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Filosofia, teologia, e politica. Il cristianesimo non è un cattolicismo...

PER "ZEUS" O PER "SUEZ"?! PLATONE, IL PLATONISMO PER IL POPOLO - IL CATTOLICESIMO, E LA TECNOCRAZIA. Il filosofo cattolico Possenti cerca di smarcarsi dalla storica e presente con-fusione, ma resta sempre "amico di Platone" - a cura di Federico La Sala

mercoledì 15 ottobre 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] la politica e la tecnica devono ispirar­si al Bene e non presumere di pro­cedere da sole: ogni tecnica, com­presa la politica, può essere usata di traverso se non si dispone della co­noscenza del Bene. Quest’ultima indirizza la tecnologia, che altri­menti è una potenza senza etica che ci conduce dove vuole lei.
Ma è ancor oggi così? Non vi è in Platone troppo ottimismo? Da tem­po la conoscenza del bene non è più sufficiente; le si deve aggiungere la conoscenza dell’uomo, anch’essa (...)

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> PER "ZEUS" O PER "SUEZ"?! PLATONE, IL PLATONISMO PER IL POPOLO - IL CATTOLICESIMO ... Quale ruolo pubblico per le fedi nelle moderne democrazie?Un faccia a faccia a Venezia fra Marcel Gauchet e Vittorio Possenti (di Francesco Dal Mas - La religione indispensabile).

mercoledì 14 ottobre 2009


-  DIALOGHI.
-  Quale ruolo pubblico per le fedi nelle moderne democrazie? Un faccia a faccia a Venezia fra Marcel Gauchet e Vittorio Possenti

La religione indispensabile

-  Possenti: «Oltre l’etica pubblica alla democrazia serve una idea adeguata della persona: più antropologia»

-  Gauchet: «Le scienze oggi vogliono avere l’ultima parola, ma non possono dare risposta a tutto»

-  DA VENEZIA FRANCESCO DAL MAS (Avvenire, 14.10.2009)

La democrazia dubita di se stessa. Siamo di fronte ad una sua crisi involutiva o la demo­crazia ha un futuro di fronte ai pro­blemi che l’angustiano e che ne rendono insufficiente una determi­nazione solo procedurale? L’inter­rogativo è stato al centro del con­vegno, ieri all’Università Ca’ Fosca­ri di Venezia, su «Il futuro della de­mocrazia », organizzato dal Diparti­mento di filosofia e teoria delle scienze. Due i problemi posti a te­ma: la nuova presenza delle religio­si nella sfera pubblica e il plurali­smo antropologico ed etico. Ne hanno parlato Vittorio Possenti, docente alla Ca’ Foscari, Marcel Gauchet, dell’Ecole des hautes étu­des en science sociales di Parigi, e fresco autore de La religione nella democrazia (Dedalo), Mario Nico­letti dell’università di Trento, Giu­seppe Goisis di Venezia, Roberto Gatti dell’ateneo di Perugia. Per l’occasione abbiamo messo a con­fronto Gauchet e Possenti.

«L’avvenire delle nostre società u­scite dalla religione è nel dialogo con le religioni». Ne è così convinto lo storico Marcel Gauchet che ag­giunge: «Più ce ne allontaneremo, meno ci potremo permettere di di­menticarle e più saremo costretti ad integrarle, nella giusta misura, nella nostra idea di umanità».

Il fi­losofo Vittorio Possenti raccoglie e rilancia: «Nonostante le difficoltà sollevate dalle forme più severe di secolarismo, forse siamo in una si­tuazione prerivoluzionaria in rap­porto ad un nuovo investimento di significato. Punto essenziale è comprendere la congiuntura stori­co- spirituale, cogliendo non solo il pur importante ritorno della reli­gione nella sfera pubblica dopo l’e­poca del suo sconfinamento priva­to, ma pure la speranza di incre­menti di senso e di esistenza che possono derivarne nel moto verso una prospettiva personalistica».

Ma che cosa sta al cuore di quella che Possenti definisce una rivolu­zione postsecolare e postantropo­centrica rivolta alla democrazia ul­tramoderna?

«La passione per la persona e la cura per la vita comu­ne degli uomini».

