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EPIFANIA A GAZA. Conto alla rovescia per attacco di terra...

"Gaza", "Israele" e "Palestina". Bush ed Ehud Barak, il ministro israeliano della guerra, continuano a "parlare"!!! E Barack Obama e Hillary Clinton continuano a tacere!!! Una nota di Mario Calabresi

Ehud Barak lo ha detto senza mezzi termini davanti alla Knesset: quella contro Hamas è una guerra all’ultimo sangue.
martedì 30 dicembre 2008 di Federico La Sala
[...] Il presidente degli Stati Uniti George W. Bush, esprimendosi per la prima volta sulla crisi nella Striscia di Gaza, ha accusato Hamas di terrorismo e ha respinto l’ipotesi di una nuova tregua "unilaterale" che permetterebbe agli estremisti palestinesi di continuare i loro attacchi contro Israele. «Un altro cessate-il-fuoco unilaterale che condurrebbe a attacchi con i razzi contro Israele non è accettabile» ha dichiarato il presidente statunitense nel suo discorso radiofonico (...)

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> "Gaza", "Israele" e "Palestina". Bush ed Ehud Barak, il ministro israeliano della guerra, continuano a "parlare"!!! --- Guerra delle menzogne, calcoli sbagliati e la ’follia morale’ di Ehud Barak (di Uri Avnery).

giovedì 15 gennaio 2009

Gaza. Guerra delle menzogne, calcoli sbagliati e la ’follia morale’ di Ehud Barak

Distrutta ma non sconfitta, cosi’ Hamas riuscira’ a vincere

di URI AVNERY (il manifesto, 13 gennaio 2009)

Quasi settant’anni fa, nel corso della seconda guerra mondiale, nella citta’ di Leningrado fu commesso un crimine efferato. Per piu’ di 70 giorni, una banda di estremisti chiamata "Armata rossa" tenne in ostaggio milioni di abitanti di quella citta’ e, cosi’ facendo, provoco’ la rappresaglia della Wehrmacht tedesca dall’interno. I tedeschi non ebbero altra alternativa, se non bombardare la popolazione e imporre un blocco totale causando la morte di centinaia di migliaia di persone. Un po’ di tempo prima, un crimine simile era stato commesso in Inghilterra. La banda di Churchill si era nascosta tra la popolazione londinese, sfruttando milioni di cittadini come scudi umani. I tedeschi furono costretti a inviare la Luftwaffe e, sebbene con riluttanza, a ridurre la citta’ in rovine. Lo chiamarono il Blitz.

Questa e’ la descrizione che apparirebbe oggi nei libri di storia - se i tedeschi avessero vinto la guerra. Assurdo? Non piu’ delle quotidiane descrizioni nei nostri media, che si ripetono fino alla nausea: i terroristi di Hamas usano gli abitanti di Gaza come "ostaggi" e sfruttano le donne e i bambini come "scudi umani". Non ci lasciano altra alternativa se non i bombardamenti massicci nei quali, con nostro profondo dolore, migliaia di donne, bambini e uomini disarmati vengono uccisi o feriti.

In questa guerra, come in qualunque guerra moderna, la propaganda gioca un ruolo fondamentale. La disparita’ tra le forze, tra l’esercito israeliano - con i suoi caccia, elicotteri da combattimento, aerei teleguidati, navi da guerra, artiglieria e tank - e le poche migliaia di combattenti di Hamas dotati di armi leggere, e’ di uno su mille, forse uno su un milione.

Nell’arena politica il gap tra loro e’ ancora piu’ ampio. Ma nella guerra di propaganda, il gap e’ quasi infinito.

Quasi tutti i media occidentali inizialmente ripetevano la versione ufficiale della propaganda israeliana. Essi ignoravano quasi del tutto le ragioni dei palestinesi, per non parlare delle dimostrazioni quotidiane del campo della pace israeliano. La logica del governo israeliano ("Lo stato deve difendere i suoi cittadini contro i razzi Qassam") e’ stata accettata come se quella fosse tutta la verita’. L’altro punto di vista, per cui i Qassam sono una rappresaglia per l’assedio che affama il milione e mezzo di abitanti della Striscia di Gaza, non e’ stato riportato affatto. Solo quando le scene orribili provenienti da Gaza hanno cominciato ad apparire sui teleschermi occidentali, l’opinione pubblica mondiale ha gradualmente iniziato a cambiare.

E’ vero, i canali televisivi occidentali e israeliani hanno mostrato solo una piccolissima frazione dei terribili eventi che appaiono 24 ore su 24 sul canale arabo al Jazeera, ma una sola immagine di un bimbo morto nelle braccia del padre terrorizzato e’ piu’ potente di mille frasi elegantemente costruite dal portavoce dell’esercito israeliano. E alla fine e’ decisiva.

La guerra - ogni guerra - e’ il regno delle menzogne. Che si chiami propaganda o guerra psicologica, tutti accettano l’idea che sia giusto mentire per un paese. Chiunque dica la verita’ rischia di essere bollato come traditore. Il problema e’ che la propaganda e’ convincente per lo stesso propagandista. E dopo che ci si e’ convinti che una bugia e’ verita’, e la falsificazione realta’, non si riesce piu’ a prendere decisioni razionali.

