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EVANGELO E COSTITUZIONE. Per la critica dell’antropologia e della teologia di "Mammona" e di "Mammasantissima" ....

IL PRESEPE E LA NOTTE DI NATALE. La lezione di Pirandello a Benedetto XV e a Benedetto XVI - a cura di Federico La Sala

LA "SACRA" FAMIGLIA DELLA GERARCHIA CATTOLICO-ROMANA E’ ZOPPA E CIECA: IL FIGLIO HA PRESO IL POSTO DEL PADRE DI GESU’ E DEL "PADRE NOSTRO" ... E CONTINUA A "GIRARE" IL SUO FILM PREFERITO, "IL PADRINO".
lunedì 22 dicembre 2008
[...] Venuta la notte di Natale, appena il signor Pietro Ambrini con la figlia e i nipotini e tutta la servitù si recarono in chiesa per la messa di mezzanotte, il signor Daniele Catellani entrò tutto fremente d’una gioia quasi pazzesca nella stanza del presepe: tolse via in fretta e furia i re Magi e i cammelli, le pecorelle e i somarelli, i pastorelli del cacio raviggiolo e dei panieri d’uova e delle fiscelle di ricotta - personaggi e offerte al buon Gesù, che il suo demonio non aveva (...)

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> IL PRESEPE E LA NOTTE DI NATALE. ---- “Guarda in cielo e conta le stelle”! il commento alla domenica 28 Dicembre, dedicata alla "Santa Famiglia" (di don Aldo Antonelli)..

venerdì 26 dicembre 2008

Vi allego il commento alla domenica 28 Dicembre, dedicata alla "Santa Famiglia". Qualcuno lo avrà già letto perché pubblicato su Adista. Non me ne voglia! Un abbraccio Aldo

FUORI CONFINE Domenica 28/12/2008

“Guarda in cielo e conta le stelle”!

Alla preoccupazione di Abraham, mortificato nel suo naturale desiderio di avere una dinastia, Dio risponde con un invito a guardare in alto.

Già dal primo libro della Bibbia, la Genesi, emerge la contraddizione che nel Nuovo Testamento apparirà ancora più evidente tra le esigenze etnico-biologiche dell’uomo e le prospettive universali cui insistentemente rimanda la Parola di Dio. L’uomo, narcisisticamente ripiegato su se stesso e prigioniero della propria circoscrizione familiare, viene promosso a Padre di una “moltitudine di popoli”.

“Guarda in cielo e conta le stelle”!

E’ un imperativo, più che un invito, così come il precedente: “Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre”. In effetti non è possibile un “andare oltre” senza un “guardare oltre”; sarebbe disumano e schiavizzante il camminare senza orizzonti, l’andare senza meta, il secco allontanarsi senza “altre prossimità”.

L’evento natalizio fa non da semplice e simmetrico pendant all’evento umano della chiamata di Abramo, ma ne costituisce il compimento, il pleroma che dà compimento ad una promessa e soddisfa le attese al di là di ogni possibile immaginazione. Tutta la storia si dipana attorno a questo filo ad alta tensione che corre tra l’uomo che guarda in cielo e Dio che guarda la terra, tra Abramo che va e Dio che viene.

Anche il brano evangelico è attraversato dalla contraddizione. Per un verso ci si presenta una famiglia, quella di Maria e Giuseppe, tutta interna alla tradizione ebraica intessuta di tradizioni, riti e luoghi sacri quali il tempio, la legge, la circoncisione e l’offerta, e dall’altro si profetizza un taglio doloroso (la spada) ad opera di quel bambino che era nato per superare la legge e per distruggere il tempio. Non solo. La spada attraversa anche i legami di sangue per aprirci a quella libertà che ci permette di “andare oltre” e di “guardare in alto”. “In quel tempo, siccome molta gente andava con lui, Gesù si voltò e disse: Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.” (Lc 14, 25-26).

Queste parole sembrano essere l’elogio del tradimento. Degli affetti famigliari sì, ma anche, a maggior ragione, di tutte le possibili proiezioni identitarie in termini di nazione, religione, cultura, politica, e quant’altro. Sono parole che molti vorrebbero cancellare, soprattutto gli “atei devoti”, i sacrestani dell’utilitarismo etico, coloro che scorporando la religione dalla fede ed evirando la morale dal discorso del Regno amano brandire la tradizione cristiana come mannaia contro le “contaminazioni”.

Contro la logica del Regno, che è quella di morire perché altri abbiano vita, si continua a difendere a denti stretti e insanguinati la logica del mondo che vuole che altri muoiano perché noi si viva. Ma come è possibile che la famiglia rimanga unita, in un mondo lacerato da divisioni e rivalità? E’ possibile l’amore circoscritto in delle isole che sembrano dei fortilizi, mentre da fuori arrivano le grida degli affamti e le bestemmie degli esclusi dal banchetto? Si! Perché la logica del privilegio ormai ha separato il pianeta in due zone: quella in cui si muore soffocati dai rifiuti del consumo eccessivo e quella in cui si muore per mancanza del minimo di energie. La nuova e drammatica congiuntura internazionale mette tutti in mare aperto. E in questo contesto diventa equivoco, se non delinquenziale, ritornare al culto della famiglia ed esaltare le virtù familiari.

«Cos’è questo mondo cristiano natalizio - si domandava Ernesto Balducci già alla fine degli anni ottanta - che diffonde il canto degli angeli su tutto il pianeta e poi se ne vive tutto chiuso nel suo benessere? Non è un’offesa terribile? Non è una provocazione alla collera? Io credo di sì. Non possiamo quindi chiuderci dentro il progetto familiare... Dobbiamo aprirci a questa immensità perché altrimenti non abbiamo salvezza».

Aldo Antonelli


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