Pio XII: la santità e le bugie
risponde Furio Colombo (il Fatto, 07.03.2015)
PROPRIO in questi giorni un comitato di giovani attivisti e di anziani che hanno ancora memoria della Resistenza a Roma, hanno sollevato il caso della “Dogana”, una palazzina in zona San Lorenzo che si vuole abbattere per ragioni commerciali, e che il comitato difende come un luogo della Shoah italiana. La “Dogana” era la piccola stazione in cui venivano fatti confluire gli ebrei rastrellati a Roma e inviati ad Auschwitz, da cui quasi nessuno è tornato, un luogo appartato e bene organizzato dell’apparato di morte del nazismo e del fascismo, come il binario 21 della Stazione Centrale di Milano.
A Roma, però, risiedeva e regnava il Papa (quel Papa, Pio XII) che non ha mai detto una parola, neppure indiretta, neppure implicita, neppure camuffata da formule diplomatiche o religiose (la preghiera) contro le leggi razziali, contro la discriminazione, contro la deportazione. Per questa ragione il falso clamoroso e offensivo della stella gialla sulla veste bianca del Papa - fatto che non è accaduto e che sarebbe stato inconcepibile, come sa bene chi ascoltava voce e discorsi di quel Papa a quel tempo - diventa molto più di una negazione di fatti veramente e tristemente avvenuti (il silenzio). Il falso di quella stella vorrebbe negare il silenzio.
Ma il silenzio c’è stato. E quando è così sistematicamente osservato, da un personaggio così rilevante, finisce per evocare una vera e propria complicità. Quando si verificano fatti di immensa gravità come le “leggi razziali”, che il Parlamento italiano di allora ha approvato all’unanimità con grida e celebrazioni, e il re d’Italia (unico in Europa) ha firmato, e di fronte alle quali ha taciuto l’intera classe dirigente italiana e i suoi personaggi più famosi nel mondo, qualunque assenza e silenzio autorevole diventa complicità, perché rimuove ogni ostacolo, anche psicologico e morale, ad accettare la persecuzione.
Nonostante le documentate denunce e il celebre testo teatrale di Hochhuth, la deliberata assenza di un Papa dalla scena delle leggi razziali, delle deportazioni, delle notizie sullo sterminio (contrariamente alla opposizione esplicita di altri monarchi e anche di leader fascisti come Dimitar Peshev, presidente fascista del Parlamento bulgaro) rende la trovata della stella gialla sulla veste di Pio XII, più ancora di tutto il film, un atto grave di manipolazione della storia.
E fa apparire imbarazzante il titolo “Sfumature di verità” (tra l’altro, parodia inconsapevole di un film soft-porno). S’intende che il film probabilmente si avvale di ogni dato, cifra evento e documento sui tanti ebrei salvati dai cattolici, religiosi e laici. S’intende che questo è vero. Ma non è il tema del film.
Il tema è la presunta santità di Pio XII. Sarebbe come assolvere Mussolini per il fatto che tanti italiani (e anche alcuni fascisti) hanno trasgredito quelle ignobili leggi e hanno salvato, o tentato di salvare, concittadini ebrei. C’è un evidente errore in tutta questa operazione. Da decenni si aspettano documenti che restano segreti e sepolti in Vaticano. Ma arriva un film che tradisce la parte di verità che riguarda il Papa, a cominciare dalla indecorosa pubblicità.