora emigrazione, sottosviluppo, sottocultura, disperazione, morte. Per un povero stronzo come me c’è solo la lupara che l’aspetta qualche sera di ritorno in una delle mille case che è costretto a cambiare continuamente, chiedendo ospitalità ad amici, per cercare di proteggersi da solo. Non ci saranno mai scorte per me e per Emiliano Morrone, non ci sarà nessun capo dello Stato ad esprimersi in nostro favore, non ci sarà un solo politico (a parte l’on. Angela Napoli) a difenderci dalla ‘ndrangheta; ci saranno altre querele, altre offese, minacce, violazioni della privacy, prima dell’esecuzione capitale, prima del nostro sangue immolato per la verità. Vorrei invitare tutti voi a diffondere il più possibile i nostri scritti. A loro fa molto male. Gli assassini, i mafiosi, i politici, i massoni, hanno paura delle parole. Come ha dichiarato su la Repubblica del 15 ottobre 2008 Roberto Saviano: “[...] Loro, di questo, hanno paura: delle parole. Non è meraviglioso? Le parole sono sufficienti a disarmarli, a sconfiggerli, a vederli in ginocchio. E allora ben vengano le parole e che siano tante. Sia benedetto il mercato, se chiede altre parole, altri racconti, altre rappresentazioni dei Casalesi e delle mafie. Ogni nuovo libro che si pubblica e si vende sarà per loro una sconfitta. È il peso delle parole che ha messo in movimento le coscienze, la pubblica opinione, l’informazione [...]” L’unica nostra arma per ora è scrivere e diffondere quello che scriviamo. Nonostante la preoccupazione per la mia incolumità fisica voglio vivere con gioia. La vera gioia emerge quando si combatte, nella pratica e nell’azione, per la felicità propria e degl’altri. Ho dedicato la mia vita a lottare con gioia per un futuro migliore. E come ho dichiarato in un precedente articolo: scriverò sempre. Fino alla morte. Naturale o accidentale che sia. Francesco Saverio Alessio Milano, 16 ottobre 2008

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