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EV-ANGELO = BUONA NOVELLA. DIO È AMORE (Charitas) non MAMMONA (Benedetto XVI, "Deus CARITAS est", 2006) ED "EU-*CARESTIA*"!!!

MONSIGNOR RAVASI, MA NON È POSSIBILE FARE CHIAREZZA? SI TRATTA DELLA PAROLA FONDANTE E DISTINTIVA DELLA FEDE CRISTIANA!!! DIO È AMORE ("Charitas") O MAMMONA ("Caritas")?! - Una nota di Federico La Sala

Ha dimenticato l’esortazione di Papa Wojtyla ("Se mi sbalio, mi corigerete")?!
mercoledì 5 novembre 2008 di Maria Paola Falchinelli
IL NOME DI DIO, SENZA GRAZIA ("CHARIS")! L’ERRORE FILOLOGICO E TEOLOGICO DI PAPA BENEDETTO XVI, NEL TITOLO DELLA SUA PRIMA ENCICLICA. Nel nome della "Tradizione"
KANT E SAN PAOLO. COME IL BUON GIUDIZIO ("SECUNDA PETRI") VIENE (E VENNE) RIDOTTO IN STATO DI MINORITA’ DAL GIUDIZIO FALSO E BUGIARDO ("SECUNDA PAULI").


CHARISSIMI, NOLITE OMNI SPIRITUI CREDERE (...)
DEUS CHARITAS EST
(1Gv 4. 1-8). (...)

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> MONSIGNOR RAVASI, MA NON E’ POSSIBILE FARE CHIAREZZA? ---- Vangelo secondo Tommaso (di Gianfranco Ravasi - Così ha parlato Tommaso)

domenica 15 aprile 2012

Così ha parlato Tommaso

di Gianfranco Ravasi (Il Sole 24 Ore, 15 aprile 2012)

La vicenda ha la trama di un giallo. Inverno 1945-46: in un remoto villaggio dell’Alto Egitto, presso la città di Nag Hammadi (l’antica Chenoboskion), alcuni braccianti stanno estraendo dal sottosuolo un fertilizzante naturale. All’improvviso, sotto le pale, ecco apparire un orcio di ceramica sigillato: aperto, si rivela colmo di libri papiracei rilegati in cuoio. Il caposquadra sequestra per sé il tesoro e lo colloca nella sua modesta abitazione ove senza imbarazzo sua madre, quando deve appiccare il fuoco al focolare, non esita a strappare alcuni di quei fogli. Ma un giorno quell’operaio viene coinvolto in una faida di sangue e, costretto alla fuga, si assicura qualche guadagno piazzando quei testi presso alcuni antiquari. Sembra una leggenda, ma uno di questi codici giungerà fino a casa di Jung, sì, lo "psicoanalista" celebre, come dono offertogli per un compleanno!

Fu solo dieci anni dopo la scoperta, nel 1955, che dodici di quei codici furono ricomposti in unità presso il Museo Copto del Cairo perché copta era la lingua in cui erano scritti, mentre bisognerà attendere fino al 1959 per l’editio princeps del testo divenuto più famoso, quel Vangelo secondo Tommaso che ora possiamo leggere e studiare in una raffinata e accurata versione italiana commentata ampiamente, con testo originale a fronte, per merito di un borsista dell’Università di Torino, Matteo Grosso. In verità, ci si era accorti che quei fogli copti contenevano un testo apocrifo parzialmente già noto in greco in tre papiri rinvenuti tra il 1897 e il 1904 nella località di Ossirinco, un centro a 180 km a sud del Cairo, da due studiosi inglesi, Bernard P. Grenfell e Arthur S. Hunt, e databili attorno al 200-250, antichi di oltre 100-150 anni rispetto ai più ampi paralleli copti di Nag Hammadi..

Ma che cosa conteneva questo scritto che solo nel "colofon" finale è definito «Vangelo secondo Tommaso»? Si tratta di 114 lóghia, cioè "detti" di Gesù, alcuni presenti nei Vangeli canonici, altri ignoti ma spesso non privi di una loro attendibilità storica. Ora, da tempo gli esegeti hanno isolato all’interno dei Vangeli di Matteo e Luca una fonte usata da questi evangelisti denominata Q (dal tedesco Quelle, "fonte’) e costituita anch’essa di frasi pronunciate da Gesù. Si trattava, dunque, di qualcosa di parallelo rispetto al Vangelo secondo Tommaso: sappiamo, infatti, che i Vangeli ebbero alcuni "predecessori", orali e scritti, ossia stesure parziali di detti e fatti di Gesù e memorie su di lui. Certo, il nostro apocrifo è di redazione tarda, ma custodisce al suo interno frasi nuove o analoghe e talora identiche a quelle della fonte Q.

