Inviare un messaggio

In risposta a:
Nuova America. Lavori in corso...

44° PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI D’AMERICA. BARACK OBAMA PREPARA IL DISCORSO D’INSEDIAMENTO. A WASHINGTON, OGGI, GIORNO 20, ALLE ORE 12, IL GIURAMENTO E IL DISCORSO.

martedì 20 gennaio 2009 di Federico La Sala
[...] alle 12, gli Stati Uniti hanno il loro 44° presidente quando il vincitore dell’Election Day giura con il nome di Barack Hussein Obama II - in omaggio all’omonimo padre - ponendo la mano destra sulla Bibbia adoperata da Abramo Lincoln il 4 marzo 1861, 1280 pagine rilegate in velluto e oro, pronunciando la formula prevista dalla Costituzione: «Giuro che eseguirò fedelmente la carica di presidente degli Stati Uniti, lo farò al meglio della mia abilità per preservare, proteggere e (...)

In risposta a:

> PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI D’AMERICA. OBAMA PREPARA IL DISCORSO D’INSEDIAMENTO ---- Lo storico Eric Foner: «L’idea del primato Usa, come Lincoln» (di Claudio Gatti).

mercoledì 21 gennaio 2009

Lo storico Eric Foner: «L’idea del primato Usa, come Lincoln»

dall’inviato Claudio Gatti (Il Sole-24 Ore, 21 Gennaio 2009)

NEW YORK - Numero 16 e numero 44. Tra loro un secolo e mezzo di storia americana. E tante similitudini. In una giornata così carica di simbolismo, il parallelo tra il sedicesimo presidente americano Abramo Lincoln e il quarantaquattresimo Barack Obama è sicuramente concesso. Anzi d’obbligo. Anche perché lo stesso Obama ha fatto molto per evocarlo. Prendendo il treno da Philadelphia a Washington, come il suo storico predecessore. E scegliendo come motto per la sua inaugurazione le parole pronunciate da Lincoln nello storico discorso del 1863 a Gettysburg sulla «rinascita della libertà».

«Volendo ispirarsi a un modello del passato, ben venga un modello come Lincoln», commenta Eric Foner, professore di Storia americana della Columbia University, la stessa dove ha studiato Obama.

Entrambi avvocati, entrambi impegnati in politica sin da ventenni, entrambi si sono fatti le ossa nel Parlamento dell’Illinois, uno Stato in cui si erano trasferiti da adulti (Lincoln era nato in Kentucky, Obama nelle Hawaii). Entrambi hanno criticato un’invasione che il resto del Paese aveva invece passivamente accettato (in Messico nel 1846 e in Iraq nel 2003). Ed entrambi sono arrivati a Washington sospinti dalla forza delle loro parole più che dalla mole delle loro esperienze. Persino i loro risultati elettorali sono stati molto simili.

Foner pensa che sulle grandi questioni di principio, come il campo di prigionia di Guantanamo e l’uso della tortura, Obama seguirà l’esempio di Lincoln sulla schiavitù e prenderà una posizione univoca e risoluta. «Nel 1854 Lincoln scrisse: "La schiavitù incoraggia i nemici della democrazia ad accusarci di ipocrisia e spinge i veri amici della libertà a dubitare della nostra sincerità". Direi che le stesse parole valgono oggi per alcuni metodi con cui l’amministrazione Bush ha voluto combattere il terrorismo», commenta lo storico newyorkese.

Sia chiaro, come Lincoln, Obama è un convinto assertore del cosiddetto "eccezionalismo americano". «Solo in America una vittoria come la mia sarebbe stata possibile», ha ripetutamente sostenuto. «Ma come Lincoln anche lui è convinto che quell’eccezionalismo sia nell’origine democratica della nazione, nella Dichiarazione di Indipendenza, in quella che ha definito "l’immortale convinzione che il nostro Paese è costantemente in grado di rigenerarsi e trasformare i suoi sogni in realtà"», sostiene Foner.

«Lincoln riteneva che l’America fosse un modello per il resto del mondo. Ma non un modello da imporre con la forza. Per lui gli Stati Uniti rappresentavano la democrazia e l’autogoverno del popolo per il popolo, e riteneva che dovessero spingere il mondo ad adottare questi principi. In Europa la rivoluzione del 1848 era da poco fallita. Era stato ristabilito la situazione che precedeva i moti liberali e la giovane democrazia americana era, come scrisse Lincoln nel 1962, "l’ultima grande speranza sulla terra". Speranza per chi credeva nell’uguaglianza e nella democrazia. Ma questo non aveva nulla a che vedere con il cosiddetto "destino manifesto", e cioè la teoria che l’espansionismo territoriale e culturale fosse nel destino degli Stati Uniti. Teoria che evoca invece le scelte geopolitiche di quest’ultima amministrazione».

In un articolo in prima pagina di due giorni fa, il New York Times ha scritto che all’università, impegnandosi nella lotta all’apartheid in Sud Africa, Obama ha scoperto la forza della parola e «la sua capacità di trasformare il mondo». «Come Lincoln ha l’eloquenza per tentare di farlo», sostiene Foner. Anzi, a suo giudizio, è più eloquente di Lincoln. Che non era per nulla spontaneo. «La straordinaria efficacia dei suoi discorsi veniva dal fatto che ci lavorava con meticolosità, costruendoli pezzo per pezzo, argomentazione per argomentazione. In alcuni inseriva addirittura le note a pié pagina», conclude lo storico. Obama è un oratore più naturale. Ma anche lui lavora sui propri discorsi in modo quasi ossessivo. Nella migliore tradizione lincolniana.

cgatti@ilsole24ore.us


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: