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IL MESSAGGIO EVANGELICO, LA COSTITUZIONE, E IL PARADOSSO ISTITUZIONALE DEL MENTITORE, ATEO E DEVOTO. COME LA "SACRA FAMIGLIA" DIVENNE ZOPPA E CIECA E IL FIGLIO PRESE IL POSTO DEL PADRE DI GESU’ E DEL "PADRE NOSTRO" E DIVENNE IL SANTO "PADRINO".... CON E ACCANTO A "MAMMASANTISSIMA".

LA QUESTIONE MORALE, QUELLA VERA - EPOCALE. AL GOVERNO DELLA CHIESA UN PAPA CHE PREDICA CHE GESU’ E’ IL FIGLIO DEL DIO "MAMMONA" ("Deus caritas est") E AL GOVERNO DELL’ **ITALIA** UN PRESIDENTE DI UN PARTITO (che si camuffa da "Presidente della Repubblica"), che canta "Forza Italia" con il suo "Popolo della libertà" (1994-2012). Questo è il nodo da sciogliere. Materiali sul tema - di Federico La Sala

giovedì 14 giugno 2012 di Maria Paola Falchinelli
VIVA L’ITALIA. LA QUESTIONE "CATTOLICA" E LO SPIRITO DEI NOSTRI PADRI E E DELLE NOSTRE MADRI COSTITUENTI. Per un ri-orientamento antropologico e teologico-politico.
PER L’ITALIA E PER LA COSTITUZIONE. CARO PRESIDENTE NAPOLITANO, CREDO CHE SIA ORA DI FARE CHIAREZZA. PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI ...
PER UNA NUOVA TEOLOGIA E PER UNA NUOVA CHIESA.
L’INDICAZIONE DI GIOVANNI XXIII E DI GIOVANNI PAOLO II: LA RESTITUZIONE DELL’ANELLO DEL PESCATORE A GIUSEPPE.
Il loro successore ha il cuore di (...)

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> LA QUESTIONE MORALE, QUELLA VERA - EPOCALE. --- La danza dei sordi (di Piero Stefani)

domenica 8 dicembre 2013

La danza dei sordi

di Piero Stefani (“Il pensiero della settimana” - http://pierostefani.myblog.it, 7 dicembre 2013)

Una leggenda ebraica attribuita al fondatore del moderno chassidismo, il Ba’al Shem Tov, racconta che c’era una volta un musicista di straordinaria bravura; quando suonava, la gente era obbligata a danzare estasiata in qualunque posto fosse. Passò di lì un sordo e vedendo i presenti agitarsi in quel modo li prese per matti. Era però lui a essere in torto, se fosse stato saggio avrebbe intuito la loro gioia e, pur non udendo, si sarebbe unito al ballo collettivo.

A prescindere dagli scopi originari per cui è stato inventato, il racconto pecca di un eccesso di ottimismo. Lo fa perché, stando alla sua versione, il sordo è l’eccezione mentre coloro che si agitano per nobili motivi sono la regola.

Se si dovesse adattare la parabola alla situazione politica del nostro Paese essa dovrebbe venir capovolta. Chi si agita in modo ditirambico sono coloro che non ascoltano, mentre chi ode se ne sta quasi impietrito di fronte a quello sconfortante spettacolo.

Il quadro sociale italiano è di inaudita (è il caso di dirlo) gravità. I dati reali parlano di nove milioni di poveri e tra essi i miserabili sono una quota rilevante. Il rapporto sulla situazione sociale del Paese 2013 del Censis - scritto peraltro in un linguaggio astruso, già di per sé spia inquietante - pur prendendo atto che non è avvenuto il paventato crollo, fornisce un quadro scoraggiante: « Una società sciapa e infelice. Quale realtà sociale abbiamo di fronte dopo la sopravvivenza? Oggi siamo una società più “sciapa”: senza fermento, circola troppa accidia, furbizia generalizzata, disabitudine al lavoro, immoralismo diffuso, crescente evasione fiscale, disinteresse per le tematiche di governo del sistema, passiva accettazione della impressiva comunicazione di massa. E siamo “malcontenti”, quasi infelici, perché viviamo un grande, inatteso ampliamento delle diseguaglianze sociali. Si è rotto il “grande lago della cetomedizzazione”, storico perno della agiatezza e della coesione sociale. Troppa gente non cresce, ma declina nella scala sociale. Da ciò nasce uno scontento rancoroso, che non viene da motivi identitari, ma dalla crisi delle precedenti collocazioni sociali di individui e ceti».

Da vent’anni, vale a dire dall’epoca di “Mani pulite” fino alla sentenza della Corte costituzionale di giovedì scorso, una serie impressionante di mutamenti nel sistema politico e in quello dei partiti lo si deve all’azione della magistratura. Si tratta di un’anomalia oggettiva. Essa da un lato ha, de facto, assegnato alla magistratura dei compiti che non le spetterebbero, mentre, dall’altro, ha evidenziato in maniera macroscopica l’inadeguatezza tanto della classe politica quanto di quella antipolitica (di passaggio la parola “antipolitica”, fino a qualche tempo fa pronunciata a ogni piè sospinto come gravissimo campanello di allarme, oggi è quasi del tutto accantonata - in ciò è paragonabile a Mario Monti - senza che, nella sostanza, nulla sia mutato).

La vicenda legata all’ultima legge elettorale approvata dal Parlamento italiano ne è una prova lampante. Dopo aver, in pratica, legittimato a 360° un nome che di per sé dovrebbe far vergognare ogni persona eletta con quel sistema, da qualche anno si è iniziato a denunciare l’urgenza prioritaria di modificarla. Ma, stando ai dati di fatto, a essere urgente era solo il dirlo - atto ormai entrato nel lessico obbligatorio - non il farlo, atto perennemente rimandato. Un escamotage per non attuare la riforma elettorale è stato, val la pena di ricordarlo, quello di legare la legge elettorale a velleitarie, e non ancora tramontate, volontà di realizzare radicali riforme costituzionali (chi si ricorda più dei “saggi”? Forse neppure Napolitano). Non occorre essere maestri del sospetto per capire che la scelta di subordinare l’ingresso nelle mura domestiche di un gatto a quelle di un elefante, significa, in pratica, che in casa non si vuole neppure il gatto.

La nostra classe politica si è dimostrata ben capace di creare e disfare raggruppamenti parlamentar- partitici o di presentare e ripresentare le primarie per la segreteria del partito o per un premierato non previsto né dalla costituzione né dai fatti (ci governa Letta non Bersani) come ultima spiaggia della democrazia. Essa però si è mostrata incapace non dico di dar un autentico ascolto al «grido di dolore» che viene dal paese, ma persino di modificare con le proprie forze un sistema elettorale indecente. Ora dovrà farlo per un imput che le viene dall’esterno a opera di un Parlamento moralmente, anche se non giuridicamente, delegittimato; a meno che non si accetti, per paralisi interna, di andare alle elezioni con la legge indirettamente stabilita dalla Corte costituzionale.

Guardato nel suo insieme, il quadro resta quello di un’ agitata danza di sordi fatta, ben s’intende, a detta dei ballerini, per il bene del Paese. Va dichiarato però che non mancano i sordi neppure tra gli spettatori. In questo gruppo rientra, per esempio, l’episcopato italiano incapace ormai da anni, salvo rare eccezioni, di dire parole davvero capaci di orientare una popolazione sempre più smarrita.


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