Nonostante l’«alone caliginoso» che avvolge il testo di Tommaso - per usare un’espressione di Grosso -, a causa di una sua ipotetica dipendenza dalle mitologie gnostiche, cioè appartenenti a un’ideologia cristiana deviata fiorita soprattutto in Egitto, dipendenza nettamente esclusa dal curatore di questa edizione, l’opera rivela una sua originalità sia contenutistica sia stilistica sia strutturale, acutamente vagliata da una studiosa statunitense, April D. DeConick (The Original Gospel of Thomas, T&T Clark, London - New York 2006).

Il modello di composizione risultante è dinamico, è quello di un rolling corpus che intreccia tradizioni orali e cristallizzazione scritta e che opera «un continuo e progressivo incorporamento di materiale nuovo», destinato a «inframmezzarsi e compenetrarsi con quello precedente, trasfigurandolo nella forma e riorientandone il significato».

Tre sono gli attori che entrano in scena. C’è innanzitutto una voce narrante che introduce i vari lòghia con la formula: «Dice Gesù...». Si ha poi l’apostolo Tommaso che reca anche il nome di Giuda e la resa greca del significato di Thômàs, "gemello", quindi Didimo, termine usato nei suoi confronti anche dal Vangelo di Giovanni (11,16; 20,24; 21,2). Quest’ultimo lo presenta come personaggio centrale in una delle apparizioni di Cristo risorto, sotto lo scorcio simbolico del dubbioso (20,19-29), al contrario di quanto accade nell’apocrifo ove è l’emblema del vero discepolo.

Infine, ecco il protagonista Gesù che sorprendentemente non è mai chiamato né Cristo né Figlio di Dio, ma soprattutto «il Vivente». Infatti, nel testo è di grande rilievo la dialettica tra vita e morte, tesa verso l’orizzonte escatologico per cui il fedele è destinato a «non gustare la morte» in quel paradiso ove gli alberi «non cambiano né d’estate né d’inverno», le cui foglie sono perenni, divenendo così simbolo d’immortalità (n.19). Perciò, sarà «beato colui che sarà saldo all’inizio: egli conoscerà la fine e non gusterà la morte» (n.18).

A questo punto non resta che percorrere i 114 detti di questo stupefacente Vangelo, accompagnati dalla ricca e attenta esegesi di Grosso. Tanto per far pregustare qualche perla di questa collana spirituale, citeremo tre lòghia. Il primo reca il n. 25 ed è un’esaltazione del precetto dell’amore: «Dice Gesù: Ama tuo fratello come la tua anima; custodiscilo come la pupilla del tuo occhio». Il secondo è in realtà l’ultimo della raccolta (n.114) ed è sconcertante per il suo aspro antifemminismo, testimonianza di ambiti estremi del cristianesimo delle origini, ma ricondotto nei suoi termini specifici dal commento di Grosso a cui rimandiamo. Ecco il testo: «Simon Pietro dice loro: Maria deve lasciarci, perché le donne non meritano la vita. Dice Gesù: Ecco, io stesso la attirerò affinché sia fatto maschio, così che possa anche lei diventare uno spirito vivente, maschio simile a voi. Poiché ogni donna che si farà maschio entrerà nel regno dei cieli». In un altro detto, il 22, si aveva invece il superamento della divisione dei sessi, un po’ nella linea di quanto affermava san Paolo: «Non c’è giudeo né greco, non c’è schiavo né libero, non c’è maschio né femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Galati 3,28).

Infine, un terzo detto che è, invece, senza riscontri diretti nei Vangeli canonici, ma è dotato di una potenza espressiva straordinaria: «Dice Gesù: Mi sono levato in mezzo al mondo e mi sono manifestato loro nella carne; li ho trovati tutti ubriachi e non ho trovato nessuno tra loro assetato. E la mia anima ha sofferto per i figli degli uomini, poiché essi sono ciechi nel loro cuore e non vedono bene; infatti vuoti sono venuti nel mondo e vuoti cercano di uscire dal mondo. Ma in questo momento sono ubriachi; quando scuoteranno via il loro vino, allora si convertiranno» (n.28).

*

Vangelo secondo Tommaso, Matteo Gasso, Carocci, Roma, pagg. 302, € 25,00


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