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FILOLOGIA, ARTE, TEOLOGIA, E ANTROPOLOGIA. "CHARISSIMI, NOLITE OMNI SPIRITUI CREDERE... DEUS CHARITAS EST" (1 Gv., 4. 1-16). Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno ne sollecita la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!!

CANOVA E IL VATICANO: LE GRAZIE, AMORE E PSICHE. Una gerarchia senza Grazie (greco: Χάριτες - Charites) e un papa che scambia la Grazia ("Charis") di Dio ("Charitas") con il "caro-prezzo" del Dio Mammona ("Caritas"). Materiali per riflettere - a c. di Federico La Sala

mercoledì 19 dicembre 2012


Materiali per riflettere
Grazie
CANOVA, Le tre Grazie
Amore e Psiche
RINASCIMENTO ITALIANO, OGGI: LA SCOPERTA DI UNA CAPPELLA SISTINA CON 12 SIBILLE.
ALLE RADICI DELLA BELLICOSA POLITICA DEL VATICANO. LA GUERRA NELLA TESTA DELLA GERARCHIA DELLA CHIESA CATTOLICO-ROMANA E L’INDICAZIONE ’DIMENTICATA’ DI GIOVANNI PAOLO II.
LA CHIESA DEL SILENZIO E DEL "LATINORUM". Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora (...)

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> CANOVA E IL VATICANO. Una gerarchia senza Grazie ( greco. Χάριτες - Charites) ---- AMORE E PSICHE. Il racconto di Apuleio sul destino dell’anima ... una fanciulla di nome "Càrite", rapita per ottenere un buon riscatto (di Franco Manzoni).

giovedì 14 giugno 2012

Il racconto di Apuleio sul destino dell’anima

Amore e Psiche: mistero, magia e passione

di Franco Manzoni (Corriere della Sera, 14.06.2012)

U n autore dalla personalità polimorfa, complessa e contraddittoria. Le fonti lo tramandano mago, alchimista, avvocato, scienziato. E ancora filosofo platonico, sacerdote del dio Asclepio e di culti misterici, appassionato di occulto, esoterismo e riti iniziatici come quelli di Eleusi, Mitra, Iside. Nato verso il 125 d.C. a Madauro, nell’odierna Algeria, da famiglia benestante, Apuleio studiò a Cartagine e ad Atene. Si vantava di conoscere a fondo ogni artificio retorico e di padroneggiare con virtuosismo il greco e il latino. Per il resto poche e incerte sono le notizie sulla vita di uno scrittore che fu il personaggio più poliedrico dell’età degli Antonini. Di lui più nulla sappiamo dopo il 170.

Apuleio esercitò un naturale fascino sull’ultimo paganesimo e sulla cultura medievale. La sua opera maggiore, le Metamorfosi, divisa in undici libri, è l’unica testimonianza pervenuta intera di un romanzo antico in lingua latina, la cui diffusione si deve a Boccaccio, che ritrovò il codice e ne fece una trascrizione. Il titolo nei manoscritti è Metamorphoseon libri XI, ma l’opera è conosciuta anche come Asinus aureus, così indicata da sant’Agostino nel De civitate Dei (XVIII 18). La storia delle eccezionali avventure di un uomo trasformatosi in asino non è un’invenzione di Apuleio. La trama deriva da un modello greco di Lucio di Patre, opera che non ci è giunta, ripresa in modo sintetico da Luciano di Samòsata, poligrafo coevo di Apuleio, che scrisse in greco Lucio o l’asino.

L’originalità dell’autore latino consiste nel fatto di essere riuscito a rielaborare materiali preesistenti, assegnando significati mistici, metafisici e simbolici autoctoni, che cambiano radicalmente la struttura e gli intenti della narrazione. Non solo puro intrattenimento. Vi è sottesa una progettualità geniale, che riesce a unificare una folla di racconti popolareschi, passionali, erotici, iniziatici. Sullo sfondo dell’odissea di un uomo-asino, Apuleio crea il libro nel libro, mettendo al centro dell’opera la celebre Favola di Amore e Psiche, una narrazione interna in forma di apologo, che occupa i libri IV, V e VI e rispecchia fedelmente l’andamento del romanzo. È il testo in edicola con il «Corriere» ed è la chiave di lettura che permette di comprendere la trama generale in un gioco di parallelismi a specchio.

