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FILOLOGIA, ARTE, TEOLOGIA, E ANTROPOLOGIA. "CHARISSIMI, NOLITE OMNI SPIRITUI CREDERE... DEUS CHARITAS EST" (1 Gv., 4. 1-16). Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno ne sollecita la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!!

CANOVA E IL VATICANO: LE GRAZIE, AMORE E PSICHE. Una gerarchia senza Grazie (greco: Χάριτες - Charites) e un papa che scambia la Grazia ("Charis") di Dio ("Charitas") con il "caro-prezzo" del Dio Mammona ("Caritas"). Materiali per riflettere - a c. di Federico La Sala

mercoledì 19 dicembre 2012


Materiali per riflettere
Grazie
CANOVA, Le tre Grazie
Amore e Psiche
RINASCIMENTO ITALIANO, OGGI: LA SCOPERTA DI UNA CAPPELLA SISTINA CON 12 SIBILLE.
ALLE RADICI DELLA BELLICOSA POLITICA DEL VATICANO. LA GUERRA NELLA TESTA DELLA GERARCHIA DELLA CHIESA CATTOLICO-ROMANA E L’INDICAZIONE ’DIMENTICATA’ DI GIOVANNI PAOLO II.
LA CHIESA DEL SILENZIO E DEL "LATINORUM". Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora (...)

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> CANOVA E IL VATICANO - ROMA (1806-2016): NAPOLEONE E "IL MUSEO UNIVERSALE". La nuova vita dei capolavori recuperati (di Paolo Conti)

giovedì 15 dicembre 2016

      • IL "LACOONTE". Ritrovato nel gennaio 1506 (il 10, secondo un documento scoperto recentemente da L. Calenne e A. Serangeli), il Laocoonte oggi nei Musei Vaticani fu immediatamente riconosciuto come la statua di cui parla con altissima lode Plinio il Vecchio, ricordandola «nella casa di Tito imperatore». Forse anche per questo il papa Giulio II la volle per sé (...) Creazione di tre maestri di Rodi (ma operanti a Roma) del I secolo a.C., il Laocoonte rientrava così in circolo nel primo ’500 come un’opera «nuova», ma modellizzabile proprio perché antica. Come ha scritto Warburg, «il gruppo dei dolori di Laocoonte il Rinascimento, se non lo avesse scoperto, avrebbe dovuto inventarlo, proprio per la sua sconvolgente eloquenza patetica». Prestissimo il Laocoonte diventa modello per la passione del Cristo (cfr. art. di Salvastore Settis, qui, nel post successivo)


Napoleone li rubò, Canova li riportò a casa

La nuova vita dei capolavori recuperati

Duecento anni fa tornarono in Italia le opere sottratte dalla Francia, ora riunite in mostra

di Paolo Conti (Corriere della Sera, 15.12.2016)

È il 4 gennaio 1816 e il «Diario di Roma», il giornale politico dello Stato Pontificio, scrive: «Giunsero in questa Capitale diversi carri contenenti vari dei migliori capi d’opera in Pittura e Scultura, che con trasporto di giubilo e per il Bene delle Arti, ritornano ad associarsi a questi Monumenti Romani, vale a dire a quel centro di riunione ch’è il solo capace di formare gli Artisti e d’inspirar loro la sublimità de’ concetti. Questo avvenimento ha eccitato il più grande entusiasmo del Popolo Romano». È una delle tante cronache del ritorno nei diversi Stati italiani preunitari delle splendide opere d’arte sottratte tra il 1796 e il 1814 nella penisola italiana per volere di Napoleone Bonaparte.

Sullo sfondo, il progetto di un Louvre che fosse Museo Universale, apoteosi culturale del nuovo ordine imperiale napoleonico, simbolo estetico delle sue conquiste territoriali. Da Roma partono persino opere monumentali e delicatissime come il Laocoonte e l’ Apollo del Belvedere. Caduto l’Empereur, i diversi Stati italiani ottengono, nel Congresso di Vienna, la restituzione dei loro capolavori, che rientrano nel 1816.

Sono passati duecento anni e le Scuderie del Quirinale a Roma propongono da domani, 16 dicembre, e fino al 12 marzo 2017 la mostra Il Museo Universale. Dal sogno di Napoleone a Canova a cura di Valter Curzi, Carolina Brook e Claudio Parisi Presicce.

L’accostamento di Canova a Napoleone è una delle chiavi della rassegna: fu il grande scultore, come commissario dello Stato Pontificio, a organizzare da Parigi il rientro delle opere romane.

