Il confessionale
Dalle tette ai neuroni
La “crociatina” di Ravasi
di Daniela Ranieri (il Fatto, 04.02.2015)
Nell’occhio del ciclone-Bergoglio, il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio per la cultura, scopre le “culture femminili” (che sono cosa ben diversa dalla cultura tout court) e indìce un’assemblea plenaria per celebrarle.
A fare da testimonial invita l’attrice Nancy Brilli, con la quale incappa nella polemica sulla chirurgia estetica, definita nel documento preparatorio dell’incontro, con un’espressione “pertinente anche se sferzante”, “burqa di carne”.
La Brilli fa notare che se la chirurgia serve a sentirsi meglio non bisogna demonizzarla, e poi lei è moglie di chirurgo estetico “che si occupa prevalentemente di ricostruzione post-cancro”.
IN SOSTANZA potremmo serenamente infischiarcene, se non fosse che la vicenda apre a paradossali considerazioni. Non stupisce che il Vaticano dia spazio alle donne (grazie!) purché corrispondano al ritratto della femminilità che reputa ammissibile - da qui la valorizzazione e la sanzione, l’encomio e i distinguo.
Conta che il raffinato e colto prelato si riferisse alle donne che aderiscono a un “modello estrinseco” di bellezza, essendo egli, come immaginiamo, non tanto interessato al seno femminile (anche se disapprova le diciottenni che se lo gonfiano) quanto alle neuroscienze; infatti, “quando si inizia a intervenire sulla interconnessione neuronale siamo di fronte a ambiti che hanno ridondanze delicate sul piano etico”.
E si sa come funziona, si parte dalle tette e si arriva ai neuroni. A parte che non avremmo niente da ridire sul trapianto cerebrale di molti, questo artificio retorico è un vecchio trucco. Girato per il verso giusto, il discorso rivela la sua piega implicita: la vecchia ossessione della Chiesa per il sesso.
La donna che si “corregge” il corpo che Dio le ha dato lo fa inequivocabilmente per piacere di più agli uomini e quindi accoppiarsi di più. Lo fa perché, a differenza dell’uomo, è incapace di comprendere da sola il valore del corpo femminile autentico e non adulterato, ben chiaro ai detentori del potere biopolitico che per secoli hanno messo le mani negli organi delle donne e oggi le vedono decidere senza il loro permesso.
“Il corpo delle donne”, specie di panda in via di estinzione a causa di una cultura maschilista, diventa così - ma a sua tutela! - oggetto di torsione etica. Come fosse un bene comune, del demanio, un monumento dentro le mura vaticane da proteggere e tutelare, anche a scapito, se occorre, della stessa volontà delle donne.
SAREBBE facile dare torto a quegli oscurantisti di preti, sennonché quella del “burqa di carne” non è una loro invenzione: viene dal mondo “femminista”. Dal movimento Se non ora quando, ad esempio, nel cui film-manifesto Il corpo delle donne una galleria di maschere botulinizzate viene inanellata a illustrazione dei nuovi mostri.
Ai tempi delle intemperanze di Berlusconi, il giudizio sulla chirurgia estetica assurgeva a epitome di una più estesa disapprovazione del modo in cui le donne sono rappresentate sui media e nella società occidentale, ed era severissimo: il ritocco nascondeva il “vero” volto delle ragazze delle Tv e delle case dell’ex premier, le spogliava della loro libertà come fa il burqa, e induceva innocenti adolescenti a imitarle.
Così il “femminismo moralista” disapprova la donna-oggetto anche qualora fosse ella stessa soggetto di questa reificazione, e riconosce dignità solo a una femminilità “vera” e “decente”, in pericolosa consonanza con quella ammessa o imposta dalle destre e dalla morale cattolica.
Colpisce quanto questo giudizio condiviso con la Chiesa contro l’“obbrobrioso mercato delle carni” promuova un’etica della moderazione, della riservatezza se non dell’invisibilità che è molto più affine al fondamentalismo di quanto lo sia l’abuso di botulino.