A ROMA
Calabria, addio a Lombardi Satriani. L’antropologo dei "senza voce"
di Vincenzo Bonaventura (Gazzetta del Sud - 30 Maggio 2022)
E’ un lutto importante per l’antropologia italiana e non solo, ma ancor più, pur nella sua statura internazionale, Luigi Lombardi Satriani, morto ieri a 85 anni, ha avuto (e continuerà ad avere) un ruolo fondamentale, di riscatto culturale e di conferma dell’importante valore umano e culturale di tradizioni antiche che sono tutt’altro che una reliquia del passato, soprattutto per la sua Calabria. Basti pensare al titolo del suo primo libro, “Folklore come cultura di contestazione” (1966), per comprendere come la sua ricerca, d’impronta francamente marxista - lo chiamavano «il barone rosso» - , anche oltre l’originale impostazione gramsciana, abbia posto in primo piano l’essenza della cultura popolare, tanto più quella della sua regione, come «oppositiva», cioè - come aveva scritto - in grado di «ridare voce a chi storicamente ne è stato espropriato, ai “muti della storia”». Folklore e tradizioni non come sopravvivenze di un antico che non ha più posto nel mondo di oggi, ma come cultura viva e vitale, e capace come tale d’essere “altro”, opponendosi alla cultura dominante, al consumismo e alla società massificata.
Lombardi Satriani, nato a San Costantino di Briatico (Vibo Valentia) nel dicembre del 1936, cominciò la sua carriera universitaria a Messina, per poi proseguirla a Napoli e alla Sapienza di Roma, di cui era professore emerito. È stato anche preside della facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università della Calabria (dove nel 2016 ha ricevuto la laurea honoris causa in Filologia moderna) e presidente onorario dell’Associazione italiana per le Scienze etno-antropologiche. Ha insegnato anche negli atenei di Austin (Texas) e San Paolo (Brasile) ed è stato Senatore, eletto con L’Ulivo, dal 1996 al 2001. Nel 2016 ha ricevuto il premio “Cocchiara” dell’Università di Messina.
I temi della religiosità popolare (e i suoi collegamenti con il cibo), della cultura della morte (fondamentale il suo studio sul sangue, “De Sanguine”, edizioni Meltemi) come argomento esistenziale dimenticato dalla contemporaneità, della vita quotidiana nei campi o nei pascoli (suo, tra gli altri, un documentario Rai sui pastori della Sardegna), sono stati da lui valorizzati e resi centrali, senza mai prescindere da un profondo spirito di servizio. Soprattutto si ricorda il suo incontro (sfociato in un programma Rai e in un libro, nel 1985, a quattro mani con Maricla Baggio) con Natuzza Evolo, la mistica di Paravati, che rimane ancora adesso la più importante e intensa testimonianza su una donna che ha segnato in modo misteriosamente forte la società calabrese. La lunga intervista con Natuzza mette in luce la capacità di Lombardi Satriani, da lui dichiarata e voluta, di creare un rapporto paritetico ed empatico, pur nella diversità dei ruoli. Un documentario che oggi ci dà uno spaccato dell’epoca, «nel contesto - come è stato scritto - di un Meridione intriso di realismo magico, dove una forte componente religiosa e spirituale si fonde con elementi esoterici di grande rilievo sociologico e antropologico». E dove, possiamo aggiungere, emerge la grande sincerità d’accenti della cultura popolare.
In un’intervista al “Manifesto” aveva dichiarato che l’antropologo deve «confrontarsi con i fenomeni che la vita quotidiana ci pone dinanzi con drammatica evidenza: penso all’immigrazione di massa che vede fuggiaschi dall’Africa, che cercano nella nostra società riparo dalle violenze della guerra e delle persecuzioni», portando con sé la necessità di «una revisione radicale dei nostri strumenti metodologici. Oggi più che mai è tempo di mutamento, anche per il lavoro di antropologo». Una conclusione importante, un testamento di lavoro che ancora una volta può trovare nelle campagne spopolate della Calabria, e non solo, la sua naturale (e dolorosa) evoluzione.
I messaggi di cordoglio
“La Calabria perde una personalità di grande valore, che ha raccontato la nostra società attraverso lo studio del folklore, della religiosità popolare, e della cultura contadina. È venuto a mancare Luigi Maria Lombardi Satriani. Antropologo di rara intelligenza, fine accademico, già senatore della Repubblica. Era nato più di 85 anni fa a San Costantino, una frazione di Briatico, in provincia di Vibo Valentia. Aveva insegnato nelle Università di Messina, della Calabria, e a ‘La Sapienza’ di Roma. Sincero cordoglio da parte della Giunta regionale”. Così Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria.
