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"DIO NON E’ CATTOLICO" (Carlo Maria Martini). E L’AMORE (Deus CHARITAS est) NON E’ MAMMONA (Benedetto XVI, "Deus CARITAS est", 2006)!!!

PIO XII, OGGI?! DOPO E CONTRO LA LEZIONE DI PAPA WOJTYLA, IL REVISIONISMO NOSTALGICO DI RATZINGER. LA "DOMINUS IESUS" SEGNA LA LINEA: UN PESCE MORTO (un "ictus", più che un "Ixthus") IN FACCIA AGLI EBREI, "PRO PERFIDIS JUDAEIS"!!! Un editoriale dell’"Ecclesia Dei" a firma di Mons. Joannes Climacos Mapelli - a cura di Federico La Sala

domenica 12 ottobre 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] PERCHE’ RATZINGER TENTA LA RIVALUTAZIONE DI PIO XII E NE RIPROPONE LA BEATIFICAZIONE IN CUI IL VATICANO HA MAI SMESSO DI CREDERE: PERCHE’ E’ IN ATTO UN PROGETTO IDEOLOGICO CHE TENDE A MINIMIZZARE L’ANTISEMITISMO DELLA CHIESA CATTOLICA CHE HA PREPARATO QUELLO NAZIFASCISTA E SI VUOL NEGARE - con la revisione storica - TUTTE LE COMPLICITA’ del VATICANO CON I REGIMI DITTATORIALI, E PERCHE’ BENEDETTO XVI SI IDENTIFICA IN LUI, IL PAPA PRECONCILIARE E IL MONARCA ASSOLUTO CHE FU PACELLI (...)

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> PIO XII, OGGI?! --- Israele non può, non vuole dimenticare i silenzi di un Papa. Allo Yad Vashem: «Quell’uomo per noi non ha mosso un dito».... Un rapporto segreto del britannico Osborne su Pio XII.

domenica 19 ottobre 2008


-  Allo Yad Vashem: «Quell’uomo per noi non ha mosso un dito»
-  I commenti al Museo dell’Olocausto di Gerusalemme.
-  Una ferita aperta e gli inviti alla prudenza verso la Santa Sede

-  «Mise da parte una lettera contro antisemitismo e razzismo preparata dal suo predecessore»
-  Shear Yesuv Cohen: «Crediamo che non dovrebbe essere beatificato o preso a modello»

di Umberto De Giovannangeli (l’Unità, 19.10.2008)

I RAGAZZI e le ragazze in divisa militare visitano attenti, in silenzio, le sale dello Yad Vashem, il Museo dell’Olocausto nel cuore della Gerusalemme ebraica. Mi affianco al gruppo, che si ferma a leggere la didascalia che accompagna la foto di Pio XII. Un ragazzo occhialuto dice alla bionda ragazza in divisa: «Quell’uomo poteva salvare tanti ebrei, ma non ha mosso un dito...». E’ una testimonianza diretta. Che dà conto di un sentire comune che unisce molti dei sopravvissuti dai lager nazisti con le giovani generazioni di Israele: il giudizio negativo sul comportamento di Papa Pio XII. Un sentimento profondamente radicato, tanto da influenzare la stessa diplomazia dello stato ebraico nei confronti della Santa Sede. Israele ambirebbe alla visita ufficiale di Benedetto XVI ma non al prezzo della rimozione di quella didascalia che recita: «Eletto nel 1939, il Papa (Pio XII) mise da parte una lettera contro l’antisemitismo e il razzismo preparata dal suo predecessore. Anche quando i resoconti sulle stragi degli ebrei raggiunsero il Vaticano, non reagì con proteste scritte o verbali. Nel 1942, non si associò alla condanna espressa dagli Alleati per l’uccisione degli ebrei. Quando vennero deportati da Roma ad Auschwitz, Pio XII non intervenne». Una decina di righe: più che una didascalia, quelle righe hanno il contenuto e il tono di una requisitoria. Per Israele, Pio XII resta il «Papa dei silenzi».

