La testimone di nozze, l’apprezzato magistrato e l’argine sono la stessa persona: Marisa Manzini, piemontese di Novara, lombarda di origine, fino al 2003 a Lamezia Terme e poi alla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro con delega, appunto, su Vibo Valentia.

Oggi la mafia non elimina più i magistrati per mezzo del tritolo, ma con questi spietati tentativi di delegittimazione, volti a lederne la professione e la persona. Marisa Manzini ha messo con le spalle al muro le più potenti cosche della ’ndangheta,e la ’ndrangheta vuole "eliminarla", anche e soprattutto professionalmente, è un copione cha abbiamo già letto, quando "i corvi" aleggiavano sulla procura dove lavorava Falcone, ma la storia ancora non ci ha insegnato nulla, perchè al magistrato Marisa Manzini, le è stata persino dimezzata la scorta,proprio dopo qualche settimana che da intercettazioni di conversazioni tra mafiosi, si desumeva chiaramente l’intento di uccidere il magistrato.Come può un solo agente proteggere un giudice dalla ‘ndrangheta: la mafia più spietata che non esita ad usare bazooka per eliminare gli avversari dentro le macchine blindate. Cerchiamo di non ingenerare confusione dunque, perchè i fatti dimostrano molto chiaramente da che parte sta il giudice Marisa Manzini, e sosteniamola adesso se non vogliamo essere costretti ad assistere all’ennesimo straziante funerale di un giudice antimafia, e degli agenti della sua scorta. Lia Staropoli