Si parla sempre più spesso di un ritorno delle religioni o di una qualche forma di de­secolarizzazione? Qual è la verità?

Gauchet : »La verità è che è proprio l’ap­profondirsi del pro­cesso di uscita dalla religione che ricolloca le religioni in primo piano. Neutralizzando definitivamente la loro presa sull’organizza­zione collettiva e ren­dendo manifesta l’im­possibilità nella quale si trovano di dirigere l’insieme, questo pro­cesso restituisce al lo­ro magistero spirituale un ruolo di potenziale eminenza in seno alla polis, con la differen­za, fondamentale, che questa nuova funzione non ha nulla a che fare con il posto che occupavano in precedenza».

Usciti dall’epoca delle rivoluzioni totalitarie e antipersonalistiche, è in stasi o forse in crisi anche l’irre- ligione occidentale.

Possenti: «Proprio così. E nono­stante recenti fiammate di ateismo scientistico. Secondo questa ’irreli­gione’, non solo Dio non esiste e se mai è stato non ha lasciato alcu­na traccia di sé, ma, se anche vi fosse, non ci servirebbe in nulla nel cammino con cui procediamo a edifica­re le nostre vite indi­viduali e sociali; sa­rebbe anzi inutile e superfluo, un ingom­brante residuo di ete­ronomia. Il marxismo era un antiteismo che lottava contro Dio, mentre l’irreli­gione occidentale è un freddo ateismo dell’indifferenza».

Nel riflusso della lot­ta contro l’influenza dell’eteronomia, si ha modo dunque di sco­prire che le religioni sono in un certo sen­so insostituibili. Per­ché?

Gauchet : «Perché soddisfano un biso­gno specifico dello spirito umano che nessun altro tipo di discorso è in grado di rimpiazzare. Lo si evidenzia in mo­do particolare nell’esaurirsi delle speranze una volta investite nella scienza. Le scienze sono sovrane nel loro ambito e annullano senza colpo ferire tutte le spiegazioni precedenti. Tuttavia, ecco il punto, non riescono a fornire una risposta a tutto e a occupare integralmente la scena».

Rimane dunque obbligatoria l’a­desione alle religioni?

Gauchet : «No. Ma l’adesione di­spone di un ancorag­gio antropologico irri­ducibile, tale da ren­dere assai improbabi­­le, al di là della possi­bile riduzione della lo­ro sfera di applicazio­ne, una loro emargina­zione. Voglio dire che se anche non si aderi­sce al loro credo, si è comunque obbligati a fare i conti con esse. Siamo dunque chia­mati alla sfida di ela­borare degli equiva­lenti laici per ciò che offrivano le religioni, e questo non con l’o­biettivo di sostituirle, ma per fornire delle al­ternative destinate a convivere con esse. Stiamo parlando di u­na delle principali fon­ti di rinnovamento della nostra cultura. Nella sua dimensione tanto pratica quanto teorica, con­cerne i diversi ambiti della vita u­mana. Non chiama in causa solo la filosofia, riguarda l’insieme dei set­tori nei quali, dall’etica alla politica passando per la psicologia o l’este­tica, si manifesta quel potere di da­re forma a ciò che siamo e a ciò che ci lega ai nostri simili, cui le religio­ni hanno fornito la primordiale e­spressione storica».

La religione, dunque, non è una sovrastruttura della società.

Possenti: «No, come non lo sono l’antro­pologia e la morale. La società, piuttosto, va reincantata trami­te il loro congiunto sforzo: d’altronde re­ligione, antropologia ed etica mostrano profondissimi nessi e sono sorgenti fonda­mentali della politi­ca ».

E della democrazia?

Possenti: «Sì, ma at­tenzione. Dobbiamo reincantare la demo­crazia con un’ade­guata idea di persona forse più che con una nuova idea di etica pubblica. I temi an­tropologici sono oggi altrettanto decisivi di quelli etici, su cui si è puntato con enorme frequenza. L’antropo­logia è anima essen­ziale della politica, quell’anima che può rendere possibile la ricostru­zione della scienza politica dopo le crisi provocate dal positivismo, comportamentismo, scientismo».


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