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MARX, NIETZSCHE, FREUD, FACHINELLI. La mente accogliente e i "furbetti" della tradizione critica... nell’epoca del berlusconismo

BERTINOTTI, IL "MARE CALMO" (O LA "PENTOLA") DI MASSIMO FAGIOLI, E "LIBERAZIONE". Un articolo di Umberto Rosso - con una ’vecchia’ lettera sul tema di Federico La Sala

giovedì 3 gennaio 2008 di Federico La Sala
[...] il mio invito è quello di non fermarsi e di scavare di più e meglio. E con questo, senza mezzi termini e velocemente, il consiglio è: "se sulla tua strada incontri il Buddha, uccidilo" (il titolo di un libro molto interessante apparso anni fa nelle edizioni Astrolabio).
Chiaro è il senso, credo: Fagioli - come Freud e sulla strada di Freud - è andato più in là di Freud (cfr. il famoso Zuiderzee), ha raggiunto l’alto mare ... ma non è riuscito a venire a galla; si è (...)

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> BERTINOTTI, IL "MARE CALMO" (O LA "PENTOLA") DI MASSIMO FAGIOLI, E "LIBERAZIONE". --- Le liti con Bertinotti, le pene del partito radiografia di uno psicanalista discusso (di Luca Villoresi).

martedì 12 maggio 2009

La storia.

Fagioli il guru e il Super Io della sinistra

Le liti con Bertinotti, le pene del partito radiografia di uno psicanalista discusso

-  "Già dagli anni Settanta sostenevo che le teorie freudiane sono tutte fregnacce"
-  "Ho interpretato centomila sogni. E nel 99 per cento dei casi ci ho azzeccato"

-  di Luca Villoresi (la Repubblica, 22.01.2009)

ROMA. Di Massimo Fagioli se ne dicono molte, di tutti i colori, davanti e di dietro. Ogni tanto, certo, è lui che se la va a cercare, sfrucugliando l’omosessualità di Niki Vendola, o alzando il tiro contro le istituzioni della psicanalisi: «Freud? Un imbecille». E i freudiani? «Criminali».

Come criminali? «Come chiamare una società che vuole curare solo chi ha da spendere almeno diecimila euro all’anno? La cura deve essere per tutti, non solo per i ricchi». Ogni tanto, invece, a metterlo in mezzo ci pensano gli altri, accusandolo di essere un plagiatore, il capo di una setta. E poi, ogni tanto, capita che lo infilino in qualche retroscena, senza che lui, così pare, ne sappia niente: «Che stavo per comprare Liberazione l’ho letto sui giornali. Che poi abbia ispirato la scissione di Rifondazione... non scherziamo». Comunque sia, Massimo Fagioli, il fondatore di una scuola di psicanalisi basata sulla lettura dei sogni e il ritorno all’esperienza della nascita, non recede. Nega. E rivendica.

Piove. La seduta comincia alle sei. Manca più di mezz’ora. Ma sotto i cornicioni ci sono già una trentina di persone in attesa. Il cuore pulsante del fagiolismo è alloggiato in uno stanzone di 120 metri quadrati a Trastevere, all’angolo di piazza San Cosimato. Qui, per quattro giorni a settimana, il professore guida una seduta di analisi collettiva che richiama, ogni volta, almeno un centinaio di partecipanti. L’ingresso è libero. Anche se con qualche limitazione. «No, lei non può entrare. Non siamo a un seminario all’università. Siamo nel mio studio privato. La seduta è un atto medico, sacro. Posso decidere chi entra e chi no. La partecipazione, peraltro, è gratuita e solo chi vuole, alla fine, lascia qualcosa, senza che nessuno controlli». Porta chiusa, dunque. La letteratura sulla dinamica delle riunioni, peraltro, è abbastanza vasta.

Dicono che lei usi, a volte, un linguaggio un po’ greve. «In quattro ore una battuta che allevia l’atmosfera ci può stare. E poi usare parole più accessibili fa parte dell’arte medica. Alle mie sedute vengono intellettuali, ma anche persone meno preparate ai linguaggi più sofisticati». Un genio che rifonda la psicanalisi? O un ciarlatano assetato di potere? Il dilemma passa per questioni teoriche molto specialistiche: desiderio o bramosia? Inconscio o inconoscibile? Calandosi, per di più, in un’atmosfera molto romana: cene e cenacoli, pettegolezzi e progetti politico-editoriali.

