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EV-ANGELO = BUONA NOVELLA. DIO È AMORE (Charitas) non MAMMONA (Benedetto XVI, "Deus CARITAS est", 2006) ED "EU-*CARESTIA*"!!!

MONSIGNOR RAVASI, MA NON È POSSIBILE FARE CHIAREZZA? SI TRATTA DELLA PAROLA FONDANTE E DISTINTIVA DELLA FEDE CRISTIANA!!! DIO È AMORE ("Charitas") O MAMMONA ("Caritas")?! - Una nota di Federico La Sala

Ha dimenticato l’esortazione di Papa Wojtyla ("Se mi sbalio, mi corigerete")?!
mercoledì 5 novembre 2008 di Maria Paola Falchinelli
IL NOME DI DIO, SENZA GRAZIA ("CHARIS")! L’ERRORE FILOLOGICO E TEOLOGICO DI PAPA BENEDETTO XVI, NEL TITOLO DELLA SUA PRIMA ENCICLICA. Nel nome della "Tradizione"
KANT E SAN PAOLO. COME IL BUON GIUDIZIO ("SECUNDA PETRI") VIENE (E VENNE) RIDOTTO IN STATO DI MINORITA’ DAL GIUDIZIO FALSO E BUGIARDO ("SECUNDA PAULI").


CHARISSIMI, NOLITE OMNI SPIRITUI CREDERE (...)
DEUS CHARITAS EST
(1Gv 4. 1-8). (...)

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> MONSIGNOR RAVASI .... dice sì al film di Moretti sul pontefice che va in analisi (di Gian Guido Vecchi)

lunedì 23 novembre 2009

Fuori programma

Monsignor Ravasi dice sì al film di Moretti sul pontefice che va in analisi

di Gian Guido Vecchi (Corriere della Sera, 22.11.09)

CITTÀ DEL VATICANO - Sarà la suggestione, il fatto di sapere che sta preparando un film sulla storia d’un Papa de­presso che si rivolge a uno psicanalista - titolo di lavorazio­ne: Habemus Papam - ma quando Nanni Moretti entra nel­la Sistina, si siede in una fila di mezzo e fissa sugli affreschi e sul pontefice lo sguardo serio, intento e un po’ nevrotico del suo vecchio alter ego Michele Apicella, dà quasi l’impres­sione d’essere arrivato lì per un sopralluogo. Che abbia pre­so molto sul serio il suo compito, con buon pace di chi già s’aspetta una commedia «irriverente» o una banale provoca­zione, lo dimostra del resto il giudizio benevolo e la rivela­zione di monsignor Gianfranco Ravasi: «Negli ultimi tempi ci siamo sentiti e visti, Nanni Moretti mi ha fatto leggere la sceneggiatura: un’idea interessante, che non si sofferma sul tema del ’potere’ ma cerca una visione psicologica...».

Quando gli artisti, alla fine, sfilano davanti a Ravasi per ricevere la medaglia commemorativa, è il regista romano, sorridente, a parlare più a lungo con l’arcivescovo. Poi s’al­lontana, alza la mano davanti ai giornalisti come a dire «non parlo» e sparisce dalla circolazione. Certo è interessan­te che lui, così riservato sul suo lavoro, desiderasse far cono­scere il contenuto del prossimo film al «ministro» vaticano per la cultura. Ma non c’era chi già s’aspettava uno «scanda­lo » o qualcosa del genere? «Qualcuno magari lo vedrà come una provocazione, vedremo come sarà il film, ma dalla sce­neggiatura non mi pare il caso», sorride monsignor Ravasi. «Il testo vuole analizzare la figura di un Papa come persona. È la storia di un uomo che si sente incapace d’es­sere all’altezza della mis­sione che gli è stata data.

E non c’è polemica, mala­nimo verso il presunto ’potere’, la sua crisi na­sce anzi dallo splendore, dalla grandezza del com­pito che gli hanno affida­to. Tant’è vero che alla fi­ne il Papa chiede di prega­re per lui». Viene in mente La messa è finita , le parole di don Giulio davanti alla madre che s’è uccisa: «Ero felice quando uscivo con te, mi sentivo al sicuro da piccolo perché sapevo che c’eri tu. È bello essere bambini, non avere responsabilità, nessuno che ti chiede niente». Soprattutto viene in mente il proposito di «rinnovare l’amicizia della Chiesa con il mon­do dell’arte» appena detto da Benedetto XVI. «Adesso si trat­ta di continuare, la prossima meta sarà la Biennale di Vene­zia 2011: la Santa Sede, per la prima volta, sarà presente con un proprio padiglione», conferma monsignor Ravasi. E spie­ga: «Vorrei rivolgermi a sette-otto artisti di altissimo livello e di tutto il mondo, a cominciare dall’Africa. E dare loro co­me spunto i primi undici capitoli della Genesi, non tanto per rappresentarli ma perché lì si trovano già tutti i temi fondamentali: la creazione, il male, la coppia, l’amore, la vio­lenza familiare e sociale, le decreazione e la rovina - quin­di l’ecologia, il diluvio! -, l’oppressione imperialistica di Babele e così via. Così avranno un testo di riferimento, non dei simboli che possono diventare una cosa new age...».

L’importante è proseguire il dialogo e allargare gli oriz­zonti. «Avevano chiesto di partecipare anche i rappresentan­ti della moda», allarga le braccia l’arcivescovo. «Si potrà fare un passo verso di loro, magari facendo in modo di strappa­re l’orizzonte della moda dalla pura provocazione, l’autorefe­renzialità, l’esercizio stilistico fine a se stesso, verso una ve­ra rappresentazione artistica: anche i vestiti lo possono esse­re, pensi all’arte liturgica...».


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