Gentile presidente Napolitano, che cosa sta ancora aspettando, che arrivino i carri armati nelle piazze? C’è un limite, oltre il quale, i concetti di neutralità, di non ingerenza e interferenza (auspicabili in normali condizioni socio-politiche), rischiano di tradire ogni loro vero significato, per trasfigurare in evidente codardia - quando, la realtà delle cose, supera ogni immaginazione. E’ Lei, oggi, l’ago della bilancia, il solo che può fare la differenza. Lei, che gode del consenso univoco dei cittadini italiani e di una popolarità seconda solo a Sandro Pertini, non può sottrarsi al dovere civile e morale di porre fine a questa vergogna nazionale e internazionale che scredita e getta fango sui valori di libertà, di civiltà e di giustizia sociale. Fondamenti imperituri della nostra sovrana costituzione. Il suo atteggiamento accomodante, caro Presidente, mette in dubbio e vanifica il sacrificio di tutti quegli italiani che hanno lottato e sono morti per liberare l’Italia dal nazi-fascismo, e riconquistare il diritto di una libertà perduta - affermando così, l’inutilità di una tale carica e allineandosi all’ipocrita paura dei suoi predecessori, nella speranza di passare alla storia come un presidente neutrale, super partes e di buon senso. A tempo debito, e alla luce dei fatti e degli avvenimenti futuri, la storia giudicherà e confermerà la stupidità di un tale atteggiamento, permeato di infantilismo politico e qualunquismo che, nella sostanza, rinnega e sterilizza gli ideali e le ragioni, all’origine della sua storia politica. Da tutto ciò si evince che il nostro Presidente della Repubblica non ha alcuna consapevolezza della realtà e della gravità della situazione socio politica e quindi, minimizza i suoi atti e comportamenti, adducendone un significato retorico e formale - mettendo a rischio la tenuta dei principi fondamenti della democrazia, e relativizzando ogni parametro di giudizio. E’ in discussione la sua buona fede, caro Presidente, l’autenticità dei suoi valori morali ed etici e il suo, un tempo proverbiale, senso dello Stato.
Definire i nostri magistrati, eversivi e brigatisti rossi, è un crimine politico; ma non solo! Una licenza imperdonabile che, se non ritrattata in tempo (congiunta alle relative scuse e ad accorati “mea culpa”), incide ulteriormente sulla condizione di isolamento del potere giudicante e degli organi di controllo, ultimi baluardi a difesa dello stato di diritto e delle libertà individuali. La magistratura, il CSM, la Corte Costituzionale e i cittadini, sono in attesa, da tempo, di un segnale forte che venga dall’alto - un sussulto di vera indignazione e condanna per una situazione non più sopportabile, ai confini della realtà.
Gianni Tirelli