Fuori programma
Monsignor Ravasi dice sì al film di Moretti sul pontefice che va in analisi
di Gian Guido Vecchi (Corriere della Sera, 22.11.09)
CITTÀ DEL VATICANO - Sarà la suggestione, il fatto di sapere che sta preparando un film sulla storia d’un Papa depresso che si rivolge a uno psicanalista - titolo di lavorazione: Habemus Papam - ma quando Nanni Moretti entra nella Sistina, si siede in una fila di mezzo e fissa sugli affreschi e sul pontefice lo sguardo serio, intento e un po’ nevrotico del suo vecchio alter ego Michele Apicella, dà quasi l’impressione d’essere arrivato lì per un sopralluogo. Che abbia preso molto sul serio il suo compito, con buon pace di chi già s’aspetta una commedia «irriverente» o una banale provocazione, lo dimostra del resto il giudizio benevolo e la rivelazione di monsignor Gianfranco Ravasi: «Negli ultimi tempi ci siamo sentiti e visti, Nanni Moretti mi ha fatto leggere la sceneggiatura: un’idea interessante, che non si sofferma sul tema del ’potere’ ma cerca una visione psicologica...».
Quando gli artisti, alla fine, sfilano davanti a Ravasi per ricevere la medaglia commemorativa, è il regista romano, sorridente, a parlare più a lungo con l’arcivescovo. Poi s’allontana, alza la mano davanti ai giornalisti come a dire «non parlo» e sparisce dalla circolazione. Certo è interessante che lui, così riservato sul suo lavoro, desiderasse far conoscere il contenuto del prossimo film al «ministro» vaticano per la cultura. Ma non c’era chi già s’aspettava uno «scandalo » o qualcosa del genere? «Qualcuno magari lo vedrà come una provocazione, vedremo come sarà il film, ma dalla sceneggiatura non mi pare il caso», sorride monsignor Ravasi. «Il testo vuole analizzare la figura di un Papa come persona. È la storia di un uomo che si sente incapace d’essere all’altezza della missione che gli è stata data.
E non c’è polemica, malanimo verso il presunto ’potere’, la sua crisi nasce anzi dallo splendore, dalla grandezza del compito che gli hanno affidato. Tant’è vero che alla fine il Papa chiede di pregare per lui». Viene in mente La messa è finita , le parole di don Giulio davanti alla madre che s’è uccisa: «Ero felice quando uscivo con te, mi sentivo al sicuro da piccolo perché sapevo che c’eri tu. È bello essere bambini, non avere responsabilità, nessuno che ti chiede niente». Soprattutto viene in mente il proposito di «rinnovare l’amicizia della Chiesa con il mondo dell’arte» appena detto da Benedetto XVI. «Adesso si tratta di continuare, la prossima meta sarà la Biennale di Venezia 2011: la Santa Sede, per la prima volta, sarà presente con un proprio padiglione», conferma monsignor Ravasi. E spiega: «Vorrei rivolgermi a sette-otto artisti di altissimo livello e di tutto il mondo, a cominciare dall’Africa. E dare loro come spunto i primi undici capitoli della Genesi, non tanto per rappresentarli ma perché lì si trovano già tutti i temi fondamentali: la creazione, il male, la coppia, l’amore, la violenza familiare e sociale, le decreazione e la rovina - quindi l’ecologia, il diluvio! -, l’oppressione imperialistica di Babele e così via. Così avranno un testo di riferimento, non dei simboli che possono diventare una cosa new age...».
L’importante è proseguire il dialogo e allargare gli orizzonti. «Avevano chiesto di partecipare anche i rappresentanti della moda», allarga le braccia l’arcivescovo. «Si potrà fare un passo verso di loro, magari facendo in modo di strappare l’orizzonte della moda dalla pura provocazione, l’autoreferenzialità, l’esercizio stilistico fine a se stesso, verso una vera rappresentazione artistica: anche i vestiti lo possono essere, pensi all’arte liturgica...».