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EV-ANGELO = BUONA NOVELLA. DIO È AMORE (Charitas) non MAMMONA (Benedetto XVI, "Deus CARITAS est", 2006) ED "EU-*CARESTIA*"!!!

MONSIGNOR RAVASI, MA NON È POSSIBILE FARE CHIAREZZA? SI TRATTA DELLA PAROLA FONDANTE E DISTINTIVA DELLA FEDE CRISTIANA!!! DIO È AMORE ("Charitas") O MAMMONA ("Caritas")?! - Una nota di Federico La Sala

Ha dimenticato l’esortazione di Papa Wojtyla ("Se mi sbalio, mi corigerete")?!
mercoledì 5 novembre 2008 di Maria Paola Falchinelli
IL NOME DI DIO, SENZA GRAZIA ("CHARIS")! L’ERRORE FILOLOGICO E TEOLOGICO DI PAPA BENEDETTO XVI, NEL TITOLO DELLA SUA PRIMA ENCICLICA. Nel nome della "Tradizione"
KANT E SAN PAOLO. COME IL BUON GIUDIZIO ("SECUNDA PETRI") VIENE (E VENNE) RIDOTTO IN STATO DI MINORITA’ DAL GIUDIZIO FALSO E BUGIARDO ("SECUNDA PAULI").


CHARISSIMI, NOLITE OMNI SPIRITUI CREDERE (...)
DEUS CHARITAS EST
(1Gv 4. 1-8). (...)

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>OBBEDIENZA CIECA E VATICANO: CEDIMENTO STRUTTURALE DEL CATTOLICESIMO .... UN CANTO DI SPERANZA. Un racconto orientale, quasi una parabola

domenica 10 giugno 2012

Un canto di speranza

(...) un racconto orientale, quasi una parabola (...) *

É notte fonda. Le tenebre si distendono su una città del Vicino Oriente. Gli usci delle case sono serrati e all’interno domina il silenzio. Un silenzio che avvolge come in un sudario anche le vie e le piccole piazze. Ma la quiete è squarciata da una serie di ululati che percorrono le strade: un branco di cani randagi e rabbiosi saetta qua e là, aggrappandosi alle porte, rovesciando ciò che incontra, ringhiando ferocemente davanti ai graticci delle finestre. In una di quelle case un uomo è sveglio e col cuore in gola attende che i cani famelici abbandonino il suo uscio. L’ansia è forte e non dà tregua; la notte sembra non finire mai. Allora, prima in modo sommesso, poi in forma sempre più esplicita, egli inizia a cantare, accompagnandosi con una semplice cetra orientale. Il suo è un inno di implorazione che sale verso il cielo oscuro; le sue spirali sonore ripetono la stessa invocazione ma con un’intensità sempre più forte.

La gola non si stanca, la voce vorrebbe sopraffare l’abbaiare dei cani; la paura del buio e della solitudine è sminuita da un suono che echeggia nella stanza come se fosse un coro. Lentamente il tempo si dissolve e, inattesa, si delinea una prima, tenue lama di luce che filtra dalla finestra: è l’aurora che si fa strada nella tenebra. Anche la voce ormai è più squillante; la supplica si è trasformata in cantico gioioso; i cani abbandonano la via e, spaventati dalla luce, si ritirano nel deserto; i loro ululati si fanno sempre più remoti e ovattati; l’alba si è affacciata sulla città e le strade iniziano a popolarsi di gente.

Anche il nostro cantore ha aperto l’uscio e guarda il cielo limpido e luminoso e la sua voce si apre ancora al canto. Con lui ormai cantano anche tutti coloro che hanno avuto il cuore stretto dalla morsa gelida dell’ansia e della tensione. E sulla scena, segnata dalla fosforescenza di un dramma ma aperta a un esito di pace, cala il sipario.

* Cfr.: Gianfranco Ravasi, Un canto di speranza, Il Sole-24 Ore, 21 maggio 2012 (ripresa parziale)


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