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IN PRINCIPIO ERA IL BEL CANTO...

MUSICA E POESIA. LA NASCITA DEL LINGUAGGIO E LE STRUTTURE BASILARI DELLA METRICA DI OGNI LINGUA. Un intervento di Robert C. Berwick e una nota di Massimo Piattelli Palmarini sul lavoro di Morris Halle - a cura di Federico La Sala

domenica 19 ottobre 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...]
basti pensare alla cantilena che accompagna una strofa poetica come: «Non mi dire, in tristi cifre, che la vita è un sogno vuoto» (Longfellow) o dai toni più familiari: «Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono/di quei sospiri ond’io nutriva ‘l core/in sul mio primo giovenile errore». Se analizziamo la purezza ritmica del testo poetico ecco che udiremo una serie di «accenti ritmici», uno per ciascuna sillaba. Analogamente, la parola «rima» è composta da due sillabe: ri-ma. Come si (...)

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>Nona edizione del Festival delle scienze di Roma. Intervista a Noam Chomsky: “Quello che siamo e facciamo sono soltanto linguaggio".

sabato 18 gennaio 2014

      • Il Festival è scientifico
        -  Da giovedì a Roma quattro giorni di incontri
        -  La nona edizione quest’anno prevede i contributi di Noam Chomsky, Tullio De Mauro, Alessandro Bergonzoni e Roberto Vecchioni
        -  di Cristiana Pulcinelli
        (l’Unità, 18.01.2014)

      • ROMA «I LIMITI DEL MIO LINGUAGGIO SONO I LIMITI DEL MIO MONDO», SCRIVEVA IL FILOSOFO LUDWIG WITTGENSTEIN nel Tractatus logico-philosophicus. La frase è stata presa in prestito dagli organizzatori del Festival delle scienze di Roma come motto per la nona edizione dell’evento che si svolgerà dal 23 al 26 gennaio all’Auditorium parco della musica. E, in effetti, quale frase è più adatta a dare l’idea dell’importanza del linguaggio per gli esseri umani? Senza di esso, il mio mondo non sarebbe quello che è. O, per essere più precisi, non sarebbe.
        -  Il festival di quest’anno, dunque, è dedicato al linguaggio, o meglio ai linguaggi. Al plurale, perché di codici utilizzati per la comunicazione ce ne sono molti. A cominciare dalle lingue parlate nel mondo che sono tante, così tante che ogni anno ne muoiono un numero compreso tra 200 e 250 e noi neanche ce ne accorgiamo. Peccato, perché ad ogni lingua corrisponde una diversa cultura e, probabilmente, anche un diverso universo percettivo che svaniscono insieme alla memoria delle parole. Ma poi esistono gli altri linguaggi: quello della musica, quello dell’immagine, quello dei computer, quello della ricerca scientifica, quello della sessualità. Ognuno di queste forme di comunicazione ha le sue regole e il Festival delle scienze vuole esplorarle.
        -  Ieri il programma delle quattro giornate è stato presentato alla stampa in Campidoglio, con il sindaco Ignazio Marino a fare gli onori di casa. Il pezzo da Novanta tra gli ospiti è senz’altro Noam Chomsky. Quello che probabilmente è il più famoso linguista del mondo ha 85 anni e viene a Roma non solo a tenere una lezione, ma anche perché è il protagonista di una talk opera per ensemble strumentale, voce, elettronica e immagini: «Conversazioni con Chomsky» (venerdì 24, sala Sinopoli ore 21). La lezione del padre della grammatica generativo trasformazionale una teoria che ha ispirato generazioni di linguisti, ma anche di filosofi, psicologi, neurologi - avrà come titolo «Il linguaggio come organo della mente» (sabato 25, Sala Petrassi ore 21) e si addentrerà in un territorio nuovo e complesso come il linguaggio interiore.
        -  Ma il Festival non è solo Chomsky. Tra le lezioni magistrali, ci sarà quella sui linguaggi della sessualità di Nicla Vassallo, quella su «linguaggio e musica» di David Pesetsky, quella sul linguaggio della fotografia di Armin Linke, quella sui rapporti tra linguaggio e giustizia di Lawrence Solan e quella del filosofo Stefano Catucci sull’esplorazione della Luna raccontata attraverso vari linguaggi. Poi i dialoghi: incontri a più voci su vari temi, dal linguaggio della ricerca (a cui partecipa anche Ignazio Marino) alle patologie del linguaggio, dalle differenze tra il linguaggio degli umani e quello delle macchine (con Tomaso Poggio, Stuart Shieber e Roberto Cordeschi) a come emerge il linguaggio dei bambini. In programma anche caffè scientifici che a volte sono vere e proprie chicche, come quello di domenica pomeriggio: protagonista Tullio De Mauro che parlerà dell’incomprensione linguistica.
        -  Durante le quattro giornate sono previsti incontri con le scuole, laboratori e exhibit. Tra gli altri, «Parole al cubo», gioco di piazza che consiste nel trovare il maggior numero di vocaboli di senso compiuto nel minor tempo possibile, e Nanopinion, una mostra curata da Explora, il museo dei bambini di Roma, sui segreti dell’infinitamente piccolo.
        -  Durante il Festival verranno inoltre proiettati alcuni documentari e film, tra cui Temple Grandin. Una donna straordinaria, la biografia di una delle donne autistiche più famose al mondo a cui Oliver Sacks dedicò un famoso racconto: Un antropologo su Marte.