Un esempio di questo fenomeno riguarda quella che finora e’ stata l’atrocita’ piu’ scioccante di questa guerra: il bombardamento della scuola dell’Onu Fakhura, nel campo profughi di Jabaliya. Immediatamente dopo che esso era stato conosciuto in tutto il mondo, l’esercito ha "rivelato" che i combattenti di Hamas avevano sparato con i mortai da un punto vicino all’ingresso della scuola. Poco tempo dopo, il militare che aveva mentito ha dovuto ammettere che la foto aveva piu’ di un anno. In breve: una falsificazione. In seguito l’ufficiale bugiardo ha affermato che avevano "sparato ai nostri soldati da dentro la scuola". Dopo appena un giorno, l’esercito ha dovuto ammettere dinanzi al personale Onu che anche quella era una menzogna. Nessuno aveva sparato da dentro la scuola; nella scuola non c’erano combattenti di Hamas: era piena di profughi terrorizzati. Ma l’ammissione ormai non faceva quasi piu’ differenza. A quel punto, il pubblico israeliano era totalmente convinto che avessero "sparato da dentro la scuola", e gli annunciatori tv lo hanno affermato come un semplice fatto.

Lo stesso e’ accaduto con le altre atrocita’. Nell’atto della morte, ogni bambino si trasformava in un terrorista di Hamas. Ogni moschea bombardata diventava istantaneamente una base di Hamas, ogni palazzina un deposito di armi, ogni scuola una postazione terroristica, ogni edificio dell’amministrazione pubblica un "simbolo del potere di Hamas". Cosi’ l’esercito israeliano manteneva la sua purezza di "esercito piu’ morale del mondo". La verita’ e’ che le atrocita’ sono un risultato diretto del piano di guerra. Questo riflette la personalita’ di Ehud Barak - un uomo il cui modo di pensare e le cui azioni sono una chiara esemplificazione di quella che viene chiamata "follia morale", un disturbo sociopatico.

Il vero scopo (a parte quello di farsi eleggere alle prossime elezioni) e’ porre fine al governo di Hamas nella Striscia di Gaza. Nell’immaginazione di chi ha pianificato la guerra, Hamas e’ un invasore che ha ottenuto il controllo di un paese straniero. Naturalmente la realta’ e’ completamente diversa. Il movimento di Hamas ha ottenuto la maggioranza dei voti nelle elezioni democratiche che si sono svolte in Cisgiordania, a Gerusalemme Est e nella Striscia di Gaza. Ha vinto perche’ i palestinesi erano giunti alla conclusione che l’atteggiamento pacifico di Fatah non avesse ottenuto nulla da Israele - ne’ un congelamento degli insediamenti, ne’ il rilascio dei prigionieri, ne’ un qualunque passo significativo verso la fine dell’occupazione e la creazione dello stato palestinese. Hamas e’ profondamente radicato nella popolazione - non solo come movimento di resistenza che combatte l’occupante, come l’Irgun e il Gruppo Stern in passato - ma anche come organismo politico e religioso che fornisce servizi sociali, scuola e sanita’. Dal punto di vista della popolazione, i combattenti di Hamas non sono un organismo straniero, ma figli di ogni famiglia della Striscia e delle altre regioni palestinesi. Essi non si "nascondono dietro la popolazione": la popolazione li vede come i suoi unici difensori.

Percio’, l’intera operazione si basa su presupposti errati. Trasformare la vita in un inferno sulla terra non fa insorgere la popolazione contro Hamas ma, al contrario, essa si stringe dietro Hamas e rafforza la propria determinazione a non arrendersi. La popolazione di Leningrado non si sollevo’ contro Stalin, piu’ di quanto i londinesi non si sollevarono contro Churchill.

Chi da’ l’ordine di una simile guerra, con tali metodi, in un’area densamente popolata, sa che causera’ il massacro di civili. A quanto pare, cio’ non lo ha toccato. O forse credeva che loro avrebbero "cambiato modo" e la guerra avrebbe "marchiato a fuoco la loro coscienza", per cui in futuro non oseranno resistere a Israele.

Una delle principali priorita’ per chi ha pianificato la guerra era l’esigenza di ridurre al minimo le vittime tra i soldati, sapendo che lo stato d’animo di una larga parte dell’opinione pubblica, favorevole ad essa, sarebbe cambiato se fossero giunte notizie di questo genere. E’ quanto e’ avvenuto nella prima e nella seconda guerra del Libano. Questa considerazione ha giocato un ruolo particolarmente importante perche’ l’intera guerra e’ parte della campagna elettorale.

Ehud Barak, che nei primi giorni di guerra e’ salito nei sondaggi, sapeva che il suo gradimento sarebbe crollato se gli schermi televisivi si fossero riempiti di immagini di soldati morti. Percio’, si e’ fatto ricorso a una nuova dottrina: evitare perdite tra i nostri soldati mediante la distruzione totale di tutto cio’ che incontrano sulla loro strada. Per salvare un soldato israeliano si era disposti a uccidere non solo 80 palestinesi, ma anche 800. Evitare perdite dalla nostra parte e’ il comandamento principale, che sta causando un numero record di vittime civili dall’altra. Questo significa la scelta consapevole di un tipo di guerra particolarmente crudele - e questo e’ il suo tallone di Achille.