Silenzi pesanti. Pesanti come la morte. Come pesante è stato il silenzio del governo di Gerusalemme, e della direzione dello Yad Vashem, di fronte alla dichiarata volontà di Papa Ratzinger di avviare il processo di beatificazione di Papa Pacelli. A parlare, in quell’occasione è stato il direttore per gli Affari interreligiosi dell’American Jewish Committee, rabbino David Rosen, che ha invitato il Vaticano a tener conto delle "sensibilità" dei sopravvissuti alla deportazione e a "rinviare" qualsiasi decisione almeno fino all’apertura degli archivi ufficiali, tra cinque anni. Più dure le parole pronunciate dal rabbino capo di Haifa, Shear Yesuv Cohen, in occasione del recente Sinodo dei vescovi: «Crediamo che non dovrebbe essere beatificato o preso a modello, perché ha mancato di salvarci o di levare la sua voce, anche se ha cercato segretamente di aiutare». Affermazioni tanto più significative per il contesto e l’occasione in cui sono state svolte: era la primissima volta che un esponente ebraico veniva invitato al Sinodo dei vescovi.

«Ratzinger lo celebra? Se lo sapevo non venivo al Sinodo. Non siamo contenti dei tentativi nella Chiesa di dimenticare questo triste capitolo», aveva sottolineato il rabbino Cohen. «La verità storica non può essere piegata alle ragioni della diplomazia», dice a l’Unità una fonte autorevole vicina alla direzione dello Yad Vashem. In un Paese che fa della memoria della Shoah un elemento fondante della propria identità nazionale, la beatificazione di Pio XII verrebbe vista come un affronto. Peggio: come un oltraggio alla memoria dei milioni di ebrei sterminati nei lager nazisti. Per questo sarà molto difficile che quella didascalia venga rimossa. Perché Israele non può, non vuole dimenticare i silenzi di un Papa.


-  Un rapporto segreto del britannico Osborne su Pio XII
-  L’ambasciatore scrisse "Ho visto il pontefice parla bene dei tedeschi"
-  Il diplomatico nazista "Il Papa si augura che manteniamo le posizioni in Urss contro i comunisti"

di Francesco Bei (la Repubblica, 19.10.2008)

ROMA - Sarà pure, come dice padre Gumpel (il gesuita che lo vorrebbe beato), tutta «una montatura». Ma certo i nuovi documenti su Pio XII, scoperti dagli studiosi Giuseppe Casarrubea e Mario J. Cereghino negli archivi americani e inglesi, non solo sembrano confermare i giudizi degli ebrei sul Pontefice ma ci restituiscono un Pacelli schierato con i nazisti in funzione anticomunista. Si tratta in particolare di due documenti segreti, che saranno pubblicati dai ricercatori in un volume di prossima uscita presso Bompiani. Il primo dà conto dell’incontro tra Pio XII e Sir d’Arcy Osborne, inviato straordinario inglese, che si svolge in Vaticano due giorni dopo il brutale rastrellamento di mille ebrei romani. I due si vedono il 18 ottobre, mentre alla stazione Tiburtina le SS stanno ancora facendo salire gli ebrei sui carri bestiame, destinazione Auschwitz. L’inviato della Gran Bretagna, che trasmetterà poi a Londra il resoconto dell’udienza, fa notare al Papa come Roma sia «alla mercé dei tedeschi, che sistematicamente la privano di tutti i rifornimenti e della manodopera, che arrestano ufficiali italiani, giovani e carabinieri e che applicano metodi spietati nella persecuzione degli ebrei. (...) Io ho affermato che Egli dovrebbe fare tutto il possibile per salvaguardare lo Stato del Vaticano e i suoi diritti alla neutralità. Egli ha replicato che, in tal senso e fino a questo momento, i tedeschi si sono sempre comportati correttamente». Insomma, dal documento inglese sembra che il Papa sorvoli sul rastrellamento del ghetto, sottolineando invece la «correttezza» dei tedeschi con la Chiesa. L’altro rapporto segreto è quello che l’ambasciatore tedesco presso il Vaticano, von Weiszaecker, invia a Berlino il 13 dicembre del �43. «Il Papa - scrive il diplomatico a Ribbentrop - si augura che i nazisti mantengano le posizioni militari sul fronte russo e spera che la pace arrivi il prima possibile. In caso contrario il comunismo sarà l’unico vincitore in grado di emergere dalla devastazione bellica. Egli sogna l’unione delle antiche nazioni civilizzate dell’Occidente per isolare il bolscevismo a Oriente. Così come fece papa Innocenzo XI, che unificò l’Europa contro i Musulmani».

Cereghino, il ricercatore d’archivio che ha trovato queste carte e le ha lette in originale, è convinto della loro importanza: «Sono un atto d’accusa non indifferente del quale non si potrà non tener conto in futuro. I documenti confermano i dubbi che gli ebrei, soprattutto quelli italiani, hanno sempre avuto su Pio XII».


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