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MILANO. VIA CONCHETTA ....

A PRIMO MORONI, IN MEMORIA. E ALLA SUA LIBRERIA "CALUSCA" E AL CENTRO "COX 18" - IN QUESTI GIORNI SIGILLATO E SOTTO SEQUESTRO. Una nota di Federico La Sala

domenica 25 gennaio 2009
"CHI" SIAMO NOI, IN REALTÀ. Relazioni chiasmatiche e civiltà.
Lettera da ‘Johannesburg’ a Primo Moroni, in memoriam [19 marzo 2000] *
Caro Primo
Se dico: il diritto romano e il diritto tedesco sono entrambi
diritti, ciò è ovvio. Se invece dico: il diritto, questo
astratto, si realizza nel diritto romano e nel diritto
tedesco, questi concreti diritti, il nesso diventa mistico
(K. Marx, L’analisi della forma di valore, Bari, Laterza,
1976, p. 76).
Se dico: un uomo e una donna sono (...)

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> A PRIMO MORONI, IN MEMORIA. --- La luna sotta casa, John Martin-Primo Moroni (di "Sahke edizioni" - Recensioni)

mercoledì 28 novembre 2012

John Martin-Primo Moroni, La luna sotta casa, Sahke edizioni (Recensioni)

      • Quarant’anni di controcultura italiana vista dalla Calusca
        -  di Silvio Bernelli, "l’Unità", 19 dicembre 2007

Milano, 1985. Nella città che sta vivendo gli anni del secondo boom economico, tra costruttori edili e politici rampanti, pulsa una controcultura fieramente antagonista: quella dei punk del Centro Occupato Virus. Giovanissimi, vivono con attitudine sfrontata la propria indole ribelle. Non sono facile da trattare e rispettano pochi o nessuno. Però, in un sabato pomeriggio d’inverno, raccolti in un gruppetto all’interno della libreria Calusca, all’arrivo di un signore sessantenne che indossa camicia a tinta unita e spesso maglione di lana, si zittiscono di colpo.

"Quello è Primo Moroni" mi dice uno di loro.

Aveva vent’anni anni all’epoca e di Primo Moroni non sapevo niente di quello che poi avrei scoperto.

Arrivato a Milano negli anni 50, Moroni è stato il più attento tra gli osservatori delle lotte e dei movimenti giovanili che hanno via via investito la capitale morale d’Italia. Agitatore culturale, libraio nella sopracitata Calusca dagli anni 70, scrittore con Nanni Balestrini e poi in proprio di libri dedicati alle dinamiche sociali dal basso, Moroni è stato un personaggio a tutto tondo. Fedele a se stesso nel tempo, e per questo punto di riferimento per molte generazioni di giovani-contro. Proprio a Moroni è dedicato La luna sotto casa di John Martin. Il libro raccoglie le molte ore di registrazioni in cui Primo Moroni racconta la vita controculturale lungo quarant’anni di storia milanese, e non solo. A Moroni in persona si devono invece gli ultimi capitoli, dedicati ai nuovi usi degli spazi urbani e alla rinascita della destra meneghina.

Alla pubblicazione è allegato un cd che contiene la registrazione di una conferenza milanese di Moroni a fine anni 80.

Forte di uno stile giornalistico scorrevole, utilizzando informazioni dettagliate, cartine e schemi vari, Martin apre il libro mettendo in pagina la Milano degli anni 50 ricostruita da Moroni. Una città in bilico tra le miserie della guerra appena lasciata alle spalle e il modernismo della prima banda giovanile apparsa sul territorio italiano: i Teddy Boys. La loro è una Milano divisa tra rock’n’roll, malavita e i miti made in Usa Elvis Presley e James Dean. Ed è tra loro che si diffonde per la prima volta il gergo giovanile, mutuato da quello della malavita, che farà d’ora in poi da segno di riconoscimento per qualsiasi controcultura. All’era dei Teddy Boys corrisponde la prima grande trasformazione edilizia di una città che, letteralmente, esplode di energia e voglia di crescere.

