Su Heidegger il derby culturale tra Corriere e Repubblica
di Carlo Patrignani *
L’uno, il Corriere della Sera di Ferruccio De Bortoli, a dar conto degli inquietanti enunciati dei Quaderni neri - alle prime 1300 pagine per gli anni 1931-1941, stanno per aggiungersene altre 560 con ulteriori rivelazioni per il periodo 1942-1948, con il nuovo volume curato da Peter Trawny, per l’editore Klostermann - di Martin Heidegger, il sommo filosofo tedesco, già fondamentalista cattolico, antisemita, razzista, nazista, icona di una certa sinistra radical chic.
L’altra, la Repubblica di Enzo Mauro, a leccarsi amaramente, pateticamente, le ferite confinando la scottante materia, impossibile da nascondere vista l’influenza, imposta e guidata, che ha avuto sulla storia della cultura europea del ’900, e sullo stesso fondatore Eugenio Scalfari, nella rubrica delle lettere curata da un imbarazzato Corrado Augias.
Come dire, l’uno, il Corriere della Sera, a far cultura, l’altra, la Repubblica a tentare goffamente di salvarsi in angolo ripiegando sulle risposte ai lettori.
Il quotidiano di via Solferino non si è infatti limitato al solitario scoop delle prossime 560 pagine dei Quaderni neri che sfatano il silenzio di Heidegger sulla Shoa e a dar notizia della pubblicazione di quelle del 1945/46 che sembrava fossero andate perdute, ma ha coinvolto sulla complessa materia una vasta, erudita e competente platea di filosofi e intellettuali: da Emanuele Severino a Guido Ceronetti a Livia Profeti, oltre ovviamente a Donatella Di Cesare, sua collaboratrice, che ha fornito l’anticipazione essendo dal 2011 vice-presidente della Martin Heidegger Gesellschaft che gestisce i manoscritti del filosofo tedesco.
E, non va dimenticato che, in passato, il Corriere aveva ospitato il filosofo francese Emmanuel Faye autore di un testo assai significativo: Heidegger, l’introduzione del nazismo nella filosofia (ed. L’Asino d’oro).
In termini calcistici si può senz’altro dire che il derby culturale sui Quaderni neri - che svelano manifestamente il pensiero nazista, antisemita, razzista di Heidegger, per il quale lo sterminio degli Ebrei è da considerarsi una necessaria purificazione dell’Essere e sarebbe sarebbe stato colpa degli Ebrei stessi che si sono auto-annientati - tra i due maggiori quotidiani italiani e concorrenti diretti, l’ha stravinto il Corriere: anzi, finora non c’è stata partita, per cui il Palmares di questo specifico caso va assegnato al quotidiano di De Bortoli, le cui rivelazioni hanno costretto e fatto da traino a numerosi media.
Più della giustificata grancassa mediatica prodotta dalle anticipazioni della Di Cesare, allieva di di Hans-Georg Gadamer, uno dei massimi interpreti di Heidegger, colpisce il silenzio assordante e persistente di Repubblica che in passato si era invece molto interessata al pensiero del sommo filosofo, anche con convegni. Come del resto ha fatto e fa ancora, per il reazionario, cocainomane e ipocondriaco, Sigmund Freud che, avuto il titolo di "Padre" della Psicoanalisi, è stato elevato a icona del pensiero moderno dalla stessa sinistra radical chic.
Due falsi giganti del pensiero moderno, Heidegger e Freud, dal pensiero quanto mai reazionario e distruttivo.
Rimane un mistero di come sia stato e in buona parte sia ancora possibile fare del primo, il teorico dell’annientamento del presunto "nemico", e del secondo, il misogino teorico dell’inferiorità della donna e del bambino polimorfo perverso, due giganti del pensiero progressista!
Entrambi, l’uno, Heidegger, è stato da sempre nazista convinto: nel 1933-34 incitava gli studenti dell’Università di Friburgo allo stermino totale del nemico interno, cioè l’ebreo assimilato (cfr. E. Faye, Heidegger, l’introduzione del nazismo nella filosofia) e l’altro estimatore di Benito Mussolini che salutò affettuosamente Eroe della cultura, nonché dell’impero asburgico.
Due spietati reazionari amati da una certa sinistra radical chic che nel contempo aveva ucciso, e ha totalmente cancellato, quella che avrebbe dovuto e potuto essere la vera icona del ’900, lasciata marcire giovanissima nel duro carcere fascista: l’eretico, ateo, antirazzista e antistalinista Antonio Gramsci che è, per il suo scontro e conflitto mortale con Palmiro Togliatti, ricomparso in certi studi recenti e sul Corriere della Sera anche se nella rubrica delle lettere curata da Sergio Romano.
E’ probabile che il silenzio assordante e persistente di Repubblica si leghi strettamente al contenuto delle ultime rivelazioni sull’annientamento che gettano un enorme fascio di luce sull’essere-per-la- morte e sull’intera filosofia del sommo filosofo tedesco. Una teoria questa che è stata alla base di tutti gli autori che hanno fatto l’intera cultura di questa sinistra radical chic: da Franco Basaglia a Massimo Cacciari a Gianni Vattimo, solo per citarne alcuni, e che era stata ampiamente disvelata sin dal 1980 dallo psichiatra Massimo Fagioli (cfr, Massimo Fagioli, Bambino, donna e trasformazione dell’uomo, ed. L’Asino d’oro) per averne magistralmente visto l’intrinseco nazismo.
Ed è proprio la scoperta di Fagioli della "pulsione d’annullamento" ben nota a Repubblica che può fare e fa piena luce sulla tipicità dell’annientamento nazional-socialista degli Ebrei, eliminati, fatti sparire, nel fumo delle camere a gas come se non fossero mai esistiti, per realizzare la purificazione dell’Essere che Heidegger auspicava.