Il mito, che unisce l’amore e l’anima, viene ascoltato dall’uomo-asino in una caverna di banditi. Qui è trattenuta una fanciulla di nome Càrite, rapita per ottenere un buon riscatto. Per consolarla, la vecchia che la custodisce narra una storia a lieto fine. Figlia di re, Psiche è così bella da suscitare la reazione di Venere, che chiede al dio Amore di ispirare alla fanciulla una passione per l’uomo più brutto della terra.

Ma Amore s’innamora di Psiche. La trasporta nel suo palazzo, dove ogni notte il dio, invisibile al buio, a lei si unisce. Vedere il viso del misterioso amante, però, romperebbe l’incantesimo. Spinta dalla curiositas, la stessa che nella trama generale delle Metamorfosi «costringe» Lucio a provare l’unguento magico che invece lo trasforma in asino, Psiche decide di conoscere Amore, illuminandolo con una lucerna. Si punge con una saetta presa dalla faretra del dio e, perciò, s’innamora perdutamente. Tuttavia, una stilla d’olio cade sul corpo di Amore, svegliandolo. L’incantesimo è finito, il dio fugge e Psiche, disperata, si mette alla sua ricerca. Seguono peripezie e terribili prove da superare, congeniate dalla gelosissima Venere. Alla fine Amore sposa Psiche, ottenendo per lei da Giove l’immortalità. Dalla loro unione nasce la figlia Voluttà.

La storia dell’interpretazione allegorica è plurisecolare. Il racconto ha un iter travagliato: una sequela di cadute, riscatti, dolori, piaceri spirituali dell’Anima umana. Giace sotto ogni evento il pensiero platonico, nella favola come nell’intero romanzo. La vicenda di Amore e Psiche, così ben colta nel capolavoro scultoreo neoclassico di Canova, è incentrata sul destino dell’Anima, che, per aver commesso il peccato di hybris, vale a dire «tracotanza», tentando di penetrare un mistero che non le era consentito svelare, è costretta a scontare la propria colpa con umiliazioni e affanni di ogni genere, prima di essere degna di ricongiungersi al dio. Lo stile di Apuleio è denso di frequenti neologismi, rarità lessicali, giochi di parole, arcaismi, di toni ironici, patetici, delicati, di estrema tenerezza come nell’episodio della deflorazione di Psiche.


Una curiosità troppo umana

-  Corriere della sera 14.6.12

Il trentunesimo volume della collana propone in edicola la Favola di Amore e Psiche di Apuleio, con la prefazione inedita di Daniele Piccini. Si tratta di uno dei brani più noti e belli delle Metamorfosi del poeta latino. È la storia di una fanciulla, Psiche, visitata ogni notte da uno sposo di cui non può conoscere il volto, pena l’abbandono. Mossa dalla curiosità e soprattutto istigata dalle sorelle, Psiche viola il patto - più un ordine che un accordo paritario - e riconosce Amore, che subito diserta il talamo.

Tuttavia, attraverso dure prove, l’umana si renderà di nuovo degna del dio. Piccini nota che si tratta di «un racconto che in cifra tratteggia il rapporto dell’anima umana con l’elemento divino»: se gli elementi religiosi e filosofici implicati nella favola sono molteplici, anche dal punto di vista narrativo la vicenda di Amore e Psiche è godibile e avvincente (la curiosità umana di Psiche, la gelosia delle sorelle, il rapporto con le dee cui Psiche chiede aiuto per riconquistare lo sposo). Una delle più affascinanti storie giunte a noi dall’antichità. (i.b.)


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