DIALOGHI.
Quale ruolo pubblico per le fedi nelle moderne democrazie? Un faccia a faccia a Venezia fra Marcel Gauchet e Vittorio Possenti
La religione indispensabile
Possenti: «Oltre l’etica pubblica alla democrazia serve una idea adeguata della persona: più antropologia»
Gauchet: «Le scienze oggi vogliono avere l’ultima parola, ma non possono dare risposta a tutto»
DA VENEZIA FRANCESCO DAL MAS (Avvenire, 14.10.2009)
La democrazia dubita di se stessa. Siamo di fronte ad una sua crisi involutiva o la democrazia ha un futuro di fronte ai problemi che l’angustiano e che ne rendono insufficiente una determinazione solo procedurale? L’interrogativo è stato al centro del convegno, ieri all’Università Ca’ Foscari di Venezia, su «Il futuro della democrazia », organizzato dal Dipartimento di filosofia e teoria delle scienze. Due i problemi posti a tema: la nuova presenza delle religiosi nella sfera pubblica e il pluralismo antropologico ed etico. Ne hanno parlato Vittorio Possenti, docente alla Ca’ Foscari, Marcel Gauchet, dell’Ecole des hautes études en science sociales di Parigi, e fresco autore de La religione nella democrazia (Dedalo), Mario Nicoletti dell’università di Trento, Giuseppe Goisis di Venezia, Roberto Gatti dell’ateneo di Perugia. Per l’occasione abbiamo messo a confronto Gauchet e Possenti.
«L’avvenire delle nostre società uscite dalla religione è nel dialogo con le religioni». Ne è così convinto lo storico Marcel Gauchet che aggiunge: «Più ce ne allontaneremo, meno ci potremo permettere di dimenticarle e più saremo costretti ad integrarle, nella giusta misura, nella nostra idea di umanità».
Il filosofo Vittorio Possenti raccoglie e rilancia: «Nonostante le difficoltà sollevate dalle forme più severe di secolarismo, forse siamo in una situazione prerivoluzionaria in rapporto ad un nuovo investimento di significato. Punto essenziale è comprendere la congiuntura storico- spirituale, cogliendo non solo il pur importante ritorno della religione nella sfera pubblica dopo l’epoca del suo sconfinamento privato, ma pure la speranza di incrementi di senso e di esistenza che possono derivarne nel moto verso una prospettiva personalistica».
Ma che cosa sta al cuore di quella che Possenti definisce una rivoluzione postsecolare e postantropocentrica rivolta alla democrazia ultramoderna?
«La passione per la persona e la cura per la vita comune degli uomini».
Si parla sempre più spesso di un ritorno delle religioni o di una qualche forma di desecolarizzazione? Qual è la verità?
Gauchet : »La verità è che è proprio l’approfondirsi del processo di uscita dalla religione che ricolloca le religioni in primo piano. Neutralizzando definitivamente la loro presa sull’organizzazione collettiva e rendendo manifesta l’impossibilità nella quale si trovano di dirigere l’insieme, questo processo restituisce al loro magistero spirituale un ruolo di potenziale eminenza in seno alla polis, con la differenza, fondamentale, che questa nuova funzione non ha nulla a che fare con il posto che occupavano in precedenza».
Usciti dall’epoca delle rivoluzioni totalitarie e antipersonalistiche, è in stasi o forse in crisi anche l’irre- ligione occidentale.
Possenti: «Proprio così. E nonostante recenti fiammate di ateismo scientistico. Secondo questa ’irreligione’, non solo Dio non esiste e se mai è stato non ha lasciato alcuna traccia di sé, ma, se anche vi fosse, non ci servirebbe in nulla nel cammino con cui procediamo a edificare le nostre vite individuali e sociali; sarebbe anzi inutile e superfluo, un ingombrante residuo di eteronomia. Il marxismo era un antiteismo che lottava contro Dio, mentre l’irreligione occidentale è un freddo ateismo dell’indifferenza».
Nel riflusso della lotta contro l’influenza dell’eteronomia, si ha modo dunque di scoprire che le religioni sono in un certo senso insostituibili. Perché?
Gauchet : «Perché soddisfano un bisogno specifico dello spirito umano che nessun altro tipo di discorso è in grado di rimpiazzare. Lo si evidenzia in modo particolare nell’esaurirsi delle speranze una volta investite nella scienza. Le scienze sono sovrane nel loro ambito e annullano senza colpo ferire tutte le spiegazioni precedenti. Tuttavia, ecco il punto, non riescono a fornire una risposta a tutto e a occupare integralmente la scena».
Rimane dunque obbligatoria l’adesione alle religioni?
Gauchet : «No. Ma l’adesione dispone di un ancoraggio antropologico irriducibile, tale da rendere assai improbabile, al di là della possibile riduzione della loro sfera di applicazione, una loro emarginazione. Voglio dire che se anche non si aderisce al loro credo, si è comunque obbligati a fare i conti con esse. Siamo dunque chiamati alla sfida di elaborare degli equivalenti laici per ciò che offrivano le religioni, e questo non con l’obiettivo di sostituirle, ma per fornire delle alternative destinate a convivere con esse. Stiamo parlando di una delle principali fonti di rinnovamento della nostra cultura. Nella sua dimensione tanto pratica quanto teorica, concerne i diversi ambiti della vita umana. Non chiama in causa solo la filosofia, riguarda l’insieme dei settori nei quali, dall’etica alla politica passando per la psicologia o l’estetica, si manifesta quel potere di dare forma a ciò che siamo e a ciò che ci lega ai nostri simili, cui le religioni hanno fornito la primordiale espressione storica».
La religione, dunque, non è una sovrastruttura della società.
Possenti: «No, come non lo sono l’antropologia e la morale. La società, piuttosto, va reincantata tramite il loro congiunto sforzo: d’altronde religione, antropologia ed etica mostrano profondissimi nessi e sono sorgenti fondamentali della politica ».
E della democrazia?
Possenti: «Sì, ma attenzione. Dobbiamo reincantare la democrazia con un’adeguata idea di persona forse più che con una nuova idea di etica pubblica. I temi antropologici sono oggi altrettanto decisivi di quelli etici, su cui si è puntato con enorme frequenza. L’antropologia è anima essenziale della politica, quell’anima che può rendere possibile la ricostruzione della scienza politica dopo le crisi provocate dal positivismo, comportamentismo, scientismo».