L’Authority: nei tg Mediaset il tempo di parola lasciato all’esecutivo arriva all’80%
Grandi squilibri anche in Rai: al Tg2 il 65% va alla destra
Su Berlusconi l’affondo del «Financial Times»
«Silvio adulato a livelli nordcoreani»
In linea con l’Agcom: nei tg si parla solo del governo
di Roberto Brunelli (l’Unità, 19.10.2008)
SILVIO COME IL «CARO LEADER», al secolo Kim Jong-Il. Lo dice, in pratica, il Financial Times: l’inquilino di Palazzo Chigi riceve dai media italiani «un’adulazione vicina ai livelli nordcoreani», scrive l’autorevole quotidiano britannico in una corrispondenza da Roma firmata Guy Dinmore, e non è esattamente un complimento. L’osservazione - che appare non su un noto foglio comunista, ma sulla bibbia del liberismo occidentale - fa il paio con i dati diffusi ieri l’altro dall’Autorità per le telecomunicazioni, che denuncia lo spaventoso sbilanciamento nei telegiornali nostrani a favore del governo e dei partiti della maggioranza.
Il monitoraggio effettuato dall’Agcom copre il periodo da aprile a settembre: nelle testate Mediaset il tempo di parole a favore dell’esecutivo raggiunge punte tra il 60 e il 75% del totale, e le cose non vanno poi tanto meglio in Rai. Nello specifico, Studio aperto riesce addirittura a battere il Tg4, offrendo al governo l’82,2% del proprio spazio, mentre il Tg4 si «ferma» all’80,8%: quel che resta dell’opposizione sono briciole. Il Tg1 lascia invece il 48,16% al governo e il 27,6 all’opposizione, nel Tg2 lo sbilanciamento arriva al 65,7% contro il 18,8%, mentre il Tg3 si ferma, per l’esecutivo, al 50,1% con l’opposizione rappresentata al 35,8%. Divertente la dichiarazione di difesa di Mauro Mazza, direttore del Tg2: «In periodi di emergenza il governo parla, dice, rassicura, prende provvedimenti. È normale che sia così».
Hai voglia poi a dire che il premier è popolarissimo in Italia, come sostiene ancora il Financial Times, che riferisce di un sondaggio Ipr Marketing che dà la «quota di fiducia» data al premier dagli italiani al 62%. «Gli italiani stanno celebrenado il ruolo dello Stato salvatore», scrive Dinmore, e l’esempio-chiave è Alitalia. Certo, non è tutto l’oro quel che luccica, e i nodi prima o poi potranno venire al pettine visto che, come dice (sempre citato dall’Ft) Ilvo Diamanti, «il nuovo Stato salva banche e mercati, ma non la scuola e il welfare», iniziando a riempire le piazze. Dinmore non è tenero: «La luna di miele potrebbe accorciarsi: a Milano il processo a carico di David Mills, un avvocato inglese accusato di esser stato corrotto da mr. Berlusconi, è ripartito ieri».
Intanto però le fanfare di Re Silvio suonano più forti e colorite che mai: venerdì sera Rete4 ed Emilio Fede hanno brillato con uno speciale da antologia sulla visita del premier dall’amico George a Washington. Un’ode, punteggiata di vibrante entusiasmo, dove si narra alatamente dei due amici «che si intendono a colpo d’occhio» e che culmina nell’integrale del discorso dell’uomo di Arcore nel giardinetto della Casa Bianca: ebbene sì, il celebre discorso per il quale la Storia riserverà a Bush un posto di «grande, grandissimo presidente degli Stati Uniti d’America».
Insomma, l’emergenza media c’è, eccome. «Anche il Financial Times si occupa dell’anomalia italiana», dice Vinicio Peluffo, Pd, membro della Commissione di Vigilanza Rai. E aggiunge il senatore Vincenzo Vita, che «la lettura attenta dei dati forniti dall’Agcom non solo dà ragione al commento amaro del quotidiano britannico, ma fa riflettere sull’inaudita presenza del presidente del consiglio sugli schermi. La stessa Autorità avrà il compito di trarre le dovute conseguenze sulle violazioni del pluralismo e sulla necessità di un urgente riequilibrio comunicativo. Per esempio, invitando i contenitori domenicali a interrompere la prassi assai discutibile di chiamare in trasmissione ministri in carica. Il caso si ripeterà anche domani (oggi, ndr), con l’annunciata presenza a Canale 5 della ministra Mara Carfagna».
PS. «Ufficialmente il governo nordcoreano si presenta come uno Stato multipartitico guidato secondo l’ideologia politica della “Juche”, ovverosia dell’autosufficienza, ma molti osservatori occidentali lo considerano sottoposto ad un duro regime dittatoriale» (dalla voce “Corea del Nord”, Wikipedia).