Il Laocoonte rischiò danni irreparabili, cadendo sul ghiaccio del Moncenisio dalla carrozza che lo trasportava. La mostra offre autentici capolavori. Il vero divo sarà sicuramente Raffaello, col suo Ritratto di papa Leone X con i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi, che arriva con un prestito eccezionale dalla Galleria degli Uffizi. E poi ecco La strage degli innocenti di Guido Reni dalla Pinacoteca di Bologna, l’immensa Assunzione della Vergine di Tiziano dal Duomo di Verona, il Compianto sul Cristo morto di Correggio e la Deposizione di Annibale Carracci dalla Galleria nazionale di Parma, la Cattedra di San Pietro del Guercino dalla Pinacoteca di Cento, il Battista tra i Quattro Santi di Perugino dalla Galleria nazionale dell’Umbria. E poi verranno esposti due capolavori della statuaria classica come la Venere Capitolina dai Musei Capitolini e il Giove di Otricoli dai Musei Vaticani.

La diversa provenienza geografica intende testimoniare, nelle intenzioni dei curatori, non solo la quantità e la qualità delle opere disseminate in Italia (testimonianza di una produzione artistica fertile in ogni regione) ma anche l’effetto prodotto da quel rientro: molte opere, dopo essere state conservate in depositi organizzati sull’onda dell’emergenza del ritorno, non vennero ricollocate nel loro contesto originario ma dettero vita, a loro volta, a molti musei moderni italiani, così come li conosciamo ora, proprio sul modello ideale del Louvre.

Per esempio il definitivo arricchimento della Pinacoteca di Brera a Milano voluta proprio da Napoleone nel 1805, la creazione della Galleria Nazionale dell’Umbria, o le Gallerie dell’Accademia di Venezia, la Pinacoteca di Bologna. Tutti musei pubblici figli dei tempi ormai cambiati per sempre.

La mostra segna l’esordio delle «nuove» Scuderie del Quirinale, spazio espositivo autonomo ormai sganciato dall’Azienda speciale Palaexpo (che lo ha gestito fino a settembre e ha avviato la preparazione dell’evento). Le Scuderie del Quirinale sono state affidate dalla presidenza della Repubblica al ministero per i Beni e le attività culturali e quindi ad Ales, la società in-house del ministero, presieduta da Mario De Simoni. Il progetto è farne una sorta di Grand Palais italiano, il punto di riferimento delle grandi mostre temporanee di respiro nazionale.

Spiega De Simoni:«Dopo i grandi successi registrati negli anni scorsi, il ministero punta a stabilire un’alleanza organica tra le Scuderie e il sistema museale italiano. Parliamo di uno spazio di enorme prestigio, di superbo posizionamento nel cuore di Roma ma privo ovviamente di una propria collezione. Questo elemento solo apparentemente di debolezza può essere brillantemente superato inserendo le Scuderie in un circuito espositivo nazionale ma ovviamente di respiro internazionale. Faccio un esempio concreto proprio parlando del Grand Palais. Molte grandi mostre organizzate dal Louvre, come quella dello scorso anno sul Velàzquez, sono state allestite al Grand Palais con un accordo con La Réunion des musées nationaux, ovviamente il Grand Palais e il musée du Louvre di Parigi e il Kunsthistorisches Museum di Vienna».

Intanto Raffaello con Leone X accoglieranno i visitatori alle Scuderie. Ed è già un magnifico esordio, visto che si tratta di uno dei pezzi più importanti dei 63 selezionati nella collezione granducale toscana, tra il marzo e l’aprile 1799, dal pittore Jean Baptiste Wicar e destinati a far parte del futuro Musée Napoléon al Louvre. Proprio Leone X apriva, nel 1804, l’elenco dei dipinti di Raffaello nel catalogo del nuovo museo parigino.

Caduto l’Impero, il ritratto di Leone X venne incluso nella seconda spedizione di rientro da Parigi in Italia. Partì dal Louvre il 23 ottobre 1815 e arrivò a Firenze il 27 dicembre dopo aver passato (come il Laocoonte) il passo del Moncenisio, aver fatto tappa a Torino e quindi a Milano. Un’avventura straordinaria, per i tempi. Infine, il ritorno nelle collezioni granducali, non più agli Uffizi ma a Palazzo Pitti nella Sala di Marte il 21 febbraio 1816: segno visibile della Restaurazione, con sommo gaudio del granduca Ferdinando III.


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