Parallelamente, prende le mosse una speculazione che, grazie alla ricchezza portata del mattone, comincia a dividere la comunità tra ricchi e poveri. Poi vengono gli anni 60 e l’ondata dei Beat: più politicizzati e più colti dei Teddy Boys. È nel movimento Beat, che a Milano trova la forza per pubblicare il primo magazine, Mondo Beat nel 1966, affondano le radici scrittori e poeti americani come Jack Kerouac e Allen Ginsberg. Grazie all’alleanza tra letteratura e coscienza politica, il Beat riesce ad attrarre folle di giovani un po’ ovunque nel mondo.

Una stagione che termina con l’arrivo dei coraggiosi e cupi anni 70, dei quali Moroni segna idealmente l’inizio con due eventi milanesi: la nascita di Re Nudo, il primo giornale italiano dedicato interamente alla controcultura, e, un anno più tardi, il concerto dei Led Zeppelin al Vigorelli funestato da scontri tra autonomi e polizia. Nelle pagine di La luna sotto casa però scorrono anche gli altri anni 70: quelli dell’impegno e delle occupazioni, della nascita dei centri sociali (il Leoncavallo nel 1975) e delle radio libere (Radio Popolare nel 1976).

L’ultima parte del libro disegna una mappa dei circoli punk degli anni 80, in una città percorsa da fermenti ed evoluzioni assai vive, purtroppo spesso appiattita dalle ricostruzioni giornalistiche sulla «Milano da bere» del celebre slogan pubblicitario del tempo.

Al termine delle oltre 200 pagine del libro di Martin, la sensazione è di aver rivissuto, attraverso uno sguardo lontano dai soliti cliché, la storia della più internazionale tra le città italiane. Una Milano che sarebbe più che interessante sentire raccontata oggi dalla voce e dallo sguardo di Primo Moroni. Scomparso nel 1998, non ha avuto il tempo di vedere la città dei nuovi cantieri in zona Fiera, dei troppi parcheggi sotterranei e dello scandalo delle consulenze della giunta Moratti. Peccato. Mi sa che avrebbe avuto cose interessanti da dire al riguardo.

      • Dai Teddy Boys ai punk, la Milano di Primo
        -  di Giovanna Pezzuoli, "Corriere della Sera" 12 novembre 2007

Primo Moroni di Milano conosceva mille e una storia. Nella sua figura un po’ allampanata, con la bella faccia da Rasputin, si condensava tutto il sapere alternativo, punk, underground e politico. Grande narratore, poteva rispondere a qualsiasi domanda, anche la più balzana. Per esempio, chi altro avrebbe potuto raccontare la storia del mitico commissario del Ticinese "el Dundina", così soprannominato perché invece di arrestare i ladruncoli dava loro quattro sberle facendoli appunto "dondare". O spiegare l’esatta differenza tra falchetto, sbarbà de vita e balordo nelle 26 bande di strada che si dividevano la città prima dei Teddy Boys cantati da Svampa e Celentano. Oppure descrivere i rituali del whisky-a-gogo, il nuovo locale degli anni ’60, dove si doveva entrare accompagnati, e quindi non si poteva più cuccare. O ancora, svelare gli stretti rapporti tra i capelloni di Mondo Beat e i pariniani della Zanzara...

LA LUNA E L’ASFALTO - E si potrebbe continuare per ore perché la Milano di Moroni era un microcosmo universale. E mentre se ne stava appollaiato sul suo sgabello nella libreria Calusca di piazza Sant’ Eustorgio, magari fumando un sigaro o ascoltando Patty Pravo "la più grande rivoluzionaria dopo Rosa Luxemburg", spiegava ai compagni che "non serve andare a cercare la felicità altrove" perché "sotto l’asfalto c’è il mare e, dietro ogni angolo, c’è sempre la luna!". S’intitola appunto "La luna sotto casa. Milano tra rivolta esistenziale e movimenti politici" il libro che ora esce per le edizioni ShaKe, firmato a quattro mani da Moroni e John N. Martin.