Noam Chomsky

“Quello che siamo e facciamo sono soltanto linguaggio"

Intervista all’intellettuale americano che spiega le sue teorie e le sue radicali opinioni politiche

di Federico Capitoni (la Repubblica, 18.01.2014)

      • Noam Chomsky terrà una lectio magistralis il 25 gennaio a Roma durante il Festival delle Scienze che si tiene all’Auditorium Parco della musica
        -  Il 23 gennaio esce, per Ponte alle Grazie il libro I padroni dell’umanità pagg. 200, euro 16,50

«Non penso che ci sia un politico che abbia mai prestato una qualche attenzione a ciò che scrivo, dico o faccio». A 85 anni, Noam Chomsky si rende bene conto che pure essere uno degli intellettuali più ascoltati del pianeta, non cambia la direzione che il mondo ha preso. Il grande linguista americano, a partire dagli anni Settanta, ha scelto seriamente la strada del pensiero e dell’attivismo politico che lo ha portato oggi a essere l’interlocutore privilegiato nei dialoghi sui problemi di ordine mondiale. Una raccolta dei suoi saggi politici, I padroni dell’umanità (Ponte alle Grazie, in libreria il 23), mette ora in fila tutte le sue risposte, generalmente volte a condannare i sistemi neoliberisti e neocolonialisti.

Nel frattempo la sua idea di una grammatica universale (facoltà mentale comune a tutti gli individui) e la teoria della grammatica generativa (l’insieme, finito, delle regole che danno luogo alle potenzialmente infinite formulazioni delle frasi) hanno iniziato a camminare da sole: «La grammatica generativa è ormai una scienza, - dice - e come tale raccoglie i risultati prodotti dalla partecipazione collettiva di tanti studiosi».

Il 25 gennaio a Roma, all’interno del Festival delle Scienze, Chomsky terrà una lezione magistrale in cui parlerà del linguaggio e della mente. Ma il pubblico italiano potrà incontrarlo anche la sera prima in un curioso spettacolo musicale, Conversazioni con Chomsky, una talk-opera multimediale del compositore Emanuele Casale, ove il linguista parteciperà a «una sessione di domande sugli argomenti della linguistica, dell’economia e della politica, anche italiana»...

-  Professor Chomsky, lei parteciperà a un’opera musicale. Si dice spesso che la musica sia un linguaggio universale. Ma, innanzi tutto, la musica è un linguaggio?

«Il concetto di linguaggio nell’uso comune è vago e informale. È comunque possibile formulare almeno alcune chiare domande. Per esempio quali relazioni ci sono tra musica e linguaggio umano? Ci sono studi su questo e molte idee interessanti ma la domanda generale non ha risposta. È come domandarsi se gli aeroplani volino (certo, ma non come le aquile) o se i sottomarini nuotino (non proprio come delfini). Sono faccende che hanno a che fare con le metafore che scegliamo di accettare, non sono questioni fattuali».

-  Cosa differenzia il linguaggio verbale dagli altri sistemi di segni (suoni, figure, gesti)?

