Dura denuncia dei presuli sulle violenze nellEst. L’Onu ha cominciato a distribuire cibo anche nelle zone controllate dai ribelli. I profughi affollano il Centro di Ngangi: «Da queste parti alla paura ci si abitua»
I vescovi: nel Kivu si sta consumando un genocidio
DA GOMA Mentre il Programma alimentare mondiale dell’Onu ha iniziato a distribuire scorte di cibo a 12mila persone nelle aree della Repubblica democratica del Congo attualmente dominate dai ribelli, come quella di Rutshuru, l’Onu ha dato il via al maxi trasferimento di 65mila sfollati del campo profughi di Kibati, a un soffio dalla linea del fronte. A Kinshasa è giunto ieri l’inviato speciale delle Nazioni Unite per la crisi, l’ex presidente nigeriano Olusegun Obasanjo, che incontrerà il presidente congolese Joseph Kabula per discutere dell’emergenza. Intanto i vescovi congolesi hanno denunciato ieri il «genocidio silenzioso che avviene sotto gli occhi del mondo intero messo in atto con una crudeltà eccezionale».
Secondo una dichiarazione dei presuli, riportata dall’agenzia “Fides”, «la violenza di oggi fa parte di un piano di spartizione del Paese e delle sue straordinarie risorse minerarie». I vescovi hanno criticato i caschi blu dell’Onu: «Il fatto più deplorevole è che le violenze avvengono sotto l’occhio impassibile di coloro che hanno ricevuto il mandato di mantenere la pace e di proteggere la popolazione civile». Ma altrettanto severo è il giudizio sul governo: «I nostri governanti si mostrano impotenti di fronte alla gravità della situazione, dando l’impressione di non essere all’altezza della sfide della pace, della difesa della popolazione e dell’integrità del territorio nazionale». In un suo messaggio alla “Fides” il vescovo di Goma, monsignor Faustin Ngabu, ha parlato di «danni indescrivibili e non sempre conosciuti». Intanto i rappresentanti di decine di congregazioni missionarie hanno concordato di attuare un’azione comune per rispondere a questa emergenza. Nel loro incontro è emersa la convinzione che questo conflitto va oltre le questioni locali e solleva problemi umanitari, politici e geopolitici. Proprio per questo si chiama in causa la comunità internazionale e le strategie economiche di Paesi impegnati a contendersi le ricchezze del Congo.