Don Sturzo, la Chiesa e la guerra civile spagnola
di Fulvio Cammarano (il Messaggero, 22 gennaio 2013)
La guerra civile spagnola è ancora oggi considerata un conflitto strettamente associato all’idea di guerra di religione. E non può essere altrimenti dato che entrambi i fronti utilizzano la religione come simbolo delle loro ragioni.
Se la Chiesa è in quegli anni interessata ad accreditare l’idea di una guerra come reazione alla persecuzione religiosa dei repubblicani, è però vero che non poche, ma comunque minoritarie, voci del cattolicesimo politico si levarono per contestare tale prospettiva.
Di una delle più rilevanti di queste voci, quella di Luigi Sturzo, ci dà oggi conto Alfonso Botti raccogliendo (in un volume dell’opera omnia di Sturzo, Luigi Sturzo e gli amici spagnoli, 572 pagine, 40 euro a cura dell’Istituto Luigi Sturzo i carteggi tra il sacerdote siciliano e 37 corrispondenti spagnoli.
Si tratta di un lavoro importante non solo perché mette un punto fermo su un tema quasi ignorato dalla storiografia, ma anche perché fornisce una plausibile interpretazione dell’atteggiamento condiscendente della Santa Sede nei confronti dei ribelli franchisti.
Per Botti, non fu il timore delle persecuzioni antireligiose repubblicane a trattenere la Chiesa dal ricoprire un ruolo di pacificatore, ma «furono la benevola e fiduciosa valutazione del fascismo e il modus vivendi trovato (e comunque, anche nei momenti di attrito, auspicato) con esso a orientare la Santa Sede verso la sopravvalutazione dell’interpretazione del conflitto spagnolo come guerra di religione. Che, quindi, fu allo stesso tempo interpretazione e alibi».
FUORI DAL CORO
Sturzo, «voce fuori dal coro», contesta apertamente questa deriva e s’impegna, negli anni della Seconda Repubblica, per evitare l’identificazione tra cattolici e destre e poi, negli anni della guerra civile, opera concretamente a favore di una pace negoziata.
Pur consapevole degli errori del governo repubblicano che «rende difficile anche ai più favorevoli» difenderlo dall’accusa di persecuzione religiosa, Sturzo conferma che il suo obiettivo rimane, come scrive nell’ottobre 1936, «quello di disimpegnare la Chiesa cattolica come tale, dalla solidarietà con gli insorti. Tale accusa ripetuta dai giornali di Sinistra, è diffusa per colpa dei giornali di destra, nazionali, clericali e fascisti che vogliono confondere la causa degl’insorti con quella della Chiesa» (p.48).
Ma perché la Chiesa è in quegli anni avversata da così tanti nemici? Anche in questo caso Sturzo rifiuta la consolatoria e radicata versione del clero come vittima passiva e, con pochi altri, ne attribuisce le responsabilità al rifiuto della gerarchia iberica «alla maturazione di un laicato cattolico autonomo e sensibile alla questione sociale. In altre parole al distacco della Chiesa dal mondo popolare» (p. CXX), una colpa questa che la trasforma da vittima a corresponsabile di quella tragedia che anticipò, da ogni punto di vista, gli orrori della II Guerra mondiale