«È importante ricordare che il linguaggio umano non è necessariamente verbale. Può essere espresso attraverso suoni, il modo più comune, o segni grafici. Come abbiamo scoperto in anni recenti, molti linguaggi simbolici che sono nati nel mondo sono particolarmente simili ai linguaggi orali. A ogni modo il linguaggio umano differisce da altri sistemi di segni in alcuni importanti aspetti: struttura, uso, rappresentazione neuronale. È stato anche scoperto che lo stesso gesto può funzionare in maniera diversa se viene usato in un sistema di segni o se in un contesto non linguistico. Le proprietà fondamentali del linguaggio umano appaiono uniche e sono probabilmente emerse relativamente di recente rispetto al processo evolutivo. La facoltà del linguaggio sembra essere ampiamente dissociata da altri sistemi cognitivi umani e completamente differente dai sistemi di comunicazione animali».

-  Se il linguaggio è generato dalla grammatica e la grammatica fondata su strutture foniche, si potrebbe dire che il linguaggio si origina più probabilmente dal suono che dal segno?

«Quello che possiamo dire è che il suono è solo una delle forme di esternalizzazione del linguaggio e non sembra essere essenziale della sua natura. Concordo con la tradizione che tende a considerare il linguaggio primariamente uno strumento del pensiero e la sua esternalizzazione, in una o un’altra modalità, un processo secondario. È tuttavia vero che i segni grafici sono cosa piuttosto recente nella storia dell’uomo, tra l’altro solo in certe culture, e che non possano essere collegati all’origine del linguaggio».

-  Cosa pensa delle recenti ricerche neurolinguistiche? I risultati scientifici mettono a tacere la lunga diatriba tra “innatismo” e “comportamentismo”?

«Nonostante io abbia sempre trovato fuorviante parlare di dibattito tra “comportamentismo” e “innatismo” (e soprattutto su questa parola bisognerebbe accordarsi, perché non ha un significato ben definito), non si può seriamente dubitare che ci sia un alto numero di fattori innati che entrano in ogni aspetto della funzione cognitiva. L’unica alternativa è la magia. Il lavoro scientifico è determinare questi fattori:per esempio, qual è la dote biologica che rende il bambino, e non un altro organismo, in grado di sviluppare le capacità che io e lei stiamo usando ora? E così domande simili sulle facoltà mentali e non. Anche i comportamentisti ormai credono a fattori innati».

-  Se il linguaggio dà forma all’esperienza, quanto i problemi del mondo dipendono dal linguaggio?

«Difficile pensare che esista un’attività umana in cui il linguaggio non sia direttamente coinvolto. Dire che ci sia una dipendenza dal linguaggio è plausibile ma è una questione davvero troppo seria e indefinita per esaminarla».

-  Il suo ultimo libro si intitola I padroni dell’umanità. Chi sono costoro?

«I centri corporativi delle società industriali avanzate vogliono farsi ricordare come i padroni dell’umanità. Il termine è preso in prestito da una frase di Adam Smith: “la vile massima dei padroni dell’umanità: tutto per noi, niente per gli altri”. È esattamente la proprietà istituzionale delle società capitaliste ».

-  Lei scrive che potere e verità sono in conflitto e che gli intellettuali o ricercano la verità o comandano. È dunque impossibile il governo dei filosofi sognato da Platone?

«Bakunin predisse che il governo dalla classe emergente della scientific intelligentsia avrebbe portato alle peggiori e brutali autocrazie della storia umana. È risultata un’osservazione lungimirante. Non c’è dunque ragione per aspettarsi che il governo dei filosofi, o quello di una qualsiasi altra élite, sia migliore».

Tra i temi che le stanno più a cuore c’è l’ambiente. Quali rischi dobbiamo temere maggiormente?

«Ci sono due ombre scure che incombono su ogni considerazione riguardo al futuro: la catastrofe ambientale e la guerra nucleare. La prima è già tristemente una realtà; l’altra è un rischio sempre presente che non accenna a dissolversi, è quasi un miracolo che siamo scappati a un disastro nucleare non così tanto tempo fa. Pessimismo e ottimismo sono questioni soggettive, non sono importanti: qualunque sia il proprio stato d’animo, le azioni da intraprendere sono essenzialmente le stesse».


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