LIBRAIO APPASSIONATO - La genesi del libro la racconta Martin, che è laureato in architettura e si occupa di musica pop italiana, spiegando come un giorno di circa 20 anni fa si fosse timidamente presentato da Primo per chiedergli una mano nell’ideazione della sua tesi su Milano e i movimenti giovanili. E da lì furono "sei mesi ininterrotti di pranzi, racconti, cartine, mappe, aneddoti, percorsi, analisi, risate, confidenze e confronti...".

A quasi 10 anni dalla morte di Primo Moroni, libraio appassionato che leggeva la città ma anche ex campione di rock’ n’roll, collaboratore di riviste e innumerevoli pubblicazioni, e soprattutto punto di riferimento obbligato della sinistra milanese e italiana, la sua voce ci viene ora restituita da questo grande affresco collettivo, questa minuziosa mappa sociale che racconta di disagio urbano e di teppisti, di cave esistenzialiste e di Barbonia City, di Re Nudo e della stagione del punk.

"Primo non era solo un affabulatore o un visionario, ho verificato e controllato parola per parola tutto quello che mi raccontava - spiega John Martin -. Il modello che ho utilizzato per la lettura di una grande città credo potrebbe essere applicato anche altrove. I "vuoti" urbani, fisici o morali, che si creano, là dove non ci sono servizi e la gente viene lasciata sola, vanno riempiti in modo positivo altrimenti nascono la devianza, le bande. Così i Teddy Boys, per esempio, si riappropriavano del centro città da dove erano stati sfrattati... Dopo il ’68 la città diventa un magnete, un unico centro che attira i beat, i capelloni che legano con gli studenti, cosa avvenuta solo in Italia. E da lì nascono tutta la controcultura e l’underground fino al ’77, ultimo grande canto del cigno".

IL FILM DEL "ROSPO" - Il libro con il suo linguaggio "politico", datato ma ancora pungente, svela le dinamiche di classe dietro alle trasformazioni urbanistiche e all’evoluzione dei comportamenti di gruppo, squadernando dati, nomi di strade, piazze, cinema, locali, riviste e ogni genere di dettaglio. Sono innumerevoli le perle: dalle azioni-strategie delle balere periferiche a frequentazione mista (sfida con le ragazze del quartiere ospitante, tentativi di seduzione, rifiuti, rilanci...) alla storia del film "La vita urlata" che Pasolini doveva girare insiema a Serpì e Rocco, protagonista la banda della Baia del Re, guidata dal Rospo, alias Pietro Marconi, Teddy Boy del Ticinese. Ma la lavorazione del film venne bloccata, causa arresto dei sette giovani scritturati.

      • A Milano bande giovanili e urbanistica
        -  Christian Galimberti, tratto da "il manifesto", 21 novembre 2007

Teddy boys, beat, capelloni e punk. Per i più, sono semplici balordi figli della moda, influenzati dai 45 giri di turno. Ma la tesi di qualcuno, con tanto di cartine topografiche alla mano, è un’altra: la gioventù di oltre mezzo secolo è stata bruciata dall’urbanistica, potente strumento cartaceo di chi governa il territorio. A dirlo è un libro edito dalla Shake Edizioni, pubblicato in questi giorni: La luna sotto casa, scritto da John N. Martin (architetto ed esperto di pop italiano) e Primo Moroni (libraio, scrittore e guida spirituale per molti, anche dopo la sua morte nel 1998).

«La luna sotto casa è il muretto dove si trovano i giovani del quartiere - spiega Martin - un posto dove si può vivere. Adesso la luna sotto casa non c’è più, è scomparsa». La città presa ad esempio è Milano. Nel libro viene riportato un dettagliato studio delle bande giovanili della metropoli. Con un’età dell’oro di riferimento, gli anni Quaranta e «il quartiere di via Larga, dove c’erano centinaia di persone che alle balere di valzer preferivano i locali di boogie woogie». Dura poco.