È morto il grande antropologo Luigi Maria Lombardi Satriani
Lo chiamavano il "barone rosso" per le sue idee progressiste. Ha rivoluzionato la scienza umana indagando il folklore e criticando una certa visione felice del consumismo, condivisa anche a sinistra. Ha conciliato rigore della ricerca e letterarietà della scrittura
di Marino Niola (la Repubblica, 30 MAGGIO 2022)
Il "barone rosso" ha preso congedo dalla vita. Con Luigi Maria Lombardi Satriani scompare uno degli antropologi più importanti del nostro paese. Lo chiamavano così per la sua origine aristocratica e per le sue idee politiche, sempre decisamente progressiste. Che lo portarono anche ad entrare in Senato nel 1996 con la maglia dell’Ulivo.
Grande visione scientifica e umanità generosa, addirittura straripante. La sua fame di vita gli ha sempre fatto da bussola. E il suo ago magnetico ha sempre puntato verso il Sud, dell’Italia e del mondo. Negli anni Sessanta, nel clima concitato e a tratti drammatico della contestazione, revocò in questione la rappresentazione dominante della cultura popolare. Divisa tra marxismo e crocianesimo, distanti ma concordi nel guardare al mondo contadino come ad un’umanità ferma su un binario morto dello sviluppo. Come un relitto folklorico. Una scheggia di storia non più nostra per dirla con il Pasolini de Le ceneri di Gramsci.
Ma lui rovesciò il tavolo facendo affiorare negli usi e costumi di un Mezzogiorno che sembrava più lontano nel tempo che nello spazio, una radicale contestazione della cultura dominante, sia di quella conservatrice, sia di quella progressista. Per lui quel quarto stato con i suoi riti e i suoi miti, con le sue idee di comunità e di società, per il solo fatto di esistere, costituiva una smentita della fiducia nelle magnifiche sorti e progressive del consumismo incipiente. Negli anni Sessanta scrisse libri fondamentali come Il folklore come cultura di contestazione che sviluppa, in una fusione originale ed eterodossa, le linee portanti delle scienze sociali italiane, da Antonio Gramsci ad Ernesto de Martino.
I suoi corsi all’Università di Messina, della Calabria, alla Federico II di Napoli e in seguito alla Sapienza e al Suor Orsola Benincasa erano degli autentici happening dove ragione e rivoluzione si davano convegno. Il pensiero di Lombardi Satriani è di fatto all’origine del cosiddetto Folk revival, un movimento politico e poetico che ha rivelato al paese l’esistenza di un immenso giacimento culturale che una malintesa idea dello sviluppo rischiava di cancellare troppo in fretta, relegandolo nel retrobottega della storia.
Mentre Lombardi Satriani affermava risolutamente la contemporaneità di quelle schegge di passato. Per lui le tarantolate pugliesi, le veggenti calabresi, le devote di Padre Pio non erano il residuo imbarazzante di un mondo anacronistico, ma gli anelli deboli dello sviluppo, le sorelle di "Rocco e i suoi fratelli" che erano rimaste al paese a custodire lari e penati. E l’altra faccia del miracolo economico Lombardi Satriani la rivelò anche in libri pionieristici come Folklore e profitto del 1973 dove per la prima volta venivano analizzati antropologicamente parole e immagini degli spot televisivi.
Di fatto era l’antropologia di Carosello. La grande capacità di cogliere il legame nascosto fra l’arcaico e il postmoderno, in seguito condusse Lombardi Satriani a studiare il simbolismo del sangue sullo sfondo del flagello dell’Aids, il rapporto tra contaminazione e malattia, tra male fisico e stigma morale. E nei 1982 vinse il Premio Viareggio con Il ponte di San Giacomo, un bellissimo libro scritto con Mariano Meligrana sull’ideologia della morte nel mondo contadino italiano. Dove mostrava le conseguenze tragiche della rimozione della morte in una società come la nostra, sospesa o prigioniera di un eterno presente.
Ma in realtà la forza del pensiero di Lombardi Satriani stava nella capacità di coniugare il rigore della ricerca con la letterarietà della scrittura. Una sintesi che lui considerava indispensabile per non trasformare le scienze umane in un arido elenco statistico o in un inventario notarile di curiosità locali. In realtà Luigi Maria Lombardi Satriani è sempre stato in presa diretta su ciò che rende umani gli uomini. E l’unica consolazione quando si perde un maestro come lui è pensare che ha sempre preso la vita a piene mani. Per questo ha visto prima e più degli altri.