Una persona senza immaginazione, come Barak (il suo slogan elettorale: "Non un bravo ragazzo, ma un leader") non riesce a immaginare come le persone per bene, in tutto il mondo, possano reagire ad azioni come l’uccisione di intere famiglie, la distruzione di case sulla testa dei loro abitanti, le file di bambini e bambine in sudari bianchi pronti per la sepoltura, le notizie di persone lasciate a morire dissanguate per giorni perche’ non si consentiva alle ambulanze di raggiungerle, l’uccisione di dottori e medici impegnati a salvare vite umane, l’uccisione di autisti dell’Onu che trasportavano cibo. Le immagini degli ospedali, con i morti, le persone in fin di vita, i feriti stesi tutti insieme sul pavimento per mancanza di spazio, hanno scioccato il mondo.

I pianificatori pensavano di poter impedire al mondo di vedere queste immagini vietando con la forza la presenza dei media. I giornalisti israeliani - fatto riprovevole - si sono accontentati dei rapporti e delle foto forniti dal portavoce dell’esercito, come se fossero notizie autentiche, mentre loro stessi se ne restavano a miglia di distanza dai fatti. Anche ai giornalisti stranieri non e’ stato permesso di entrare, finche’ non hanno protestato e sono stati portati a fare rapidi tour in gruppi selezionati e controllati. Ma in una guerra moderna, uno sguardo cosi’ sterile e preconfezionato non puo’ escludere completamente tutti gli altri - le videocamere sono dentro la Striscia, in mezzo all’inferno, e non possono essere controllate. Al jazeera trasmette le immagini a tutte le ore, e arriva in tutte le case.

La battaglia per il teleschermo e’ una delle battaglie decisive della guerra. Centinaia di milioni di arabi dalla Mauritania all’Iraq, piu’ di un miliardo di musulmani dalla Nigeria all’Indonesia vedono le immagini e sono orripilati. Questo ha un impatto forte sulla guerra. Molti spettatori vedono i governanti dell’Egitto, della Giordania, dell’Autorita’ palestinese come collaboratori di Israele nell’attuazione di queste atrocita’ ai danni dei loro fratelli palestinesi. I servizi di sicurezza dei regimi arabi stanno registrando un fermento pericoloso tra le popolazioni. Hosny Mubarak, il leader arabo piu’ esposto per aver chiuso il valico di Rafah in faccia ai profughi terrorizzati, ha cominciato a premere sui decisori di Washington, che fino ad allora avevano bloccato tutti gli inviti a cessare il fuoco.

Questi hanno cominciato a capire che i vitali interessi americani nel mondo arabo erano minacciati e improvvisamente hanno cambiato atteggiamento - nella costernazione dei compiacenti diplomatici israeliani.

Le persone affette da follia morale non riescono a capire le motivazioni delle persone normali, e devono indovinare le loro reazioni. "Quante divisioni ha il papa?" se la rideva Stalin. "Quante divisioni hanno le persone con una coscienza?" potrebbe chiedersi oggi Ehud Barak. Ma, come stiamo vedendo, ne hanno qualcuna. Non tante. Non molto veloci a reagire.

Non molto forti e organizzate. Ma a un certo momento, quando le atrocita’ dilagano e masse di persone si uniscono per protestare, questo puo’ decidere di una guerra.

L’incapacita’ di cogliere la natura di Hamas ha causato l’incapacita’ di capire i prevedibili risultati. Non solo Israele non e’ in grado di vincere la guerra: Hamas non puo’ perderla. Anche se l’esercito israeliano dovesse riuscire a uccidere ogni combattente di Hamas fino all’ultimo uomo, anche allora Hamas vincerebbe. I combattenti di Hamas sarebbero visti come i modelli della nazione araba, gli eroi del popolo palestinese, i modelli da emulare per ogni giovane del mondo arabo. La Cisgiordania cadrebbe nelle mani di Hamas come un frutto maturo, Fatah affogherebbe in un mare di disprezzo, i regimi arabi rischierebbero di crollare.

Se la guerra dovesse finire con Hamas ancora in piedi, sanguinante ma non sconfitto, a fronte della possente macchina militare israeliana, cio’ apparirebbe come una vittoria fantastica, una vittoria della mente sulla materia.

Nella coscienza del mondo, restera’ impressa a fuoco l’immagine di Israele come un mostro lordo di sangue, pronto in qualunque momento a commettere crimini di guerra e non intenzionato a rispettare alcun freno morale. Questo avra’ gravi conseguenze a lungo termine per il nostro futuro, per la nostra posizione nel mondo, per la nostra chance di raggiungere la pace e la tranquillita’.

In fondo, questa guerra e’ anche un crimine contro noi stessi, un crimine contro lo stato di Israele.


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