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’NDRANGHETA, "ANDRAGATHIA". L’ordine simbolico di Mammasantissima ... e dell’assassinio del Padre Nostro!!!

IL LETTO DI PROCUSTE DELLA GERARCHIA VATICANA, L’ONU E L’ORIENTAMENTO SESSUALE DELLE PERSONE. Opposizione della Chiesa alla proposta della Francia di depenalizzazione dell’omosessualità - a cura di Federico La Sala

L’antropologia della "sacra famiglia" della gerarchia vaticana è zoppa e cieca: il Figlio ha preso il posto del padre "Giuseppe" e dello stesso "Padre Nostro" e continua a "girare" il suo film pre-evangelico preferito, "Il Padrino"!!!
lunedì 1 dicembre 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] Durissima la replica dell’associazione Arcigay: "È di una gravità inaudita che il Vaticano, e quindi, la Chiesa cattolica tutta, si adoperi affinché questa richiesta non passi e, si prefigura come un vero e proprio atto di condanna a morte contro i milioni di gay e di lesbiche che hanno la sfortuna di abitare in paesi sanguinari".
L’Arcigay ricorda che in 91 Paesi del mondo sono previste sanzioni, torture, pene e persino l’esecuzione capitale (10 paesi islamici) contro le persone (...)

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> IL LETTO DI PROCUSTE DELLA GERARCHIA VATICANA, L’ONU ----Freud e il senso della divisione tra i ruoli. Le famiglie gay e i figli.

lunedì 7 gennaio 2013

Freud e il senso della divisione tra i ruoli

«Ai bambini servono entrambe le figure»

di Silvia Vegetti Finzi (Corriere della Sera, 02.1.2013)

Da tempo la psicoanalisi ha perso la capacità di sollecitare la riflessione collettiva sulle strutture profonde che reggono l’identità individuale e sociale e ciò proprio nel momento in cui si delineano radicali trasformazioni. A rompere questo silenzio giunge quanto mai opportuno l’invito che Ernesto Galli della Loggia rivolge agli psicoanalisti perché non temano di far sentire la loro opinione, anche quando non è conforme al «mainstream delle idee dominanti».

Ormai le psicoanalisi sono tante e non parlano «con voce sola» ma, come storica e teorica del campo psicoanalitico, farò riferimento a Freud, che non credo abbia esaurito il suo compito di fondatore e di maestro. Poiché da oltre un secolo i suoi eredi raccolgono e interpretano, attraverso la pratica dell’ascolto e della cura, i vissuti consapevoli e inconsapevoli della nostra società, mi sembra doveroso interrogare un sapere che si fonda sull’Edipo, così come è stato tramandato dalla tragedia di Sofocle.

L’Edipo, che Freud definisce «architrave dell’inconscio», è il triangolo che connette padre, madre e figlio. Entro le sue coordinate si svolgono i rapporti inconsci erotici e aggressivi, animati dall’onnipotenza Principio di piacere, «voglio tutto subito», che coinvolgono i suoi vertici. Per ogni nuovo nato il primo oggetto d’amore è la madre ma si tratta di un possesso sbarrato dal divieto dell’incesto, la Legge non scritta di ogni società.

Questa impossibilità è strutturante in quanto mette ognuno di fronte alla sua insufficienza (si desidera solo ciò che non si ha) e alla correlata impossibilità di colmare la mancanza originaria. Il figlio che vuole la madre tutta per sé innesca automaticamente una rivalità nei confronti del padre, che pure ama e dal quale desidera essere amato.

La contesa, che si svolge nell’immaginario, termina per due motivi: per il timore della castrazione, la minaccia di perdere il simbolo dell’Io, e per l’obiettivo riconoscimento della insuperabile superiorità paterna. Non potendo competere col padre, il bambino s’identifica con lui e sceglie come oggetto d’amore, non già la madre, ma la donna che le succederà.

Attraverso questo gioco delle parti, il figlio rinuncia all’onnipotenza infantile, prende il posto che gli compete nella geometria della famiglia, assume una identità maschile e si orienta ad amare, a suo tempo, una partner femminile. Tralascio qui il percorso delle bambine, troppo complesso per ridurlo a mera specularità. Ma già quello maschile è sufficiente a mostrare come l’identità sessuale si affermi, non in astratto, ma attraverso una «messa in situazione» dei ruoli e delle funzioni che impegna tanto la psiche quanto il corpo dei suoi attori.

