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Cosa ci faceva la Laganà tra gente che combatte la mafia?

Indagati nel nome di Caponnetto

Al peggio non c’è mai fine
mercoledì 26 novembre 2008 di Francesco Saverio Alessio
Se i proverbi sono proverbi, evidentemente c’azzeccano spesso. "Al peggio non c’è mai fine". La banalità di questa frase non sarà mai equivalente alla mia tristezza, al mio senso di sconfitta, io, che per l’unità e la compattezza del fronte antimafia sto chiudendo gli occhi passando sopra a tanti sgarbi e capricci, pur di serrare le file.
Sabato 22 novembre ci sarebbe stato a Campi Bisenzio (FI) l’annuale vertice antimafia della Fondazione Caponnetto. Propongo al mio giornale, il Corriere (...)

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> Indagati nel nome di Caponnetto

domenica 30 novembre 2008

Ricevo e pubblico, sottoscrivendolo in ogni parola, questa mail ricevuta da Benny Calasanzio, mio compagno di lotta in tutte le città d’Italia nelle quali siamo stati insieme, invitati non dalle Istituzioni o dalle Associazioni come Libera, che anzi regolarmente ci ignorano, ma da gruppi di persone, come i MeetUp di Grillo che che hanno a cuore la legalità e si tengono lontani dalla politica, almeno da quella che viene chiamata politica in Italia e che invece è solo marciume e difesa di interessi di casta. Insieme a quello riportato in altro post riguardante la Casa della Legalità di Genova, questo ultimo episodio mi addolora profondamente. Quanto diversi i comportamenti e il messaggio di un maestro e di un padre come Antonino Caponnetto, la cui figura è patrimonio di tutti quelli che in Italia combattono per la legalità e la giustizia, da chi oggi pretende di gestirne l’eredità. Mi rendo conto oggi del perchè Antonino Caponnetto distrusse, prima di morire, tutte o gran parte delle lettere che migliaia di giovani gli avevano inviato da tutta l’Italia. Ne conservo alcune che mi furono consegnate da Antonio in incontri in cui ci trovammo insieme in alcune scuole d’Italia e le conserverò gelosamente come testimoni di una eredità perduta.

da Benny Calasanzio :

"Quello che sto scrivendo non è il solito post, non vi sto raccontando le malefatte di qualche politico o i soprusi del potente di turno. Oggi sto scrivendo una delle pagine più nere e vergognose della storia dell’associazionismo antimafia. Avete letto qualche giorno fa il post (http://bennycalasanzio.blogspot.com/2008/11/indagati-nel-nome-di-caponnetto.html) in cui deprecavo la partecipazione della signora Maria Grazia Laganà, indagata dalla Dda per truffa allo Stato, al vertice antimafia organizzato dalla Fondazione Caponnetto. Ho scritto l’articolo domenica scorsa, citando fatti e circostanze, chiedendo di chi fosse la responsabilità di quella presenza inopportuna.

Martedì 25 novembre 2008 alle 15.31.35 mi scrive Salvatore Calleri, presidente della Fondazione Caponnetto:"

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"Per un momento mi rincuoro. Penso che la Fondazione si sia resa conto dello scivolone compiuto nell’invitare Maria Grazia Laganà, che voglia quanto meno “spiegarsi”, che abbia compreso l’imperdonabile pessimo esempio fornito ai quasi duecento ragazzi delle scuole.

Oggi invece un esponente della Fondazione Caponnetto ha telefonato al direttore del Corriere Fiorentino, giornale con il quale ho un semplice contratto di collaborazione, minacciando querele contro di me e contro il giornale per le parole che ho scritto sulla Fondazione. Ma cosa c’entra il Corriere con quello che scrivo sul mio blog? Io ho scritto l’articolo sul mio sito, dicendo che ero andato al vertice per conto del Corriere Fiorentino, ma che il giorno dopo non avevo scritto nulla sul giornale. Ma questo era chiaro, non era in discussione. Quella telefonata aveva un altro significato fin troppo esplicito. Quella telefonata doveva forse mettermi contro il giornale, mettere il Corriere Fiorentino nelle condizioni di dovere annullare il mio contratto o quantomeno “richiamarmi” per aver scritto “qualificandomi” come giornalista del Corriere, cosa che non ho fatto, e che per fortuna è sotto gli occhi di tutti. Il presidente Calleri aveva il mio recapito telefonico, perché non ha chiamato me per minacciare querela? Aveva un significato particolare invece chiamare la redazione del giornale?

Considerare questa una “intimidazione professionale” che risulta ancora più odiosa e schifosa in quanto proviene da una Fondazione che dovrebbe tutelare e trasmettere i valori di quel grande uomo e professionista che è stato Antonino Caponnetto.

Io sono davvero, per la prima volta, senza parole. Denuncerò fortemente questa azione delegittimante e mi tutelerò nelle dovute sedi.

Quello che alcuni non tollerano è che un’associazione antimafia venga chiamata a rispondere dei propri comportamenti da un comune cittadino. Si considerano intoccabili, inattaccabili, e quando qualcuno fa notare loro che tra le “guardie” c’era un sospetto “ladro” minacciano di querelare.

E’ questo il prezzo che in Italia si deve pagare solo per avere fatto notare una presenza anomala ad un vertice antimafia? Se è questo lo pagherò, con serenità, senza raddrizzare di un millimetro la mira, continuando, imperterrito, a raccontarvi quello che vedo e che vivo, cosciente che non ci sono intoccabili, tanto meno nell’antimafia."


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