I seguaci di Fagioli sono stati popolarmente ribattezzati, da trent’anni a questa parte, i fagiolini. Il nome vi dà fastidio? «Ma no. Ci danno fastidio le calunnie. Ci chiamino come vogliono. Un nome vale l’altro». Odio e amore. I fagiolini pentiti si sfogano sui blog, ma continuano a riferirsi a «Lui», con la maiuscola. I più convinti, invece, vanno a sentire il professore anche quando fa lezione all’università di Chieti. E credono che il maestro abbia una mente leonardesca.

Architetto, musicista, arredatore, sceneggiatore, scultore, editore... L’unica professione che Fagioli non esercita abusivamente, si direbbe, è la psicanalisi. Per questa materia i titoli sono a posto. Non siamo di fronte a un analista selvaggio. Laurea in medicina a pieni voti nel 1956, specializzazione in neuropsichiatria, prima esperienze in quelli che all’epoca si chiamavano (ed erano) i manicomi... poi la guida di una comunità terapeutica in Svizzera, l’ingresso nella Società psicanalitica italiana, l’espulsione dalla Società psicanalitica italiana...

La svolta alla metà degli anni Settanta. «Ho cominciato a sostenere che le teorie freudiane sono tutte fregnacce. E a tenere un seminario all’università di Roma: un successo incredibile. Venivano in centinaia. È stato l’inizio di una pratica che ho trasferito, da privato, nel mio studio di Trastevere». Dal successo sono nate anche una rivista, «Il sogno della farfalla», trimestrale di psichiatria e psicoterapia, e una libreria, Amore e psiche, specializzata nella diffusione dei testi di una casa editrice, Nuove edizioni romane, specializzata nella opere di Fagioli, autore di sette libri; l’ottavo è in arrivo.

La prima ribalta mediatica risale alla metà degli anni Ottanta. All’uscita de «Il diavolo in corpo» accusano lo psichiatra di aver plagiato il regista Marco Bellocchio. Cinque anni dopo, sempre con Bellocchio, Fagioli firma la sceneggiatura de «La condanna»: l’accusa, stavolta, è di apologia dello stupro. Nel ’98 Fagioli ha poi realizzato un film tutto suo (regista, sceneggiatore, attore, autore delle musiche), «Il cielo della luna», rimasto senza riscontri.

Dal cinema all’architettura. Fagioli ha partecipato alla sistemazione della libreria Amore e Psiche, alla realizzazione di una palazzina, al restyling di una piazza capitolina incentrata su una scultura spiazzante. «E ho all’attivo anche una trentina di appartamenti. Diciamo che per me è un hobby». Fagioli, nel contempo, non trascura l’organizzazione. Ispira convegni, con nomi prestigiosi. O si occupa di editoria. Trent’anni fa era una sottoscrizione per Lotta continua. Oggi insinuano che voglia controllare Liberazione. Sempre a sinistra, comunque: «Una persona sana di mente non può non essere di sinistra». Una scelta di campo che comporta una ulteriore, inevitabile lista degli amici (dagli ex sessantottini a Bertinotti) e dei nemici (la comparsa di una rubrica dello psichiatra su Left ha innescato una catena di dimissioni).

Citazione da un’intervista del 1991: «In quindici anni avrò esaminato qualcosa come centomila sogni, dando un’interpretazione corretta non dico nel cento per cento, ma almeno nel 99 per cento dei casi sì». Da allora sono passati altri diciotto anni. Aggiorniamo i dati? «Certo, in meglio. Ho superato pure il 99 per cento. E ottengo questi risultati perché la mia teoria, basata su quello che chiamo negazione e pulsione di annullamento, non è una chiacchiera, ma una teoria scientifica».

Sicuro di sé. Anche quando mente, sapendo che gli altri sanno che mente. Professore, perché i fagiolini sono soprattutto fagioline? «Davvero?» Professore, non c’è bisogno di entrare; si vede anche da fuori, basta contare... «Beh, non me ne sono mai accorto». Lei esercita un certo fascino. Quanto contano, per il successo delle sedute, le capacità comunicative del terapeuta? «Praticamente niente. È la teoria che guarisce». Perfino l’Ego del professore, in qualche caso, è disposto a fare un passo indietro: il carisma non conta, viva la teoria. «E mi raccomando la foto, non mettete un’altra volta quella dove punto il dito».


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