Se, come sostiene Merleau Ponty, «noi non abbiamo un corpo ma siamo il nostro corpo», non è irrilevante che esso sia maschile o femminile e che il figlio di una coppia omosessuale non possa confrontarsi, nella definizione di sé, con il problema della differenza sessuale. La psicoanalisi non è una morale e non formula né comandamenti né anatemi ma, in quanto assume una logica non individuale ma relazionale, mi sembra particolarmente idonea a dar voce a chi, non essendo ancora nato, potrà fruire soltanto dei diritti che noi vorremo concedergli.

Tra questi, credo, quello di crescere per quanto le circostanze della vita lo consentiranno, con una mamma e un papà.


Le famiglie gay e i figli

«Più attenzione ai bambini per essere buoni genitori»

intervista a Fulvio Scaparro

a cura di Luisa Pronzato (Corriere della Sera, 3 gennaio 2013)

Niente guerre sui bambini, niente fanatismi né da parte di chi sostiene le famiglie omoparentali né da parte di chi non le accetta. Fulvio Scaparro, psicoterapeuta e neuropsichiatra che sulla famiglia lavora da una decina di lustri, non prende parte.

«Concordo con Silvia Vegetti Finzi sul Corriere di ieri: i bambini hanno diritto di crescere per quanto le circostanze della vita lo consentiranno con una mamma e con un papà», dice. «Ma non seguo il discorso di Ernesto Galli della Loggia che nel suo editoriale di domenica ha sostenuto che i genitori omosessuali non possono creare buone famiglie».

I genitori, sostiene Scaparro, non sono buoni sulla base del loro orientamento sessuale. Due mamme, due papà. Genitori dello stesso sesso. La società sta attrezzandosi a considerarli al pari di ogni padre e ogni madre. La politica (le leggi) e l’etica spesso non trovano accordo.

Galli della Loggia nel suo editoriale ha investito la psicanalisi perché legga, al di là delle morali, le dinamiche che si creano crescendo con genitori dello stesso sesso. Silvia Vegetti Finzi, seguendo le teorie freudiane, ha rimesso il punto sulla necessità della figura maschile e femminile nella costruzione dell’identità.

«Per dirla con Freud, è costruttivo crescere con modelli nei diversi generi», dice Scaparro. «Ma oggi l’identità non si costruisce solo nel rapporto con i genitori. Si diventa grandi attraverso un’intensa rete di persone di ogni sesso, dagli zii all’allenatore, agli amici dei genitori che diventano affettuosi riferimenti al di là del grado di parentela».

Scaparro riporta al pensiero di Winnicott e alla definizione di «ambiente sufficientemente buono». Necessario per uno sviluppo cognitivo e psicologico equilibrato», dice Scaparro. L’elenco è lungo qualche decennio di studio ma si sintetizza con il contenimento, la stimolazione cognitiva e affettiva, l’attendibilità e coerenza degli adulti, l’empatia, l’ascolto, la flessibilità. In pratica la sicurezza e guida della famiglia. «Un clima attento anche a dire no quando è il momento. Un ambiente non dico privo di tensioni ma dove si imparano le regole della convivenza tra diversi e la difficile arte di non trasformare i conflitti in guerra né il confronto in opposizione muro a muro. Non c’è una di queste voci che genitori dello stesso sesso non possano garantire». È una questione di diritto alla famiglia più che di genere dei genitori... «Si parla delle nuove famiglie ma la discussione è al calor bianco quando si tocca il tema, ormai la realtà, delle famiglie omoparentali», insiste lo psicoanalista.

«Di fronte ad attacchi forsennati come quelli di chi sostiene che crescere con genitori omosessuali è un’aberrazione che produrrà psicotici e psicotiche, ci sono studi che lo smentiscono. Come quello del francese Boris Cyrulnik che mostra come i bambini cresciuti con genitori omosessuali non abbiano più difficoltà psicologiche degli altri. Forse il problema è che i loro genitori devono dimostrare di essere migliori degli altri. Devono essere perfetti. E perfetto non è nessun genitore».

E allora, continua lo psicoanalista «non gridiamo allo scandalo, non fa bene ai bambini. Ascoltiamo piuttosto chi queste esperienze le vive, i genitori gay e i loro figli. Loro sono in grado di dirci come si cresce con due mamme o due papà. Forse non sempre bene. Esattamente come con una madre e un padre che non riescano a essere genitori sufficientemente buoni». Mi ha colpito, conclude Scaparro la testimonianza di un bambino. «Sto bene in questa casa con i mie due papà, peccato che non possa parlarne. Mi prendono in giro».

Luisa Pronzato


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