Nel 1953, a qualche urbanista viene in mente di sventrare il quartiere. Arriva la «racchetta», «un asse di scorrimento veloce da Venezia a Torino che passa vicino a piazza San Babila». Con i primi sfratti parte la politica di espulsione dal centro. I ragazzi si arrabbiano: nascono i teddy boys, «gruppi di persone che si riconoscono nel vestito ribelle alla Marlon Brando, perché non si ha più un quartiere di appartenenza».

I teddy boys rompono le vetrine a suon di rock and roll e ben presto arriva la campagna di repressione attuata da alcuni giornali. I giovani e dannati spariscono, ma arriva il beat. Si passa a un’altra concezione, quella del mondo sotto casa. La città, geograficamente e non, diventa un magnete di controinformazione, un punto dove è possibile «comunicare in maniera alternativa. Alla fermata del metrò di Cordusio, qualcuno decide di occupare il posto con duecento macchine da scrivere». Non c’è solo la musica.

Nascono le prime pubblicazioni underground dei Sessanta. Si conquista spazio, ma si trova rifugio sempre nelle periferie. La tendopoli di via Ripamonti, a sud di Milano, viene ribattezzata dai giornali Barbonia City, «un centro sociale all’aperto, il primo spazio liberato della città prima dell’Albergo Commercio in piazza Fontana». Poi la musica, tra il ’73 e il ’76, sfuma nella psichedelia. Peccato, perché è un bel momento.

La mappa alternativa trova un punto di riferimento nel quartiere dove lavora Moroni, la zona Ticinese con la libreria Calusca. Ma quando il Pci manca il sorpasso della Dc, nel 1976, crolla tutto. Rimane solo il nichilismo, emblema perfetto per i punk, che «conquistano agibilità nei bar, nelle strade e nelle piazzette - scrive Moroni - Trecentocinquantamila cittadini vengono sradicati dai propri quartieri. Tutto sembra diventare confuso e invivibile». È il periodo del nomadismo punk, e qui si ferma il libro. Ma è un concetto, per i tipi della Shake, ancora attuale. Dai tempi dei teddy boys, la musica non è cambiata. Le città, più o meno cordialmente, respingono anche i nuovi nomadi, con o senza giradischi sotto il braccio.

      • Le cronache di Teppa e Ligera quando la mala non faceva paura -
        -  di Piero Colaprico, tratto da "la Repubblica", 11 novembre 2007

Per uno come il Drago del Giambellino, quel Gino Cerruti cantato da Giorgio Gaber, ce ne sono stati altri dieci che non sono entrati nelle canzoni, ma che in strada c’erano davvero. A darsi cazzotti. A spupazzarsi le prime ragazze in minigonna, a correre sulle prime bicilindriche. Essere primi in qualche cosa, questa era una delle leggi. Non è che si sappia molto di Pietro Marconi detto "il Rospo", capo della banda dei ragazzi della Baia del Re oppure del "Moffa" della Trecca.

E allo stesso modo s’è persa la memoria di quei gruppi, come "per esempio le compagnia di piazza Santo Stefano-Richini-Pantano", che amavano suddividere "i membri per fasce d’età: da 15 a 18, da 19 a 23, da 24 a 28 anni, secondo modalità simili a quelle operate dalle bande americane, come i Cobras di Manhattan".

Però riecco i "Teddy Boys", che tra il 1956 e il 1961 spopolano a Milano e nel look ricalcano il Marlon Brando del film "Il selvaggio". Invece del giubbotto stile "chiodo" indossano sulle moto i giacconi degli operai, ritoccati dalle zie alla bell’e meglio. Ma fanno nascere il primo locale moderno, i "Whisky a gogo", con la musica del disco di vinile che sostituisce l’orchestrina delle sale da ballo. Il Piper, il locale che diventa famoso a Roma, ha succursali dovunque, anche sul Naviglio.

I "Teds" (pare più bresciano che inglese, ma questa era l’abbreviazione) rappresentavano il classico modello dell’uomo da non sposare, ma con il quale uscire: ad accorgersene, quando gli scrittori erano scrittori, fu Pierpaolo Pasolini. Aveva in mente di girare un film "usando" i veri Teds. Purtroppo (per lui e per loro), quegli entusiasti, rumorosi, atletici attori non professionisti "vennero arrestati giorno prima delle riprese".

