Se l’analisi del voto è cieca
Sinistra senza trasformazione
di Flore Murard Yovanovitch (l’Unità, 30.06.2009)
A ogni giro di elezioni, ricompare regolarmente la stessa analisi sul crollo della sinistra. Essa sarebbe fallita perché elitaria, autistica, priva di rapporti con la società (come se quest’ultima fosse un entità a parte, da contattare per scoprire le giuste risposte politiche) e dovrebbe ora fare la sua autocritica...
Analisi tanto vecchia quanto errata, perché rifiuta ancora oggi di vedere che la sinistra non è fallita perché salottiera o burocratica, ma per non avere (avuto) idee e soprattutto idee chiare sulla realtà della natura umana. Per non avere scoperto che l’uomo, invece di mero prodotto del suo lavoro, è psiche, dinamica, in rapporto all’altro diverso. Per non essersi interessata all’unica questione che riguardi profondamente l’essere umano: la trasformazione. La struttura mentale della sinistra, come disse Giacomo Marramao alla Fiera del Libro di Torino il 16 maggio scorso, «tradizionalmente focalizzata sulle sovrastrutture, deve ora passare ai soggetti»; noi aggiungiamo alle loro menti. Capendo che la trasformazione sociale passa necessariamente per la trasformazione psichica degli individui che compongono la società.
La sinistra non è sinistrata, né ricomponibile dai suoi frammenti passati (come si agitano ora a fare i suoi... teologi) o ne verranno fuori solo deboli e anacronistiche creature, come sono Partito Democratico e Sinistra e Libertà: essa è storicamente scomparsa dalla cultura. E solo un salto di conoscenza potrà darle un’identità e una reale (ri)nascita. Sono necessari i concetti teorici per pensare e agire una società davvero ugualitaria e di sinistra, non strutturata intorno ai rapporti di produzione e ai vecchi totem, ma ai rapporti creativi, non-violenti e non sfruttanti tra esseri umani uguali dalla nascita. Una società non (auto)distruttiva.
Questione assai urgente, visto che i risultati delle elezioni europee hanno rivelato la dimensione malata dell’Europa, costruita sulla «percezione delirante» di un nemico esterno; nonché l’apparire di un nuovo fascismo difensivo, come lo chiama l’intellettuale ungherese Gaspar Miklos Tamar. Per affrontare questi potenziali mostri e il disfacimento della socialdemocrazia erede del Novecento - e del connesso sistema di valori sul quale era fondata la nostra società, in particolare il consenso egalitario - la sinistra ha bisogno di una teoria radicalmente nuova. Non guardando al passato/futuro, glissando all’infinito su manovre di ricomposizione, ma osando fare un salto totale del pensiero: il sogno realistico di una società non-violenta, non certo basata sui principi spirituali o cristiani, ma sui rivoluzionari concetti di «sparizione del disumano nell’essere umano» (Massimo Fagioli) e di reale uguaglianza.