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La società sparente

Ndrangheta: secondo il condannato Enzo Sculco, consigliere regionale, è un fenomeno letterario. La tragica fine della morale nell’ambito pubblico calabrese, raccontata dal giornalista Roberto Galullo

Con lettera inquietante di Giorgio Greco, ripresa dal blog del collega di Il Sole 24 Ore
venerdì 25 marzo 2011 di Emiliano Morrone
“La ‘ndrangheta a Crotone non ha know how. E’ un fenomeno letterario” (pubblicato sul blog di Roberto Galullo, nella foto)
Alt. Non ho bevuto cari amici di blog. Non vi preoccupate. A pronunciare questa frase è stato nientepopodimenoche “Sua Preferenza” Enzo Sculco, condannato in primo grado a 7 anni di reclusione per truffa, turbata libertà degli incanti, corruzione e concussione nell’ambito dell’inchiesta sulla Provincia di Crotone di cui era vicepresidente.
Per i (...)

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> Ndrangheta, secondo il condannato Enzo Sculco, consigliere regionale, è un fenomeno letterario. La tragica fine della morale nell’ambito pubblico calabrese, raccontata dal giornalista Roberto Galullo

mercoledì 29 ottobre 2008

di Gian Marco Chiocci

Predicare bene, razzolare male. Dopo Enzo Sculco, consigliere regionale del Pd in Calabria sospeso dalla carica per una condanna in primo grado a sette anni di carcere per truffa e concussione e poi riaccolto a braccia aperte fra i banchi della maggioranza guidata dal governatore Agazio Loiero, il centrosinistra, che di giustizia, moralità e legalità non smette mai di parlare, regala l’ennesimo «premio alla carriera» a un altro condannato. In via definitiva. Questa volta non si tratta di un politico, ma di un manager di quella sanità calabrese sempre al centro di inchieste, arresti, casi di malasanità, infiltrazioni della ’ndrangheta. Arrestato nel 1994, quand’era commissario straordinario della Usl di Cosenza, con l’accusa di concorso in abuso d’ufficio, turbativa d’asta e falso ideologico, condannato con sentenza definitiva a sei mesi di reclusione per falso in atto pubblico e poi premiato dal governatore della Calabria, Agazio Loiero (suo amico fin da quando insieme militavano nella Dc, diventato direttore generale della presidenza della giunta regionale). Franco Petramala, questo il nome del manager, dal gennaio scorso ricopre infatti il ruolo di direttore generale dell’azienda sanitaria provinciale di Cosenza, la più importante della Calabria. Le indagini che portarono prima all’arresto e poi alla condanna di Petramala, ipotizzarono «un quadro di diffuse irregolarità» in riferimento ad alcuni appalti che, sempre secondo la procura, erano «finalizzati alla predeterminazione dell’impresa aggiudicataria e all’instaurazione, con essa, di una linea di trattamento assolutamente preferenziale». Nonostante il precedente, l’esecutivo calabrese ha tentato di far passare la nomina come un atto limpido e super partes, affermando che «la giunta regionale con queste nomine si è inserita nella linea già tracciata dal ministro Livia Turco (ex titolare della Salute nel governo Prodi, ndr) per evitare scelte dovute ad appartenenza politica, piuttosto che a conclamate professionalità nel settore». A cascarci sono stati in pochi. Il primo a indignarsi, come sempre pubblicamente, è stato Filippo Callipo, imprenditore calabrese da anni in prima linea contro la ’ndrangheta. «Ma come si fa? Forse nel profilo di un amministratore pubblico non è contemplata la dirittura etica? Per carità, nulla di personale, ma come si potrebbe criticare lo sconforto di un imprenditore mentre la politica si mette sotto i piedi la legalità ogni qualvolta dovrebbe dimostrare di difenderla?». Anche la politica, di destra e di sinistra, è insorta. Ma Loiero, al momento della nomina, l’ha difeso: «Questa nomina valorizza la competenza, l’esperienza e la passione di un amministratore che ha già operato molto bene per la sanità cosentina».


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