Sono centinaia le informazioni sotterranee che emergono dal libro La luna sotto casa, di John Martin e Primo Moroni, shake edizioni. Compaiono nomi di persone, di strade, di locali notturni, di cinema, di piazze e, piano piano, in quel caos di "cemento armato" che trasformò la Milano dei vecchi quartieri, sembra di afferrare il filo di una trama. Quella scritta sulla propria pelle non da quelli che volevano essere "primi", ma dagli "ultimi": dai figli dei poveri che, all’improvviso, hanno urlato il loro basta. Basta alla "società dei sacrifici" e via alla lotta per autoaffermarsi. Senza però cambiare troppo. Anzi, cercando di rispettare una non ben identificata ma ruvida legge della strada, intrisa di lealtà reciproca, di sicurezza di gruppo. A volte si lottava con grande confusione. A volte si finiva inquadrati nella politica. Ma comunque si cercava qualcosa di nuovo, si sognava di cambiare almeno un po’il mondo: e in meglio.

La forza e il limite di questo libro di 250 pagine stanno nella scelta del linguaggio. Le prime parole sono queste: "Per le bande giovanili milanesi degli anni ’40 e ’50 lo scenario politico legato ai partiti e ai loro rapporti di forza rappresenta una sfera a cui sono sostanzialmente indifferenti". Proviamo a riscriverlo così: "Ai giovani cresciuti negli anni della seconda guerra mondiale ed entrati nelle prime bande di strada non fregava niente della politica".

Vogliamo dire che il volume non racconta avventure, successi e insuccessi personali. C’è qualche pagina dedicata al furbacchione di quartiere che s’è aperto una galleria d’arte, all’amico che ha fatto fortuna negli States. Ma il testo è una sorta di mappa umana. Raccoglie una serie di analisi storiche e sociali, aggiungendo le lezioni e i preziosi ricordi di Primo Moroni.

A quasi dieci anni dalla morte di questo signore toscano arrivato a Milano negli anni Cinquanta, continua a sentirsi la mancanza di uno come lui, librario della Calusca, la libreria del movimento giovanile. Uno che dietro gli scaffali dei libri coltivava una grande curiosità per gli emarginati, per i movimenti politici, per i gangster di piccolo calibro che s’arrangiavano.

Moroni è stato il primo a inquadrare la filosofia spicciola della "Ligera", la mala milanese, in una prospettiva non solo criminale. Grazie a lui, sappiamo che le bande storiche "sono ventisei e risultano così dislocate: sei entro la cerchia dei navigli, una entro la cerchia dei Bastioni, cinque tra i bastioni e la circonvallazione delle Regioni, quattordici oltre". Ritroviamo persino un vocabolarietto delle bande (per esempio riecco spuntare una parola scomparsa, il "falchetto: elemento che arriva da altra banda"). E ci sono persino alcune spiegazioni ormai desuete e un po’inquietanti, come la differenza tra garga e ruccheté: il primo è uno "sfruttatore di donne che segue l’etica della strada", mentre il secondo fa lo stesso mestiere, ma "senza scrupoli".

Lo sguardo del libro va molto oltre la strada. Viene voglia di andarsi a riprendere i vecchi giornali dell’epoca e ricostruire un po’meglio che cos’erano i beat, quando nacquero e come funzionavano i centri sociali, il boom delle radio private, le radio "libere" dalla fuffa dei radiogiornali: perché c’era tutto un mondo giovanile in movimento che aveva bisogno di nuove parole.

Viene da dire che oggi, stretto tra le tenaglie del feroce precariato e dello sballo nottambulo, il mondo giovanile sembra - fatte le dovute eccezioni - un po’troppo immobile anche per meritarsi le stesse inchieste che fiorivano negli anni Settanta. Un po’troppo nichilisti e rassegnati, oggi, e un po’troppo sognatori e violenti ieri: perciò si spera, prima o poi, di ritrovarsi nella classica via di mezzo.

ShaKe Edizioni


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